Promesse (non) mantenute

Approccio troppo timido: le associazioni bocciano il Recovery. Biden supporta la biodiversità. La rassegna internazionale

Gli appunti di Legambiente ed Economia Circolare al Pnrr: non adeguato alla sfida lanciata dalla legge europea sul clima, soltanto 600 milioni dunque per progetti potenzialmente sganciati dalla gestione dei rifiuti. Il presidente americano vuole promuovere progetti di conservazione e ripristino degli habitat naturali, rigorosamente a guida locale. In Francia rivoluzione nei supermercati: il 20% degli scaffali sarà destinato ai prodotti sfusi

11 Maggio 2021

Notizie e denunce

Biden, presentato il piano per la biodiversità “America the beautiful”

Progetti di conservazione e ripristino degli habitat naturali, rigorosamente a guida locale. Più voce in capitolo alle comunità indigene. Attenzione agli aspetti di giustizia climatica. Sono i capisaldi del nuovo piano “America the Beautiful” presentato il 6 maggio dall’amministrazione guidata da Joe Biden per supportare la biodiversità. Il piano spiega quali sono i passi concreti che il paese deve compiere da qui al 2030 per realizzare la promessa che il presidente fece nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca lo scorso gennaio: proteggere almeno il 30% del territorio e delle acque della nazione entro un decennio. Si va dalla creazione di più parchi e opportunità sicure all’aperto nelle comunità “prive di natura”, al sostegno per le priorità di conservazione e rigenerazione guidate dalle comunità indigene, all’espansione della conservazione collaborativa di habitat e corridoi di pesci e fauna selvatica.

Fonte: Rinnovabili.it

Nuovo rinvio della plastic tax al 2022

In attesa di conferme la plastic tax, la cosiddetta tassa sulla plastica – che in realtà più precisamente prevede un’imposta sui manufatti in plastica con singolo impiego, noti come Macsi – è stata prorogata a gennaio 2022. Sarebbe dovuta entrare in funzione dall’1 luglio 2021, così come stabilito dalla Legge di Bilancio. E invece nelle bozze del decreto Sostegni Bis viene sancito un ulteriormente slittamento. Già la Legge di Bilancio 2020 prevedeva l’introduzione della plastic tax, insieme alla sugar tax, la tassa sulle bevande gassate e zuccherate pari a 10 centesimi al litro. Poi però, complice l’arrivo del Covid-19 e per non appesantire le aziende che cominciavano a riscontrare le prime difficoltà a causa del lockdown di marzo 2020, si è deciso di prorogare l’avvio di entrambe. Il decreto Rilancio aveva spostato la partenza all’1 gennaio 2021. A fine dicembre 2020 la Legge di Bilancio 2021, come già detto, ha spostato ulteriormente l’avvio della plastic tax all’1 luglio 2021. Ma fino a quando sarà possibile, senza che l’Europa si faccia sentire?

Fonte: Economiacircolare.com

Pnrr del governo Draghi, ancora debole rispetto agli obiettivi europei

Sono diversi i miglioramenti apportati al Piano nazionale di ripresa e resilienza del nostro Paese elaborato dal governo Draghi. Ma il Pnrr non è pienamente coerente con le politiche europee ispirate al Green Deal e alla transizione ecologica e non è adeguato alle sfide ambiziose che la salute del Pianeta ci impone. Tra le novità positive si rileva lo sviluppo dell’agrivoltaico, la realizzazione di comunità energetiche nei piccoli comuni, una spinta alla produzione di biometano, i progetti di riforestazione urbana e periurbana. Ma il piano non è adeguato alla sfida lanciata con il recente accordo sulla legge sul clima varata dall’Europa. La lotta alla crisi climatica deve essere una priorità trasversale di intervento del Piano – come parità di genere, giovani e Sud – e invece su questo tema cruciale si utilizza un approccio timido e incomprensibile.

