Fertility Day, la maternità non è un gioco (a premi)

8 Settembre 2016

Cara ministra Beatrice Lorenzin,
credo apprezzerà il richiamo alla femminilizzazione lessicale della Boschi, in fondo la distanza tra linguaggio e realtà è un (il?) valore del governo Renzi. Slogan, promesse, la rivoluzione è (solo?) a parole: basta dire ministra e si finge una parità che non c’è, visto che in Italia le donne lavorano meno degli uomini e se lavorano sono più precarie, guadagnano meno a parità di qualifica e difficilmente arrivano all’apice, pur essendo spesso più brave. Roba da spot del confetto Falqui: “Basta la parola”…

E “Basta la parola” pure per il suo Piano Nazionale per la Fertilità: una “rivoluzione culturale” (recita il testo del ministero della Salute, elaborato con un tavolo di esperti), che verrà celebrata nel Fertility Day del 22 settembre e che tante polemiche ha già provocato costringendola al dietrofront almeno nella comunicazione. “La campagna non è piaciuta? Ne facciamo una nuova. #fertilityday è più di due cartoline, è prevenzione, è la salute degli italiani”, ha twittato in risposta alla gragnuola di insulti per le slide della donna con la clessidra e lo slogan “La bellezza non ha età, la fertilità sì” o “Datti una mossa! Non aspettare la cicogna”. Pensare che è nulla a confronto di quanto scritto nelle 137 pagine: “Parola d’ordine sarà scoprire il ‘Prestigio della Maternità’”; “la non scelta o il rinvio non appare condizionato solo da fattori economici, precarietà, scarsità di servizi (…), quanto più uomini e donne raggiungono obiettivi di sicurezza e si concentrano in una dimensione individualistica ed egoistica, tanto più diminuisce la loro disponibilità ad accollarsi sacrifici e responsabilità del lavoro genitoriale”; media e politica alimentano “il senso di insicurezza che pervade i cittadini”, “sfiducia nelle istituzioni, nella rappresentanza politica, nell’amministrazione territoriale, tutte percezioni che agiscono come freni inibitori e deterrenti”, per cui “si dovrebbe governare e presidiare il settore della comunicazione, legittimando altre versioni dei fatti”, “diffondere good news”. Insomma: se gli italiani non fanno figli non è perché c’è la crisi, non hanno lavoro, soldi, asili (parola inesistente nel testo), temono il futuro, vedono malaffare e corruzione: no, tutte percezioni, in realtà la colpa è loro o di giornali, tv, partiti-gufi che col loro pessimismo farlocco sono ineguagliabili contraccettivi (la Durex ha già scritturato Travaglio e Di Maio come testimonial).

Cara ministra, più che “Basta la parola”, “Basta parole”, soprattutto se aberranti. Lavori a rimuovere i veri ostacoli alla maternità e tuteli la salute, “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art. 32 della Costituzione). Avete tagliato il Fondo sanitario nazionale pur essendo la nostra spesa già sotto la media Ocse e Ue, nel 2015 ben 11 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi (erano 9 nel 2012) per costi e liste d’attesa, l’aspettativa di vita si è ridotta per la prima volta in tempo di pace e la corruzione nella sanità – “terreno di scorribanda di delinquenti di ogni risma” ci dice Cantone – fagocita ogni anno 6 miliardi di euro. Altro che good news.

Risolva questi problemi e vedrà che nidiate.

Un cordiale saluto.

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