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Persino Eminem ha bisogno di Ed Sheeran

Il nuovo album “Revival” è pieno di collaborazioni: da Alice Keys a Beyoncé. Grandi amicizie o strategia di marketing?
Persino Eminem ha bisogno di Ed Sheeran
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Ultima cartuccia dall’industria discografica del 2017? L’album di Eminem Revival. Dicembre si è archiviato il 15, con il cd del rapper americano. Ma la vera notizia, forse, non sta solo nella pubblicazione del lavoro di Marshall Bruce Mathers III, bocciato o promosso a seconda delle testate: quanto nel ricorso al featuring come epidemia che ormai che non risparmia nessuno, e che si accompagna praticamente ad ogni inedita produzione; non solo di piccoli che vanno “aiutati” con ospiti speciali, ma anche di grandi che compongono o interpretano ogni brano con altra celebrità. Tutti amici? Mancanza di idee? Strategia commerciale per fondere, al contempo, pubblici di artisti diversi? Torniamo a Eminem. Revival si apre con Walk on Water, featuring Beyoncé: pezzo drammatico, nella parte ringhiata rap, e decisamente soul nella voce felpata della cantante. Pop. Qualcosa che ci si aspetta, e che mette facilmente insieme le aspettative di due pubblici. Believe presenta un Eminem tradizionale, autoreferenziale e con buon flow, cui segue Chloraseptic. E rieccoci a un altro featuring, di Phresher. Almeno è nel genere e aiuta a fare del buon rap. Untouchable è una critica a Trump con campionamento rock, mentre nel successivo River torna l’ospitino. Nello specifico, Ed Sheeran, diverso per pubblico dal rapper di St. Joseph. Altro singolo facile, che alterna parti alla Sheeran ad altre alla Mathers: mondi associati in modo banale. A beneficio di?

Un tempo queste collaborazioni erano sporadiche e ispirate: nascevano da progetti comuni legati a una canzone – si pensi ai Run Dmc/Aerosmith – o da rapporti personali e artistici – i supergruppi dei ’90, il cantante dei Blind Melon che fa le seconde voci a Axl Rose per Use your Illusion. Negli ultimi tempi sembra che certi tentativi siano più che altro frutto di poche idee… Ancora sul cd di Eminem: Remind me e Revival sono a firma sua: nel primo, si ricorre al riff di I love rock’n’roll; il successivo apre al brano Like Home feat. Alice Keys, ancora contro Trump: altro pezzo modesto e prevedibile, costruito in modo banale come somma delle parti. In Bad Husband E. parla della sua famiglia, ed eccoci a un altro featuring: X Ambassadors, indie rock band. E ancora: in Tragic Ends canta Sylar Grey, cantautrice statunitense: solito plot, una parte per uno come è congeniale. Segue Framed, incredibilmente firmato solo da Mathers, cui segue Nowhere Fast, feat. Kehlani: pop banale con archi, potrebbe essere di Eminem come di chiunque. Noiosa. Heat ha musica dei The Alchemist, Offended di IlladaProducer. Quindi si giunge a Need Me, con Pink: forse è la collaborazione meno “sintetica”, quindi meno commerciale. Chiudono In your head – campionamento di Zombie dei Cramberries – e Castle Arose. Incredibilmente, senza ospiti. Che poi a che servono, per risultati modesti? Lo diranno le vendite, o il songwriting futuro – se non esaurito – di Eminem e di chi ricorre alla cura del feat.

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