La bozza nelle mani dei pm

Imane Fadil, il suo libro mai pubblicato: “Io, in quel bordello sotterraneo”

Il Fatto racconta i contenuti dell’inedito sequestrato: dalle serate del “Bunga Bunga” nella villa di Arcore alle “persecuzioni” sospette

16 Marzo 2019

Sei aprile 2018. Una telefonata per invitarla a una trasmissione televisiva dedicata a Silvio Berlusconi, allo scandalo delle notti di Arcore. Ma Imane Fadil rispose perentoria: “Mi scusi, ma una trasmissione televisiva non basta, se vuole ci incontriamo e le dico il perché”. Allora via, biglietto del treno per Milano, incontro in un caffè. Arrivò bella, bellissima, sguardo fiero di chi non ha paura di niente. Aveva voglia di parlare, non ci stava a essere ricordata come una “ragazza di Arcore”. Iniziò a raccontare: aveva poco più di 25 anni quando venne invitata per la prima volta a casa di Berlusconi, allora presidente del Consiglio. Partecipò a ben otto “cene eleganti” e durante alcune di queste disse di aver visto di tutto: ragazze disponibili, spogliarelli, palpeggiamenti. Capì insomma in che cosa consisteva il Bunga Bunga.

Il suo racconto in quel caffè milanese arrivò a un risvolto incredibile anche se lucido, chiaro, tutti i dettagli al posto giusto. D’un tratto le parole che non ti aspetti: “In quella casa ho visto presenze strane, sinistre. Là dentro c’è il Male, io l’ho visto, c’è Lucifero”. Poteva essere presa per pazza, ma lei no, non ne volle sapere di indietreggiare: “Non mi importa niente di cosa dirà la gente. E racconterò tutto, ma lo farò più avanti. Devo solo finire il mio libro”. Già, il suo libro, dedicato alla vicenda Berlusconi e Arcore. Cercava un editore, qualcuno che avesse il coraggio di pubblicarlo. Il titolo era emblematico: Ho incontrato il diavolo. Un lungo racconto, rimasto ancora inedito – la bozza è stata sequestrata dai pm nell’ambito delle indagini sulla sua morte – che ripercorre la sua esperienza a contatto col mondo berlusconiano. Le chiedemmo di poterlo leggere, e lei acconsentì.

“Ricordo bene l’ultima sera che sono andata là, ad Arcore”, aveva raccontato a margine dell’intervista che facemmo (sul Fatto del 24 aprile 2018, ndr). “C’erano tutte queste ragazze nude che ballavano: una di queste, svaccata per terra, con solo il perizoma addosso, si agitava in modo disperato fissandomi. Uno sguardo pieno di disperazione, un ricordo terrificante”. E poi, mesi dopo, quando scoppiò il caos, decise di costituirsi parte civile nei processi “Ruby bis” e “Ruby ter”. Anni in cui Imane subì di tutto, biasimo sociale, difficoltà a trovare un lavoro e fango, tanto fango: “Non riuscivo neanche a uscire di casa, mi è stata fatta terra bruciata intorno. La gente pensava fossi una prostituta, ho perso gli amici e quei pochi lavoretti che avevo, come fare l’hostess. Ho vissuto un periodo di forte depressione, piangevo sempre, ho anche perso i capelli a causa del forte stress”.

Ma il suo ricordo, quello che sfogliando le pagine di quelle bozze in cerca di editore piano piano riaffiorava, partiva dalla prima volta che mise piede nella villa di Arcore. Fu accompagnata dall’agente titolare dell’agenzia “Lm management” – Lm come Lele Mora – della quale faceva parte in quegli anni. E appena scesa dall’auto – ha scritto Imane nel libro – sentì urla e versi di voci femminili che inneggiavano al nome del padrone di casa. E Mora che sdrammatizzava, le diceva che erano solo versi di ragazze in festa. Il suo racconto proseguiva, come un avvicendamento di sequenze cinematografiche. Scesero degli scalini che portavano due piani sotto terra, in un seminterrato arredato “ad arte”, l’aria si faceva sempre più cupa e soffocante, mentre Imane si guardava attorno per osservare l’ambiente inusuale. Vide le ragazze che si esibivano, sottomettendosi e compiacendo il padrone. Berlusconi, scriveva Imane, notò il disagio e l’imbarazzo di alcune. Invitò due delle ragazze, travestite da suore, a rivestirsi. Mentre Lele Mora le si mise accanto, invitandola ad accomodarsi e a ordinare da bere.

