LA FINE DEL RDC

Reddito di cittadinanza. “Mai visto un euro”: così Meloni molla gli occupabili

120 mila senza risposte - Il database pubblico Siisl non manda le domande ai Centri per l’impiego, che non possono pagare il Supporto formazione pari a 350 mensili

30 Novembre 2023

Dall’agosto scorso, oltre 300 mila persone hanno perso il Reddito di cittadinanza perché il governo le considera occupabili. Avrebbero dovuto ricevere almeno i 350 euro del nuovo Supporto formazione e lavoro (Sfl), ma la nuova piattaforma nazionale non funziona, nessuno dà risposte e i soldi non arrivano. In altre parole, la riforma del Reddito di cittadinanza di Meloni e soci ha già condannato migliaia di persone alla fame.

“Mi sono rimasti 50 euro, non ho nient’altro”, spiega Massimo, 56 anni, solo e disoccupato di lungo corso. Per quelli come lui, 18-59enni senza minori, disabili o over 60 in famiglia, ci sono solo i 350 euro che sta all’Inps erogare, per un massimo di 12 mesi e fintanto che seguono un corso di formazione, un programma di orientamento o partecipano a uno dei progetti utili alla collettività avviati dai Comuni. Le domande si potevano presentare dal 1º settembre scorso e Massimo non ha aspettato un attimo, ma dopo tre mesi non ha ancora visto un euro. Come la maggior parte di quanti hanno fatto richiesta a oggi, 120.108 persone secondo il ministero del Lavoro. In Lombardia, ad esempio, sono appena 276 le persone che hanno ricevuto almeno un bonifico.

“Tra gli utenti che seguo, su 20 persone coi requisiti per accedere al Sfl solo due hanno ricevuto i 350 euro”, spiega l’operatore di un Centro per l’impiego (Cpi) lombardo. Non è un caso: la Cgil conferma che nelle altre regioni è lo stesso: “Delle richieste valide prese in carico dai Cpi, meno del 20 per cento ha ricevuto un bonifico”. Attenzione però, quelle pervenute ai Cpi sono solo una minima parte delle 120 mila domande inserite nel Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), la piattaforma dell’Inps dove fare richiesta.

Le altre? Secondo gli stessi Cpi, una parte significativa è incagliata tra errori informatici e banche dati che non si parlano. Un limbo che nega il sostegno anche a chi è già iscritto a una politica attiva, frequenta un corso o lavora per il comune. Eppure, quando il 30 agosto ha presentato la piattaforma, la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha assicurato che l’unificazione delle banche dati avrebbe funzionato, che Siisl sarebbe stato solo “la prima pietra di un sistema più complesso”. Com’è andata a finire lo riferiscono gli stessi Centri per l’impiego, contattati dalle persone che cercano aiuto perché il “patto di attivazione digitale”, primo step sulla piattaforma, non risulta abilitato. Peccato che per i Cpi, inspiegabilmente esclusi dall’accesso a Siisl, quelle persone non esistano: finché il patto digitale non è validato i loro nominativi non vengono trasmessi e i Centri non le possono convocare, né sanno come aiutarle. Ma anche chi supera il primo scoglio non ha vita facile. La Siisl dovrebbe aggregare i dati raccolti sulle altre piattaforme, da quelle regionali a MyAnpal, in uso ai Cpi, e fino a Gepi, in mano a Comuni e servizi sociali. “Ho fatto domanda il primo settembre e sono stato convocato dal Cpi che ha aggiornato la mia scheda e inserito i dati su MyAnpal, ma su Siisl non risulta ed è come se non avessi fatto domanda”, racconta Massimo. Ha inviato segnalazioni anche al ministero del Lavoro ricevendo risposte surreali: “Provi a pulire la memoria del computer o a cambiare browser”. Dopo innumerevoli tentativi, a novembre gli arriva la risposta di Anpal, l’Agenzia per le politiche attive del lavoro del ministero, che se non altro ammette “un problema sistemico che stiamo cercando di risolvere”. Nel frattempo, denuncia un utente su Facebook, “tra un mese finisco il corso di formazione e non ho avuto un euro”.

