Il Fatto di domani. Tav, i francesi lo dicono: l’opera non serve, “rinviamo al 2045”. La destra taglia il welfare e poi pensa alla natalità. La protesta delle tende “sblocca” 660 milioni per gli alloggi

Di FQ Extra
12 Maggio 2023

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TAV, I DUBBI FRANCESI SULL’OPERA INUTILE: “RINVIARE AL 2045” INTERVISTA A FRANCESCO RAMELLA. La notizia era nota e lo aveva scritto Gianni Barbacetto sul Fatto già l’anno scorso. Il progetto Tav Torino-Lione non convince i francesi, che vogliono tirarsene fuori per evitare il bagno di sangue economico. La pubblicazione in Francia di un rapporto indipendente in cui si raccomandava di rinviare di più di 20 anni, “almeno al 2045” la costruzione della tratta transalpina ferroviaria necessaria alla grande opera è stata ripresa da Repubblica e ha riacceso l’attenzione della politica italiana. Che negli ultimi anni aveva preferito lasciare sotto il tappeto l’imbarazzo per il Tav. Un mese fa 60 parlamentari francesi avevano chiesto conto a Macron della valutazione di questo comitato. Oggi anche Matteo Salvini ha chiesto chiarimenti a Parigi, in qualità di ministro dei Trasporti. Il ministro francese per gli Affari europei Clément Beaune ha dichiarato oggi però che il governo non ha deciso nulla, che il rapporto è indipendente e il dibattito pubblico nel Paese è ancora in corso. L’esecutivo francese espliciterà la sua posizione ufficiale il 22 giugno, quando si terrà la Conferenza intergovernativa italo-francese a Lione. Intanto, domani 12 maggio ci sarà un confronto in Francia tra i capidelegazione dei due Paesi e i delegati di Bruxelles. È chiaro comunque che il Tav è più morto che vivo: e se è così sul lato francese dovrebbe esserlo anche su quello italiano. Ma di qua dalle Alpi non se ne discute. Sul Fatto di domani faremo un punto sulla vicenda con un’intervista a Francesco Ramella, esperto di trasporti dell’Istituto Bruno Leoni.


LA DESTRA TAGLIA IL WELFARE MA POI SI PREOCCUPA DELLA NATALITÀ. CARO AFFITTI, DOPO LE PROTESTE SBLOCCATI 660 MLN. Il governo oggi è stato impegnato negli Stati generali della natalità, iniziativa che coinvolge anche l’opposizione. C’erano quasi tutti i ministri (da Roccella a Valditara, a Tajani e Salvini e il ministro-cognato Francesco Lollobrigida) i presidenti dell’Istat Blangiardo e della Cei Zuppi, e per l’opposizione Elly Schlein e Giuseppe Conte. “La natalità è un tema che può unire”, ha argomentato Matteo Salvini, “possiamo avere idee diverse sulla politica ma se fra cinquant’anni saremo 11 milioni in meno non è un successo per nessuno”. Sul Fatto di oggi abbiamo messo in luce, attraverso un dossier di Save The Children, il legame tra l’abbassamento della fecondità delle donne e il peggioramento delle loro condizioni lavorative. Legame sottolineato anche da Schlein nel suo intervento sul palco. La segretaria Pd ha riannodato il filo della questione fino all’emergenza abitativa, che riguarda gli studenti e non solo. Conte, invece, prima del Forum è andato con una delegazione del M5S a far visita agli studenti accampati in tenda alla Sapienza per protesta contro il caro affitti. Conte ha attaccato Meloni e il suo governo per il taglio al fondo per il diritto allo studio, ma anche le recenti scelte militariste del Parlamento europeo, che ha approvato la possibilità di dirottare i fondi del Pnrr sulla produzione di munizioni: “Diciamo no, usiamoli per asili nido e housing studentesco”. Intanto la protesta si allarga, e il governo messo sotto pressione ha pubblicato una nota per annunciare di aver sbloccato 660 milioni per gli alloggi universitari, fermi dal 2022. Sul Fatto di domani vedremo di che si tratta.