Fonte: Legambiente

Nel Recovery plan di Draghi una cura dimagrante per l’economia circolare

Mettendo a fuoco le voci specificamente destinate all’economia circolare, il governo Conte (“Economia circolare e valorizzazione del ciclo integrato dei rifiuti”) attribuiva 3,4 miliardi (1,6% del totale), mentre Draghi-Franco-Cingolani (“Migliorare la capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti e il paradigma dell’economia circolare”) 2,10 (l’1,1% del totale), di cui 1,5 miliardi per “Nuovi impianti di gestione dei rifiuti e ammodernamento dei quelli esistenti”, e 0,6 per “Progetti ‘faro’ di economia circolare”. Soltanto 600 milioni dunque per progetti potenzialmente sganciati dalla gestione dei rifiuti e magari orientati alla prevenzione e all’estensione del ciclo di vita dei prodotti. Il grosso dei fondi va all’impiantistica legata alla gestione dei rifiuti e in generale per l’economia circolare è prevista una dieta dimagrante. Dal Pnrr targato Conte a quello di Draghi il calo è del 38%: più di un terzo. Insomma è evidente che l’economia circolare è tra i campi penalizzati da Draghi, Franco e Cingolani.

Fonte: Economiacircolare.com

Sull’export di armi i governi Ue stanno agendo contro la volontà dei propri cittadini

I cittadini dei principali paesi esportatori di armi dell’Unione europea bocciano le politiche di esportazione dei loro governi. A rivelarlo è il sondaggio d’opinione condotto dal 15 al 19 aprile per Greenpeace dall’istituto di ricerca YouGov tra la popolazione dei quattro maggiori esportatori europei di armi: Germania, Francia, Spagna e Italia. I risultati del sondaggio sono stati resi noti a pochi giorni dall’uscita della nuova relazione governativa sull’export militare italiano, che conferma invece un trend avviato 5 anni fa: i Paesi extra Nato-Ue sono tra i principali destinatari delle nostre armi. Ciò significa che, nonostante la volontà dei cittadini, la maggior parte degli armamenti italiani finisce nelle zone a più alta tensione al mondo: il Nord Africa e il Medio Oriente. Ma la maggioranza degli intervistati ritiene che il proprio governo non tenga sufficientemente conto dei principi morali ed etici quando autorizza l’export militare. In particolare, gli italiani sono quelli più contrari all’export di armi e alle spese militari.

Fonte: Greenpeace

Se i crediti di carbonio sono un pass per inquinare: il caso Eni

Negli ultimi anni Eni ha annunciato di aver siglato accordi per progetti REDD+ in vari Paesi dell’America Latina e dell’Africa, tra cui il Luangwa Community Forests Project (LCFP), in Zambia. I progetti in questione dovrebbero impedire l’emissione di anidride carbonica (CO2) evitando la deforestazione. Il funzionamento dei crediti di carbonio è simile a quello dei titoli azionari, ma invece di quote societarie essi rappresentano il diritto a emettere CO2. Da dove vengono questi crediti? Da progetti di compensazione della CO2, attività di conservazione delle foreste che dovrebbero impedire l’emissione di anidride carbonica, prevenendo la deforestazione. In pratica, acquistando questi titoli sul mercato del carbonio, le società possono affermare di aver compensato un certo volume delle loro emissioni, perché le hanno impedite altrove. Grazie a questa tipologia di progetti, l’Eni è in grado di scrivere nel suo piano di decarbonizzazione che il gas fossile costituirà una parte centrale del proprio business persino oltre il 2050, affermando al contempo che, per quell’anno, la società avrà raggiunto l’obiettivo di emissioni nette zero.

