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Pace fiscale, impunità per chi ricicla soldi. E’ stato il Quirinale a bloccare la norma

Blitz - Nella bozza del dl fiscale spuntano norme non concordate con il M5S. Di Maio pronto ad andare in Procura, ma pensa alla Lega. Salvini replica : noi siamo gente seria

Di Salvatore Cannavò e Fabrizio d’Esposito
18 Ottobre 2018

Ancora una “manina” a cambiare le leggi e stavolta la vicenda coinvolge anche il Quirinale e provoca l’inedita minaccia di un vicepremier, Luigi Di Maio, pronto a denunciare in Procura i tecnici del ministero delle Finanze. Nella bozza del decreto fiscale in possesso del Mef, infatti, sono inserite misure come la non punibilità per i reati di riciclaggio, uno scudo fiscale sui capitali all’estero, la sanatoria anche sull’Iva. Misure non concordate con il M5S che, infatti, Di Maio denuncia rabbiosamente durante la trasmissione Porta a Porta: “È accaduto un fatto gravissimo, il testo sulla pace fiscale che è arrivato al Quirinale è stato manipolato. Non so se una manina politica o una manina tecnica, in ogni caso domattina si deposita subito una denuncia alla Procura della Repubblica perché non è possibile che vada al Quirinale un testo manipolato”.

Il Quirinale, con una nota, smentisce di aver ricevuto il testo e Di Maio può spiegare che è sufficiente stralciare le norme contestate. Ma il testo, come spieghiamo più avanti, il Quirinale lo ha potuto esaminare. A essere chiamati in causa sono, però, anche i rapporti tra Lega e 5Stelle, pure se Di Maio ribadisce in tv la “piena fiducia” negli accordi presi con Matteo Salvini. Ma un dubbio sul ruolo della Lega, e in particolare di Giancarlo Giorgetti, viene instillato.

La bozza della “dichiarazione integrativa” con cui si potranno far emergere somme non dichiarate nel limite di 100 mila euro garantisce dalla punibilità per i reati regolati dagli articoli 648-bis e 648-ter del Codice penale: riciclaggio e uso illecito di denaro. Inoltre prevede il condono anche per le attività finanziarie e gli immobili all’estero, introducendo una forma di “scudo fiscale”.

L’irritazione dei 5Stelle nel momento in cui scoprono questa sorpresa dalle agenzie di stampa è massima e il dito, sia pure in forma ufficiosa, viene puntato contro la Direzione generale delle Finanze diretta da Fabriza Lapecorella. L’ennesima “manina”, dicono i 5Stelle, viene da lì.

Solo che stavolta gli uffici ministeriali vengono bacchettati, sia pure indirettamente, dallo stesso Quirinale che invita il ministero a rimuovere quella norma. Fonti dell’alto Colle romano, infatti, fanno sapere al Fatto di aver “chiesto di modificare le parti sulle depenalizzazioni” pur non sapendo “come le modifiche saranno effettuate”.

E le attenzioni del Quirinale non si sono limitate ai reati, gravi, cioè il riciclaggio e l’uso illecito di denaro, ma anche a quelli di dichiarazione fraudolenta e infedele che pure vengono depenalizzate dal decreto. Dopo le dichiarazioni di Di Maio una nota dagli uffici di Sergio Mattarella assicura che il testo non è mai giunto al Presidente. Ma l’intervento del Quirinale c’è stato.

Chi segue il dossier per conto del Movimento 5 Stelle assicura che “questi non sono gli accordi presi e noi non siamo certamente d’accordo”. E Di Maio dichiara che, in questa forma, il voto del M5S sul condono non ci sarà.

Come però la bozza sia stata scritta non è chiaro e chi ha avuto voce in capitolo sulla scrittura finale è abbastanza complicato da decifrare. Il testo, certamente, è frutto del lavoro della Direzione generale Finanze, quindi dipende direttamente dalla responsabilità politica di Giovanni Tria, il quale ha dovuto già affrontare il caso dell’intervento, presunto, di Roberto Garofoli nella norma sulla Croce Rossa che domenica è stata cassata dalla bozza di decreto fiscale. E che quindi resta un sorvegliato speciale.

I funzionari del Mef, però, assicurano di aver solo eseguito, come da prassi, le indicazioni della Presidenza del Consiglio. Tali indicazioni provengono dal verbale stenografico delle riunioni del governo che è redatto a cura di una figura istituzionale, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, cioè Giancarlo Giorgetti. A Bruno Vespa che, durante la puntata di Porta a Porta di ieri sera, gli chiede se dietro questa vicenda possa esserci proprio Giorgetti, Di Maio risponde laconicamente: “Non mi permetterei mai”. Però il nome circola e non è un caso se a tarda sera arriva la nota di Matteo Salvini: “Noi siamo gente seria non sappiamo niente di decreti truccati”. La prova di uno scontro aperto nel governo.

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