IL GOVERNO SCIOGLIE IL NODO DELLE NOMINE: VINCE MELONI. Riflessione lunga, esecuzione rapida. È bastata mezz’ora al Consiglio dei ministri di oggi per chiudere la partita delle nomine. Almeno tre delle quattro principali che erano rimaste bloccate da settimane di scontri interni alla maggioranza. Roberto Sergio andrà al posto di Carlo Fuortes come amministratore delegato Rai, come indicato dal ministero dell’Economia di Giorgetti. Sergio dovrebbe nominare Giampaolo Rossi come direttore generale, come atteso. Oltre al nuovo vertice Rai, il governo ha ufficializzato il nuovo capo della Polizia che sarà Vittorio Pisani, mentre l’attuale capo Lamberto Giannini sarà il nuovo prefetto di Roma, poltrona che era vacante da marzo, quando Bruno Frattasi era stato nominato alla guida dell’Agenzia per la Cybersicurezza. Resta scoperto, almeno formalmente, l’incarico di nuovo comandante generale della Guardia di Finanza: dopo la nomina di Giuseppe Zafarana a presidente dell’Eni l’incarico ad interim è stato affidato al comandante in seconda Andrea De Gennaro. Ma la maggioranza fa trapelare che è stato raggiunto un accordo per mantenere al vertice proprio De Gennaro, da ufficializzare nel prossimo Cdm. Sul Fatto di domani passeremo ai raggi X le nomine e vedremo perché rappresentano una vittoria di Meloni sui suoi alleati.


UCRAINA, ZELENSKY FRENA LA CONTROFFENSIVA, MA PER WAGNER È GIÀ INIZIATA. USA E CINA DIALOGANO A VIENNA. Il presidente ucraino ha affermato che Kiev ha bisogno di più tempo per lanciare una controffensiva contro la Russia, perché l’esercito avrebbe ancora bisogno di altre armi. La richiesta all’Occidente di altri e sempre più potenti aiuti militari non è nuova, molto più nuova invece è la messa in discussione del contrattacco annunciato da mesi e promesso per la primavera. “Con quello che abbiamo possiamo andare avanti e avere successo, ma perderemmo molte persone”, ha detto Zelensky, chiedendo più tempo. Ma i russi, almeno quelli della brigata Wagner, non ci credono. Il capo della compagnia Yevgeny Prigozhin dice che la controffensiva ucraina è già “in pieno svolgimento” e si stanno avvicinando a Bakhmut dai fianchi. Del resto già ieri Kiev aveva rivendicato alcuni avanzamenti e ora dice di aver guadagnato altro terreno. Intanto il ministro della Difesa britannico Ben Wallace ha confermato l’indiscrezione della Cnn (e prima del Washington Post, l’avevamo scritto giorni fa sul Fatto) secondo cui Londra fornirà all’Ucraina missili da crociera a lungo raggio Storm Shadow, che hanno una gittata più lunga degli Himars attualmente forniti. Mosca minaccia “una risposta adeguata”. Sul fronte diplomatico, gli Stati Uniti oggi hanno accusato di aver fornito armi a Mosca il Sudafrica (neutrale dall’inizio e parte dell’alleanza Brics tra Russia e Paesi emergenti) . Ma soprattutto il consigliere per la sicurezza americana Jake Sullivan ha incontrato a Vienna il capo della politica estera del partito comunista cinese, Wang Yi. Secondo le fonti ufficiali si è parlato di guerra in Ucraina (ma anche di Taiwan) in un dialogo “franco, sostanziale e costruttivo”. Sul Fatto di domani leggerete i nostri aggiornamenti sul conflitto.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Crisi bancarie, tocca al Giappone. I fondi del gruppo giapponese SoftBank in un anno perdono la cifra record di 39 miliardi di dollari, effetto del rialzo generalizzato dei tassi di interesse.

Piazza della Loggia, Palazzo Chigi arriva tardi. La richiesta di costituzione di parte civile da parte dell’esecutivo non è stata accolta perché presentata in ritardo.

A Gaza, Israele rompe la tregua. Solo poche ore di tregua, poi all’alba Israele ha deciso di violare il cessate il fuoco raggiunto nella serata di mercoledì e tornare a sferrare attacchi missilistici su Gaza, nel tentativo di colpire altre postazioni della Jihad Islamica e riuscendo a uccidere un altro dei vertici dell’organizzazione. In risposta sono stati lanciati circa 500 razzi dalla Striscia.

I David, osservatorio sul cinema italiano. L’analisi del critico del Fatto Federico Pontiggia.


OGGI LA NEWSLETTER GIUSTIZIA DI FATTO

Napoli, l’altro scudetto: quello per la contraffazione (diffusa pure nell’e-commerce)

di Vincenzo Iurillo

C’è un altro scudetto che Napoli ha vinto a mani basse. È quello dell’industria del falso, delle magliette, delle bandiere e delle sciarpe ‘pezzotte’, meraviglioso termine coniato da queste parti per abbracciare tutto il settore della violazione dei copyright. Nei Quartieri Spagnoli, lungo via Toledo, tra gli slarghi di piazza Dante, nei pressi della stazione Centrale o su via Marina, una maglietta del Napoli campione d’Italia te le vendono a 10 euro con il nome di Osimhen, Kvaratskhelia, Di Lorenzo, Lobotka, Politano o il calciatore che preferisci, ci sono tutti o quasi. Le trovi pure in edizione vintage, celeste chiara con il nome di Maradona e lo sponsor Buitoni, in memoria della vittoria del 1990.

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