Fonte: Greenpeace

Studi e report

Adesso la Cina emette più gas serra di tutti i paesi Ocse messi insieme

Nel 2019 la Cina ha prodotto per la prima volta più emissioni di gas serra di tutti gli altri paesi con economie avanzate del mondo messi assieme. E ha più che doppiato il secondo paese inquinatore, gli Stati Uniti. Cambia anche il terzo gradino del podio, con l’India che scalza l’Unione Europea. I conti li fa Rhodium Group nel rapporto annuale sulle emissioni globali. Secondo i ricercatori dell’istituto americano, Pechino ha pesato per il 27% delle emissioni globali, conteggiate includendo i 6 gas serra individuati dal protocollo di Kyoto. Washington si è fermata molto più distante, all’11%. La corsa dell’India ha raggiunto quota 6,6%, due decimali in più delle emissioni attribuibili all’UE a 27. Seguono poi Indonesia, Russia, Brasile e Giappone. La Cina ha quasi raggiunto i paesi Ocse anche per emissioni pro capite, nonostante il paese sia il più popoloso al mondo.

Fonte: Rinnovabili.it

Attenti all’idrogeno, ci incatena ai combustibili fossili

L’idrogeno sarà il salvagente per i combustibili fossili in questo decennio. La poderosa accelerazione sul vettore energetico da parte delle maggiori economie mondiali non produrrà risultati apprezzabili da qui al 2030. O almeno, non abbastanza da accelerare la transizione energetica e voltare pagina con una riduzione netta del ruolo dell’oil&gas. L’allarme lo lancia una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica “Nature Climate Change”. Gli autori hanno calcolato che l’uso dell’idrogeno per la mobilità sostenibile (tramite gli e-fuel) e i sistemi di riscaldamento può prolungare artificialmente la dipendenza dalle fossili. Come? Facendo troppo affidamento sulla disponibilità di combustibili basati sull’H2, e quindi su veicoli e sistemi domestici “pronti per l’idrogeno”. Infatti, lo studio sostiene che la disponibilità di combustibili basati sull’idrogeno sarà molto limitata almeno per una decina d’anni. E nel frattempo, il rischio è di non avere alternative e continuare a fare affidamento su petrolio e gas.

Fonte: Rinnovabili.it

Clima, il Carbon Disclosure Project svela l’impatto indiretto della finanza

Le emissioni “indirette” di gas ad effetto serra da parte di banche e compagnie d’assicurazione sono 700 volte superiori a quelle dirette. Il reale impatto climatico dei colossi della finanza, dunque, deve essere misurato prendendo in considerazione – soprattutto – quello legato ai loro portafogli di prestiti e investimenti. A spiegarlo è un rapporto dell’organizzazione non governativa Carbon Disclosure Project, basato sul più grande database esistente in materia. Secondo il documento, “la quasi totalità degli impatti e dei rischi legati ai cambiamenti climatici degli istituti finanziari di tutto il mondo proviene da come e a chi essi decidono di concedere denaro”. Eppure, sono ancora pochissime le realtà che garantiscono trasparenza in questo senso. Appena il 25%, su un totale di 332 istituti che hanno risposto al questionario inviato, ha fornito infatti i dati relativi a tali emissioni indirette.

Fonte: Valori.it

Il raggiungimento degli obiettivi climatici di Parigi è fondamentale per prevenire la disintegrazione delle banchise antartiche

Il riscaldamento climatico spingerà le calotte glaciali dell’Antartide sull’orlo di uno scioglimento irreversibile, anche se le nazioni manterranno i nuovi impegni per ridurre le emissioni di anidride carbonica annunciati durante il vertice sul clima guidato dagli Stati Uniti il mese scorso, secondo due nuovi studi pubblicati su Nature. Gli studi dimostrano che la migliore possibilità di fermare il crollo è quella di raggiungere l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi di limitare il riscaldamento 1,5 gradi Celsius sopra il livello preindustriale. L’alternativa sono millenni di innalzamento del livello del mare che sommergeranno le isole del Pacifico, allagheranno le città costiere e sposteranno milioni di persone in più dalle regioni costi.