Imane scriveva di aver provato grande disagio. Chiese a Mora di andare via: lui rispose di calmarsi e pazientare. Raccontò di essere influenzata a tal punto da Mora da decidere di aspettare: voleva poter parlare con Berlusconi, magari per intraprendere la carriera televisiva, d’altronde si trovavano a casa del padrone assoluto della televisione. Berlusconi si avvicinò a Imane sorridendo, la portò a visitare la casa. La ragazza ricordava molto bene i dettagli della villa: il sotterraneo era composto da un salotto con poltrone, pianoforte, al centro del salotto un palo da lap dance o qualcosa del genere, un piano bar improvvisato, bandiere di stato, bandiere del partito di cui lui era leader; invece nella parte opposta al soggiorno, verso i famosi scalini, c’era un teatrino con poltroncine da cinema, e riattraversando il salotto c’erano altre scale.

Berlusconi – proseguiva il libro – le chiese che cosa avesse voluto fare in tv. Quegli scalini riportavano a un piano a mezz’ala tra piano terra e sotterraneo, dove c’era una sorta di spa composta da uno stanzino per massaggi sulla sinistra, di fronte una piscina, a destra una sorta di zona soppalcata completamente buia, una zona relax o altro. Dopo quella sera, Imane non si recò più a casa dell’ex premier per quattro mesi. Ma l’invito a tornarci le arrivava sempre. Le capitò, tempo dopo, di incontrare Emilio Fede in un ristorante noto di Milano: il giornalista la notò e le rivolse la parola. Nel libro raccontava di come si fossero conosciuti nel 2008 in Rai, nel programma La Grande notte. Lei faceva la valletta, l’ex direttore del Tg4 spesso l’ospite. Fede la invitò di nuovo a incontrare il presidente: “È l’unico modo se vuoi lavorare in tv”. Imane rispose che non voleva, ma lui insistette. E così Imane andò di nuovo ad Arcore, e anche questa volta le ragazze indossavano tonache lunghe. A metà degli scalini che portavano verso la spa a sinistra, era collocato una stanzino, ricordava lei. All’interno di questo stanzino, c’erano appese almeno 30 tonache e altri indumenti che indossavano le ragazze.

Vide le ragazze in una sorta di cerchio, con Berlusconi al centro come perno: una specie d’adorazione, con alcune nude, altre mezze nude, altre travestite che vagavano per il soggiorno sotterraneo. Fu allora che Imane prese coraggio e andò da lui, per dirgli che avrebbe voluto ritornare a casa. Ma Silvio rispose di aspettare. Nel sotterraneo, Imane vide quello che definì una sorta di bordello, ragazze nude e mezze nude in piscina. Anche minorenni, che forse non si rendevano conto tanto della cosa. Arrivava “la vergine fanciulla”, ripeteva Imane con orrore nel suo racconto. La giovanissima scelta per quella sera. Berlusconi le mandava alcune ragazze a riferirle proposte, per Imane, “indecenti”. Erano richieste di natura sessuale, in cambio di una posizione nelle sue tv. Imane voleva chiamarsene fuori. “È una follia”, rispose. Quando lo scandalo del Bunga Bunga scoppiò per lei fu un colpo, psicologico e morale. Chiamò Emilio Fede, gli disse che avrebbe denunciato tutti se non avessero smentito pubblicamente quelle che definiva le falsità nei suoi confronti. E poi i processi. Le televisioni. E tutte quelle pressioni. E persecuzioni. E i tentativi vari di corruzione da parte di soggetti, scriveva lei, riuniti al volere di Berlusconi. Da quel giorno, per Imane iniziò il calvario. Lo stesso calvario che ha portato alla sua fine tragica, in circostanze tutte da chiarire, a soli 34 anni.
(Continua)

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