La rete è piena di testimonianze, alcune fa male leggerle: “Sono una mamma disoccupata e mi hanno tolto il reddito perché mio figlio ha compiuto 18 anni. Ho fatto due corsi, uno a giugno e uno a settembre, quando ho chiesto il Sfl, ma siamo a metà novembre e non ho ricevuto niente, ditemi voi come devo fare”. Sono stati abbandonati addirittura i poveri già iscritti al progetto finanziato dal Pnrr, la Garanzia occupazione lavoratori (Gol), nonostante le rassicurazioni dell’Inps. Chi può ancora permetterselo paga di tasca propria carburante e mezzi di trasporto: “Da giugno faccio il corso e lo stage gratuito di 40 ore e mi parte un pieno di benzina a settimana, ma dei 350 euro nemmeno l’ombra. Sembra più un modo per fornire ai datori stagiste gratis che non assumeranno mai”, si rammarica anche Maria.

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Tutte attività registrate e segnalate dai Cpi, ma a Siisl “non risultano attività in corso”. Come non bastasse, c’è chi di bonifici ne ha ricevuti due in pochi giorni, o chi prende il beneficio senza avere ancora iniziato una politica attiva. “Peggio – aggiunge un altro operatore di Cpi –: tra le domande per il Supporto ci sono arrivate anche quelle di persone con più di 60 anni: ma come hanno fatto a superare gli step previsti dalla piattaforma se la misura è destinata agli under 60?”. Tanto che il recente annuncio del direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi, di un’imminente implementazione di Siisl con l’intelligenza artificiale sembra l’ennesima presa in giro. Se non altro perché il Fatto ha chiesto all’Istituto il dato nazionale sull’erogazione dei 350 euro e due giorni non sono bastati per ottenere una risposta. Alla luce del dato lombardo, c’è il sospetto che non si vogliano divulgare numeri a dir poco miseri. Insomma, su 120 mila domande i poveri che hanno ricevuto il Supporto potrebbero essere poche migliaia. Nel famoso “Paese normale” la ministra del Lavoro dovrebbe dare più d’una spiegazione e prendersi la responsabilità della procurata indigenza. Al contrario, in Italia si veleggia sereni verso la tempesta perfetta.

“Se non sono in grado di gestire decine di migliaia di richieste cosa faranno a gennaio, quando partiranno le richieste per l’Assegno di inclusione?”, domanda Massimo ripetendo quello che si chiedono tutti, dagli operatori dei Cpi agli assistenti sociali, ancora impegnati con i tanti che hanno perso il reddito perché “occupabili” e chiedono la presa in carico ai servizi sociali per rientrare nel sussidio.

Verifiche che l’ottimismo del governo pensava di chiudere in estate, e che invece ha dovuto prorogare per l’ennesima volta spostando la data a fine novembre, a dimostrazione di quanto conosca le condizioni in cui versano i servizi dei Comuni. Dal primo gennaio gli assistenti sociali dovranno gestire un milione e mezzo di domande per il passaggio dal Reddito all’Assegno di inclusione e, tanto per cambiare, il governo ha previsto che le richieste passino prima da Siisl per l’abilitazione del già citato patto di inclusione digitale.

“A partire dalla comunicazione tra piattaforme, il processo di cambiamento è molto confuso: c’è chi dovrà essere spostato dalle piattaforme dei centri per l’impiego a quelle dei servizi, come del resto le categorie vulnerabili”, spiega la presidente dell’Ordine degli assistenti sociali, Barbara Rosina. “So che al ministero lavorano alacremente per i decreti attuativi, ma a oggi questi strumenti non ci sono, non abbiamo indicazioni sull’utilizzo della nuova piattaforma, né linee guida sulla nuova definizione di vulnerabilità”. Rosina ricorda come in alcune zone d’Italia il rapporto tra assistenti sociali e abitanti sia ancora di 1 a 20 mila, mentre dovrebbe essere almeno di 1 a 5 mila. “Significa che molti Comuni non hanno il personale sufficiente per occuparsi di tutte le richieste, comprese le rivalutazioni per rientrare nel Reddito chieste da persone fragili, che non hanno i soldi per mangiare e a volte sfogano sugli assistenti ansie e paure dovute all’incertezza, con episodi di violenza che purtroppo sono in aumento”.

Anni di foga contro il Reddito di cittadinanza per scoprire, una volta al governo, che tagli e riforme affrettate non fanno altro che allungare le file davanti ai banchi alimentari. “Ho un figlio, ma la mia ex l’ha portato con sé e sono rimasto solo”, racconta Mario. Prendeva il Reddito di cittadinanza, oggi non ha più niente. “Ho fatto tutto correttamente, già a settembre, mi sono presentato al Cpi tante volte, ma non serve a nulla. Vivo in un piccolo paese del Sud, mi sento completamente invisibile. Non so per quanto ancora potrò resistere”.

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