L’Intervista

Paolo Cognetti: “Non credo nei partiti: al Quirinale vorrei chi fa politica nella società”

Lo scrittore - Si definisce "di formazione anarchica", crede poco alla democrazia rappresentativa e perciò, per il Colle, sogna che "si scelga dalla società civile, non dai partiti".

10 Gennaio 2022

La voce si sente a scatti, colpa di una linea telefonica che va e viene. “Ora va meglio?”. Quando lo chiamiamo per chiedergli che idea si sia fatto della corsa al Quirinale, Paolo Cognetti sta passeggiando in montagna, quell’habitat che attraverso di lui (l’ultimo romanzo è La felicità del lupo, Einaudi, 2021) è ormai familiare pure ai suoi lettori. Si definisce “di formazione anarchica”, Cognetti, crede poco alla democrazia rappresentativa e perciò, per il Colle, vorrebbe che per una volta uscisse un nome estraneo alla carriera parlamentare: “Sogno che si scelga dalla società civile, non dai partiti”.

Paolo Cognetti, il suo è un richiamo all’antipolitica?

Tutt’altro. Io credo nella politica, ma ne ho una concezione diversa: per me si realizza nella partecipazione di ognuno di noi alla vita del posto dove lavora, dove abita e così via. Ho una formazione anarchica molto razionale e consapevole del significato di fare politica: per questo resto tiepido di fronte alle dinamiche del Parlamento e della politica rappresentativa.

Non la interessa?

Non ne ho grande fiducia. Non posso concepire la politica come una professione, per questo anche per il Quirinale mi piacerebbe che venisse fatta una scelta un po’ diversa questa volta.

Cosa intende?

Vorrei che fosse scelta una persona senza una lunga carriera politica alle spalle, qualcuno che non ha avuto bisogno di collezionare incarichi parlamentari. Qualcuno che ha lavorato tanti anni come medico, come giudice, nelle associazioni, insomma che abbia meriti sociali più che politici. L’importanza di stare sul campo. Lo dico senza avere in mente nomi particolari, ma ragionando su un profilo.

Allo stesso modo, c’è chi chiede di eleggere una donna, anche se in pochi si sbilanciano su un nome.

Piacerebbe anche a me, ferma restando la provenienza dalla società civile. Anche senza fare nomi, il tema resta: significherebbe per una volta che la politica compie un salto in avanti rispetto al Paese, contribuendo a superare la concezione retrograda sulle donne nei posti di potere.

Ha l’impressione che su questo sia indietro anche il Paese, oltreché la politica?

Sì, basta vedere quante donne hanno voce sulle prime pagine dei giornali o la percezione che si ha delle donne di potere nell’opinione pubblica, che tende sempre a sminuirle. E invece adesso sarebbe bello stimolare, sfidare questa concezione retrograda.

Perché accada, dovrà sperare che i partiti abbiano la stessa idea.

Infatti probabilmente resterà un sogno: so come funziona e che alla fine il nome verrà fuori dalle solite contrattazioni tra i partiti, che andranno a pescare qualcuno di loro. Sbagliando, perché poi non è un caso se i cittadini si allontanano dalla politica. Anzi, capisco benissimo chi ha poca fiducia nei suoi rappresentanti.

Da qui l’altissima astensione in tutte le ultime elezioni?

Certo, la gente ha poca fiducia nei partiti perché sembra sempre che qualunque decisione sia figlia di una partita a scacchi tra forze politiche estranee alla società. Quando poi le cose cambiano nel mondo reale – penso all’eutanasia, alle coppie di fatto eccetera – allora la politica rincorre per adeguarsi. Come dicevo, l’elezione per il presidente della Repubblica sarebbe l’occasione per anticipare i tempi, invece che inseguirli.

L’impressione è che valga anche per l’ambiente: nessuno ancora si fa carico con credibilità delle istanze verdi.

È incredibile che in Italia non ci sia ancora un partito ambientalista degno di questo nome, con tutto quel che abbiamo da difendere e coi tempi che corrono. È un tema di assoluta urgenza di cui nessuno si fa carico, aspetteremo quando sarà troppo tardi.

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