Rifugiati

Ricollocamenti, la corte di Madrid censura il governo: su 19mila richiedenti asilo risolte solo 2.500 pratiche

Condannati per il mancato rispetto degli accordi europei: i richiedenti asilo sono rimasti in Italia e in Grecia

12 Luglio 2018

Il governo spagnolo è stato condannato ieri dal Supremo Tribunale di Madrid per non aver accolto, tra il 2015 e il 2017, 19.449 rifugiati provenienti dall’Italia (6.383) e dalla Grecia (13.086). La condanna – la prima in Europa nei confronti di un Paese inadempiente rispetto ai patti europei per la ridistribuzione dei richiedenti asilo – riguarda la gestione dell’ex premier Mariano Rajoy.

L’accordo comunitario era stato raggiunto negli anni passati per ridistribuire 160 mila richiedenti asilo arrivati in Italia e in Grecia durante il picco dei flussi nel Mar Mediterraneo.

La maggior parte degli Stati coinvolti non hanno però mai rispettato quanto stabilito da Bruxelles. Per la Corte spagnola quegli accordi erano vincolanti e ora toccherà al nuovo premier Pedro Sanchez rispettarli.

Il procedimento era nato da una petizione dell’associazione spagnola Asociació de Suport a Stop Mare Mortum, che lo scorso aprile aveva chiesto al governo Rajoy di dichiarare il mancato rispetto del patto di ridistribuzione. Nella risposta l’avvocato generale dello Stato – secondo quanto riporta El Pais – dichiarò che l’accoglienza era in corso, anche se i tempi per adempiere all’obbligo europeo erano lenti.

Nella motivazione della sentenza del Supremo Tribunale, i magistrati spagnoli spiegano che rispetto alla cifra prevista di 19.449 rifugiati da ricollocare, il governo aveva in realtà avviato le pratiche, al 4 marzo scorso, solo per 2.500 persone, 1.875 provenienti dalla Grecia e 625 dall’Italia. Numeri saliti di poco dopo 15 giorni, con una quota pari al 12,85% del totale.

Negli anni passati il governo Rajoy è stato duramente criticato a livello internazionale per i respingimenti effettuati nella zona di Ceuta e Melilla, due città-enclave spagnole all’interno del territorio del Marocco, e per le condizioni generali dei migranti nel Paese.

Nel 2013 la Spagna era stata oggetto di denunce pubbliche per la politica di mancata accoglienza dei rifugiati. I dati Unhcr di quell’anno mostrarono come il governo di Madrid avesse raggiunto il minimo storico dell’ultimo quarto di secolo nelle richieste di asilo e protezione internazionale. Nei mesi precedenti era stato presentato un rapporto delle Nazioni unite sul caso Spagna, con una dura descrizione delle condizioni vissute dai rifugiati nel paese iberico, che si trovavano di fronte a una situazione di “discriminazione in aree come l’educazione, l’accesso alla salute, ai servizi pubblici, alla casa e all’impiego”.

Particolarmente severo fu il giudizio sui centri di reclusione per migranti irregolari presenti all’epoca in Spagna. Un primo intervento sul tema dell’accoglienza dei richiedenti asilo è arrivato due anni dopo le denunce delle Nazioni Unite.

Nel 2015 il Supremo Tribunale spagnolo aveva emesso una sentenza che censurava la politica di chiusura del governo Rajoy, stabilendo il diritto di richiedere e ottenere asilo per tutti i siriani che avessero avuto un ruolo nelle organizzazioni di tutela dei diritti umani nel Paese colpito dalla guerra civile.

Da diversi anni, intanto, alcune organizzazioni di tutela dei diritti umani denunciano i metodi violenti utilizzati dalla polizia di frontiera con report – basati su documentazione video – che dimostravano maltrattamenti e utilizzo eccessivo della forza.

La politica della Spagna è cambiata radicalmente con l’arrivo del socialista Pedro Sanchez, il premier che ha deciso di aprire il porto di Valencia alla nave Aquarius. La Guardia costiera spagnola da diversi mesi è impegnata in quotidiani salvataggi di gommoni carichi di migranti, provenienti dal Nord Africa.

Sul fronte migrazione la posizione del Paese oggi appare radicalmente diversa rispetto alla linea dura di Rajoy.

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