Il Fatto di domani. Forza Italia, dietro il giro di nomine c’è l’accordo Meloni-B. Auto inquinanti, altra figuraccia di Giorgia in Europa

Di Il Fatto Quotidiano
26 Marzo 2023

FORZA ITALIA, DIETRO IL CAMBIO DI CARICHE IL PATTO B.-MELONI. Il rimescolamento delle cariche di Forza Italia questa volta è qualcosa di più di un lifting. E’ il tramonto dell’era Renzulli che conserva la carica di capogruppo al Senato, ma perde quella di coordinatrice della Lombardia, ossia un posto di vero potere. Mentre Alessandro Cattaneo non sarà più il capogruppo alla Camera, al cui posto subentra il fedele di Tajani, Paolo Barelli. Poi a cascata cambiamenti vari a livello locale. Ma quello che ci interessa è capire il perché di questa mezza rivoluzione: dalle schermaglie durante la formazione del governo, alle sparate di Berlusconi a favore dell’amico Putin, i temi della giustizia (da distruggere) su cui Meloni non sempre si è accodata. Poi il ritiro della parte civile dello Stato nel processo contro Berlusconi. E, non va dimenticato, l’ex Cavaliere è sempre l’uomo delle tv. Sul Fatto di domani racconteremo qual è il patto che si va stringendo tra Berlusconi e la Meloni e, principalmente, qual è la materia di scambio. Ma leggerete anche una storia delle varie “zarine” che si sono succedute alla corte di Arcore. Vi parleremo anche dello strano caso delle porte girevoli per i magistrati, il cui divieto è una delle poche buone cose della riforma Cartabia: due emendamenti al decreto Pnrr, presentati da Lega e FdI, reintroducevano la possibilità di rimettere la toga dopo aver ricoperto, ad esempio, un incarico ministeriale. Ma FdI ha fatto retromarcia, facendo sapere che la norma sarà ritirata. Vi daremo conto di cosa sta succedendo.


STOP ALLE AUTO INQUINANTI, ALTRA EURO-SBERLA A GIORGIA. Ieri vi abbiamo raccontato della giornata da dimenticare della premier in Europa, tra anniversario delle Fosse Ardeatine, migranti e reato di tortura. Oggi, sempre da Bruxelles, arrivano nuovi dispiaceri per Meloni: la Germania ha trovato l’accordo con la Commissione europea sulla fine delle immatricolazioni delle auto inquinanti nel 2035, lasciando di fatto Giorgia col cerino in mano del no allo stop. Roma e Berlino, difatti, si erano impuntate, rinviando la messa al bando a data da destinarsi, ma per motivi diversi: Scholz per salvare anche i motori a scoppio alimentati con e-fuel; Giorgia puntava ai combustibili prodotti da materie prime di scarto, residui vegetali e olii, soluzione portata avanti con altri paesi come Polonia, Repubblica ceca e Bulgaria. Alla fine nulla di fatto per la soluzione Meloni, accordo trovato sulla “mozione” tedesca. Tanto che Forza Italia ha commentato piccata: “Rischiamo di pagare a carissimo prezzo l’ambientalismo folle della sinistra europea”. Sul giornale di domani vi racconteremo cosa farà ora l’Italia, visto che si trova davanti a un bivio. Difficoltà testimoniata dalla sortita del il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che auspica che “Ue non si dimostri irragionevole”.


GKN, 5 MILA ALLA MANIFESTAZIONE. FISCHIATI GIANI E URSO. Sono circa 10.000 le persone che hanno sfilato per le strade di Firenze in difesa della ex Gkn di Campi Bisenzio. All’avio del corteo c’era anche il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani. Pochi minuti dopo il suo arrivo, però, il governatore della Toscana è stato fischiato dai manifestanti, invitandolo ad andarsene. “Al ministro Urso dico: credevo che Mimit stesse per ministero delle Imprese e del Made in Italy e invece sta per ministero dell’immobilismo. Noi facciamo crowdfunding, collette: lo Stato italiano trattiene abbastanza tasse ma non fa nulla”, ha detto Dario Salvetti della Rsu dell’ex Gkn. Sul Fatto di domani vi daremo conto di ciò che sta succedendo e cosa fa arrabbiare i manifestanti. Ma parleremo anche delle ultime crisi aziendali, come quelle in Sardegna alla Portovesme srl e alla Fonderia di San Gavino dove riesplode la protesta dei lavoratori incatenati e accampati sui tetti dopo la fumata nera nella vertenza al ministero delle Imprese. A rischio quasi 1.500 posti.


URANIO IMPOVERITO NELLA EX JUGOSLAVIA, I COMANDI SAPEVANO DELLA PERICOLOSITÀ. L’attacco russo alla città di Bakhmut, nell’Ucraina orientale, è in fase di stallo, soprattutto a causa delle pesanti perdite subite finora da Mosca, sostiene Londra. Mentre da parte ucraina Zelensky, intervistato da un giornale giapponese, dice che “le forze armate non possono ancora lanciare una controffensiva perché mancano le munizioni”. Dal fronte diplomatico c’è da registrare la telefonata tra Erdogan e Putin. Il presidente turco ha ribadito a quello russo la necessità di una “cessazione immediata” del conflitto. Intanto i comandanti delle forze aeree di Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca hanno firmato una lettera d’intenti per creare una difesa aerea nordica unificata volta a contrastare la crescente minaccia della Russia. Sul Fatto di domani racconteremo anche la storia di Abbas Gallyamov, ex autore dei discorsi del presidente Putin, poi consulente e analista politico molto considerato in Russia, oggi ricercato per discredito all'”operazione speciale”. Poi un nuovo capitolo della nostra inchiesta sull’uranio impoverito, promesso dai britannici agli ucraini e su cui si è levato il solito coro di guerrafondai. Tanto che Putin oggi in risposta, ha minacciato il “dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia”. Vedremo che anche durante la guerra nella ex Jugoslavia i comandi militari sapevano della pericolosità del materiale capace di bucare le corazze più resistenti. Anche a livello Nato.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Un punto per la Schlein. Un ampio gruppo di parlamentari “neoulivisti”, che ha sostenuto Bonaccini al congresso Pd, ha deciso di non partecipare alla riunione di oggi con il presidente dem. Si tratta di 20 deputati che dovrebbero passare con la nuova segretaria del Pd. Sul fatto di domani vi racconteremo lo scontro in corso.

Francia, tensione alle stelle. Scontri sempre più violenti al bacino idrico di Sainte-Soline, nell’est della Francia, dove deccine di agenti e 7 manifestanti sono rimasti feriti. Tre veicoli della gendarmeria sono stati incendiati. Polizia attaccata anche dai black-bloc, alcuni con lunghe spranghe di ferro.

Ecco chi era Iannacci. A 10 anni dalla scomparsa del musicista, lo ricordano gli amici di sempre: Abatantuono, Fo, Gaberscik, Ponzoni, Pozzetto, Rossi e Boldi.

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