Josefa e gli altri

Migranti, dal Viminale ancora niente “prove” sui morti in mare

Dopo aver accusato Open Arms, il governo non riesce a scagionare le navi libiche

20 Luglio 2018

La domanda resta la stessa, ma la risposta ancora non arriva. Il Viminale continua a tacere sul punto: il ministro Matteo Salvini è ancora convinto che le notizie della Ong spagnola Proactiva sul salvataggio di tre giorni fa siano fake news? La vicenda è nota e la riepiloghiamo brevemente. Tre giorni fa, la Open Arms della Proactiva, a circa 80 miglia dalle coste libiche, salva una donna camerunense di 40 anni, Josefa, in acqua da 48 ore. La trovano aggrappata al relitto di un gommone. Accanto a loro il cadavere di un’altra donna e di un bimbo di circa 5 anni.

La Proactiva, subito dopo il salvataggio, accusa: “I libici hanno lasciato morire quella donna e quel bambino. Sono assassini arruolati dall’Italia”. La replica di Salvini è immediata: “Bugie e insulti di qualche Ong straniera confermano che siamo nel giusto: ridurre partenze e sbarchi significa ridurre i morti e ridurre il guadagno di chi specula sull’immigrazione clandestina. Io tengo duro. Porti chiusi e cuori aperti”. Passa ancora qualche ora e fonti del Viminale aggiungono che la notizia della Proactiva è falsa ed esiste una prova che lo dimostrerà.

La prova, si scopre il giorno dopo, è il reportage video di Nadja Kriewald, cronista tedesca dell’emittente N-Tv. Kriewald era infatti a bordo della motovedetta libica che, nelle stesse ore, aveva soccorso 158 persone. E in una prima intervista esclude che i libici abbiano omesso di salvare qualcuno. Intervistata dall’Ansa, però, Kristal aggiunge un dettaglio che smonta completamente qualsiasi certezza. “Il capitano libico della nostra imbarcazione – dice la giornalista tedesca – mi ha riferito che un paio d’ore prima, nella stessa area, c’era stata un’altra missione da parte di un’altra imbarcazione della Guardia costiera libica”. Nel suo articolo online precisa che il secondo soccorso è avvenuto “ad alcune miglia nautiche dalla motovedetta Ras Sdjeir” sulla quale era a bordo. Il relitto incrociato dalla Open Arms, la superstite e i due cadaveri, quindi, potrebbero essere collegati a questo secondo soccorso.

La prova si smonta all’istante. Come si può escludere, infatti, che il relitto del gommone non sia quello del secondo intervento libico? Il deputato di Liberi e Uguali Erasmo Palazzotto, a bordo della Open Arms durante il salvataggio, ribadisce che, per quanto gli risulta, i soccorsi delle motovedette libiche quella notte sono stati due: “Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca – commenta su Twitter – un’altra lasciava in mezzo al mare due donne e un bambino. Sono due interventi diversi, uno a 80 miglia davanti a Khoms, l’altro davanti a Tripoli”. Il Fatto due giorni fa ha chiesto al Viminale se, nonostante queste notizie, il ministro fosse ancora convinto che Proactiva abbia spacciato per vera una bufala. Non ha avuto alcuna risposta. Ieri abbiamo nuovamente rivolto la domanda: “Il ministro ritiene ancora che quella di Proactiva Open Arms sia una fake news? Sono state raccolte ulteriori prove per dimostrare che la Ong ha mentito?”.

Fonti del Viminale rispondono che Salvini aveva dato “disponibilità ad accogliere la donna bisognosa di soccorsi” e che “l’apertura dei porti siciliani alla Ong era arrivata in tempo utile. Anche per accettare i corpi senza vita: è per questo che è stata esclusa Lampedusa, priva di celle frigorifere. Abbiamo poi appreso – con sorpresa – che la Ong ha scelto la rotta più lunga, verso la Spagna, accompagnando la decisione con accuse al governo italiano. Eppure il coordinamento medico per fornire assistenza era scattato sin da subito. Diciamo che – al di là della vicenda dei soccorsi – il comportamento della Ong e le sue dichiarazioni lasciano quantomeno perplessi”.

Altrettanto perplessi, per usare un eufemismo, lascia la risposta offerta dal Viminale, visto che non risponde alla domanda che gli abbiamo rivolto. Eppure trovare le prove che la Ong dice il falso, se davvero esistessero, non è poi così difficile. Sarebbe sufficiente, per esempio, guardare i tracciati delle motovedette libiche. Ma il Mit ieri ha fatto sapere che i tracciati, sulle sistemi delle nostre capitanerie di porto, non sono disponibili. “Se fosse vero – commenta Palazzotto – che il governo italiano non è in grado di sapere quali imbarcazioni si muovono a 80 miglia dalla costa italiana, in un tratto di mare dove sono attive ben tre missioni navali a cui partecipa la Marina Militare, sarebbe un fatto gravissimo. Che poi non abbiano i tracciati delle motovedette che noi abbiamo donato alla Libia sarebbe ridicolo. A questo punto il ministro Danilo Toninelli smentisca ufficialmente o si dimetta per incompetenza”.

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