Fonte: Insideclimatenews

Secondo l’Onu ridurre le emissioni di metano è il modo più rapido per rallentare il riscaldamento globale

Secondo un nuovo rapporto delle Nazioni Unite, ridurre le emissioni di metano è fondamentale per affrontare la crisi climatica e frenare rapidamente le condizioni meteorologiche estreme che già colpiscono le persone in tutto il mondo. Il rapporto ha rilevato che le emissioni di metano potrebbero essere quasi dimezzate entro il 2030 utilizzando la tecnologia esistente e a costi ragionevoli. Il raggiungimento dei tagli eviterebbe quasi lo 0,3°C di riscaldamento globale entro il 2045 e manterrebbe il mondo sulla buona strada per l’obiettivo dell’accordo di Parigi sul clima di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C. I tagli del metano inoltre riducono immediatamente l’inquinamento atmosferico e impedirebbero molte morti premature e la perdita dei raccolti.

Fonte: The Guardian

Buone notizie e pratiche

Xylella: in Salento un’associazione ripianta la foresta sradicata dalla monocoltura dell’ulivo

Un anno fa è nata Manu Manu Riforesta!, che punta a rinfoltire gradualmente le chiome della flora salentina, riportandone l’ombra sui suoli. Composta da cittadini, ricercatori, biologi e artisti, l’associazione ha una missione ben precisa: reintrodurre quelle piante e specie arboree autoctone che negli ultimi centocinquanta anni sono state eradicate per lasciar spazio alla coltivazione che domina il paesaggio salentino: l’ulivo. L’attività dell’associazione si colloca in uno scenario problematico, dove ai molti terreni abbandonati si alternano gli uliveti colpiti dal Complesso del disseccamento rapido degli olivi (Codiro). Poco più di un secolo fa in Salento c’erano boschi e pascoli che nascondevano al proprio interno una varietà molto maggiore di specie vegetali. L’associazione nasce proprio per provare a ricreare la biodiversità di un’agroforesta e ripristinare la coesistenza di specie boschive, frutteti e macchia mediterranea.

Fonte: La Nuova Ecologia

Centocelle, Roma: l’economia circolare di quartiere fa risparmiare 160 tonnellate di CO2 all’anno

Il progetto “Centocè”, realizzato da Enea in collaborazione con l’Università Luiss Guido Carli e il movimento Transition Italia, ha permesso di sperimentare le buone pratiche di scambio, riuso e condivisione all’interno del quartiere romano di Centocelle, grazie al coinvolgimento degli abitanti della zona in numerose attività di lotta allo spreco. Sono state individuate 14 azioni di economia circolare già presenti sul territorio che secondo le stime di Enea fanno già risparmiare al quartiere oltre 160 tonnellate di CO2 all’anno. Gli orti urbani e le attività a “chilometro zero” come i gruppi di acquisto, le case dell’acqua e i ristoranti che utilizzano i prodotti locali riducono, infatti, di circa l’80% il livello di emissioni di CO2, attraverso una diminuzione delle fasi di lavorazione, trasporto e distribuzione del cibo.

Fonte: Economiacircolare

La rivoluzione green dei supermercati francesi: il 20% degli scaffali sarà destinato ai prodotti sfusi

Un quinto degli scaffali dei supermercati francesi sarà destinato esclusivamente ai prodotti sfusi. È quanto delineato da una proposta di legge voluta dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron che promette una rivoluzione green all’interno della grande distribuzione d’Oltralpe. Le nuove misure, che mirano a ridurre imballaggi e rifiuti di plastica per incentivare l’acquisto di prodotti “alla spina”, interesserà tutti i punti vendita alimentari con una superficie di oltre 400mq. Questi store, se la legge ora al vaglio del Senato diventerà definitiva, dovranno dedicare il 20 per cento dei loro scaffali a prodotti sfusi, acquistabili dai clienti solo all’interno di contenitori propri e riutilizzabili.

Fonte: Economiacircolare

Ti potrebbero interessare

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.