18 gennaio

Rigopiano, la valanga ha ucciso nella parte nuova dell’albergo

Due piste - Gli investigatori si stanno concentrando anche sull’unità di crisi costituita in Prefettura

Di Giampiero Calapà e Melissa Di Sano
27 Gennaio 2017

A Rigopiano non c’è più nessuno da cercare, sotto la valanga che ha travolto il resort quattro stelle sono morte ventinove persone, i salvati alla fine sono undici: i primi due trovati in auto fuori dall’albergo distrutto e gli altri nove tutti nella parte storica della struttura o almeno nelle immediate vicinanze di essa; a differenza delle vittime, recuperate nella parte costruita dopo l’ampliamento del 2007.

Ma a Rigopiano resta da cercare ancora la verità e l’inchiesta – il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini ha aperto un fascicolo per omicidio plurimo e disastro colposo – segue già due filoni paralleli. La strada principale delle indagini in queste ore porta alla catena di azioni e possibili omissioni di fronte ad un’allerta valanghe di livello 4 registrato dal servizio Meteomont della Forestale martedì 17 e mercoledì 18: l’albergo avrebbe dovuto restare chiuso, la strada pulita, la struttura sgomberata. Eppure qualcosa non ha funzionato e proprio della cabina di regia per l’emergenza della Prefettura di Pescara si sta occupando il nucleo investigativo dell’Arma, comandato dal maggiore Massimiliano Di Pietro, la squadra mobile di Pescara, guidata da Pierfrancesco Muriana, e i carabinieri forestali del tenente colonnello Annamaria Angelozzi. Sotto esame, insomma, l’operato dell’unità di crisi della Prefettura, la catena di responsabilità istituzionali e le misure di prevenzione messe in campo da Comuni dell’area, Provincia di Pescara e Regione Abruzzo. Per ora non risulta nessun iscritto nel registro degli indagati, nei prossimi giorni funzionari e politici saranno ascoltati dagli inquirenti.

Poi c’è la seconda strada dell’inchiesta: “La valanga ha portato via tutto l’ampliamento dell’hotel, chi si è salvato stava nella parte vecchia”. La rivelazione arriva, piantina alla mano, sempre dall’attività d’indagine delle forze dell’ordine coinvolte. Riflettori puntati, quindi, anche in questo caso, sulle istituzioni pubbliche che hanno favorito quell’iniziativa imprenditoriale e turistica, fiore all’occhiello di una comunità, oggi adombrata da una serie di ipotesi sulla opportunità della sua presenza in quel luogo ameno, a 1200 metri di altezza, alla base di un canalone all’ombra del Gran Sasso. Dubbi sollevati anche in un esposto dell’associazione ambientalista Forum h2o, presentato ieri alla Procura di Pescara. Nel documento c’è la ricostruzione del percorso che ha portato alla variante urbanistica dell’ampliamento. “A fine 2006 – spiega Augusto De Sanctis del Forum – era stato richiesto un permesso per una ristrutturazione edilizia. Subito dopo, il 20 gennaio 2007, la Ditta Del Rosso srl presenta allo Sportello unico una pratica relativa ai lavori di ‘Realizzazione di un Centro benessere e strutture portanti in legno a servizio del Rigopiano’. L’intervento contrasta con il Piano regolatore comunale, in quanto la zona è interessata a destinazione agricola. Seguono due conferenze di servizi e una procedura particolare, riservata alle attività produttive e per questo più rapida. Nel giugno 2007, l’approvazione della variante è cosa fatta”. Occhi puntati anche sul permesso di costruire rilasciato dal Comune di Farindola: “Si tratta di una zona sismica: è stata redatta la Relazione geologica di legge con le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione?”. Quello che è certo è che a Farindola manca una commissione comunale sulle valanghe. Cancellata nel 2005, negli ultimi 12 anni non si è più riunita, nonostante sul territorio comunale si contassero già tre slavine proprio tra il ’99 e il 2005. Sempre nell’esposto del Forum, si fa riferimento ad una valanga “con caratteristiche analoghe” risalente al 1936. “A questo proposito – spiegano gli ambientalisti – potrebbe essere utile una verifica mediante fotointerpretazione delle immagini aeree di archivio storico”. E sull’esposto si legge: “Sul sito dell’Igm è disponibile un’immagine del 1945 in cui appare, “sul versante in sinistra orografica del canalone sovrastante Rigopiano, una grande area in larga parte denudata con pochi arbusti, diversa rispetto all’altro versante in cui permane un fitto bosco”. Nell’immagine del 1954, disponibile tramite il portale cartografico della Regione Abruzzo, “la fascia priva di vegetazione arborea è sempre presente e ben evidente, con una maggiore apertura nelle aree centrali e con quello che appare un conoide di recente formazione alla foce del canalone, a poca distanza dalle strutture esistenti”.

Non basta, il Rigopiano non si è trovato isolato tra il 17 e 18 gennaio per la prima volta: anche nel marzo 2015 la sp72 risultò impraticabile per giorni a causa della neve; i venti ospiti furono assistiti dall’elisoccorso che portò omogenizzati e pannolini per i due bambini presenti. Per il resto l’albergo risultò autosufficiente e questo elemento potrebbe aver viziato il 18 gennaio 2017, e nei giorni precedenti, le decisioni sulle priorità.

 

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