Voti e merito: Valditara vara la “pedagogia del taglione”

Di Sottosopra*
23 Febbraio 2024

Si sa, non ci sono più i giovani di una volta. Trovateli voi oggi quelli che apprezzano le brutte esperienze che forgiano l’animo e le punizioni meritate che fanno crescere: i campioni da libro Cuore, insomma. Prima lezione, il valore formativo dell’umiliazione: “Fattore fondamentale nella costruzione della personalità”, come ebbe a dire incautamente il neoministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara. Da cui discende la recente grande idea di stroncarli in culla: il voto in condotta fin dalle medie, con meritata bocciatura in caso di insufficienza. Per arrivare al pezzo forte della nuova teoria educativa: chi rompe paga, e se si arrischia a occupare la scuola ne risponderà. Potremmo chiamarla “pedagogia del taglione” se non fosse soltanto chiacchiera reazionaria di chi occupa un posto e non si è nemmeno premurato di leggere i documenti che l’istituzione produce. Da cinquant’anni.

È del 1977 (n. 577), infatti, la legge che introduce il concetto di valutazione al posto di quello di voto numerico, idoneo a giudicare una prestazione ma non a tratteggiare una persona e il suo percorso. Il concetto è ripetuto in qualsiasi indicazione ministeriale degli ultimi decenni, con insistenza sull’importanza della valutazione formativa, che dà allo studente i mezzi per crescere e giudica al contempo il lavoro del docente. Sottinteso, e nemmeno troppo: la condotta è implicita in una buona scuola. Ugualmente, sarebbe bastata a Valditara una ricerca sul sito del proprio ministero, o una chiacchierata col corpo docente sottopagato e frustrato, per sapere che esiste già, e da tempo, il patto di corresponsabilità: “Il documento – firmato da genitori e studenti contestualmente all’iscrizione a scuola – che enuclea i principi e i comportamenti che scuola, famiglia e alunni condividono e si impegnano a rispettare”. Per esempio che i ragazzi sono responsabili dei danni che provocano volontariamente.

È dunque banalissima propaganda repressiva quella del ministro dell’Istruzione, che sceglie di ignorare il vero compito della scuola: l’apprendimento. Ossia, per definizione, la modifica dei comportamenti attraverso la conoscenza. Il proposito, insomma, che attraverso la scuola le persone possano accedere a competenze culturali e di cittadinanza che colmino lo svantaggio legato alla propria provenienza, geografica e socio-economica: affinché figlie e figli di chi vive in condizione di difficoltà, o non ha studiato, non siano destinati alla stessa vita o agli stessi comportamenti. Si tratta di una missione che Valditara dovrebbe avere come priorità assoluta, considerando che il tasso di abbandono scolastico è stato nel 2022 dell’11,5%, quasi due punti sopra la media europea e soprattutto fortemente condizionato da condizioni preesistenti: basti dire che la percentuale in Sicilia e in Campania arriva fino al 15%. L’alternativa è tornare all’istruzione selettiva di stampo ottocentesco rimpianta da Ernesto Galli della Loggia, funestata dall’idea progressista di fare dell’inclusività la prima regola tra i banchi. Applausi per la sincerità: l’ultraottantenne maître à penser ha ammesso con chiarezza inusitata quello che il governo pensa ma non dichiara, preferendo passare ai fatti. Cioè a repressioni e a sanzioni che dovrebbero ripristinare l’autorevolezza della scuola imitando lo Stato poliziotto, non a caso sempre più spesso impegnato a bastonarli anche fisicamente, gli studenti. Non stupisce dunque che Valditara non parli mai di contenuti reali: tavoli scientifici per aggiornare i programmi, per introdurre discipline che siano importanti, per creare una cultura della scuola che sia vicina a quella della società. Se veramente si approcciassero il merito e le competenze sarebbe infatti evidente che la condotta realmente intollerabile è la sua. E la bocciatura sarebbe inesorabile.

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