Lettera da Parigi

Covid: gli esperti bocciano Macron, che ora prova (almeno) a salvare il Natale

Mercoledì sera il presidente ha annunciato il coprifuoco serale  per le prossime settimane,  nella capitale e nelle altre otto città di "allerta massima". Ma gli esperti di una commissione da lui stesso nominata hanno analizzato la sua gestione: bene l'economia, ma mancanza di anticipazione, preparazione e gestione della crisi. Fallimentari, inoltre, la politica dei test, la disorganizzazione e la mancanza di dialogo tra le diverse agenzie sanitarie locali e a livello interministeriale

Di Luana De Micco
16 Ottobre 2020

Oggi vi parlerò solo di Covid. Ecco come stanno le cose.

Dalla mezzanotte di oggi, Parigi vivrà al ritmo del coprifuoco. Ristoranti, teatri, cinema, supermercati, dovranno chiudere i battenti alle 21. A quell’ora i parigini saranno rientrati a casa e non potranno riuscire prima delle sei del mattino. C’è chi andrà a cena alle 18 per spezzare il ritmo “metro, boulot, dodo” (“metro, lavoro, nanna”) che impone la crisi. E questo per le prossime quattro settimane, che potrebbero diventare sei. Macron lo ha annunciato mercoledì sera in un’intervista tv durata 44 minuti esatti (perché poi c’era la diretta della partita Francia-Croazia) e seguita da quasi 21 milioni di persone. La misura non riguarda solo Parigi ma anche le altre otto città che, come la capitale, sono in “zona di allerta massima” da fine settembre, quindi Marsiglia, Aix-en-Provence, Lille, Lione, Tolosa, Grenoble, Saint-Etienne e Rouen. Occorre salvare il Natale. I parigini non sono stati colpiti di sorpresa. La voce del coprifuoco imminente correva da diverse ore. Qualcuno aveva ipotizzato che Macron avrebbe parlato di “confinement nocturne”, una formula per dire senza dire. Ma alla fine il presidente del “Nous sommes en guerre” di marzo ha preferito conservare il suo linguaggio bellicoso e parlare apertamente di “couvre-feu”. Tanto vale dire le cose come stanno anche perché la poca trasparenza, le ambiguità del linguaggio e le contraddizioni finora non hanno aiutato il governo francese a lottare contro il Covid. Lo scorso 2 giugno, giorno in cui i bar e i ristoranti riaprivano dopo due mesi di lockdown, Macron aveva scritto in un twitt: “Le retour des jours heureux”. Ed ora bisogna ricorrere al coprifuoco.

“Il virus uccide, ma è tutto sotto controllo”, ha assicurato Macron, ricordando che la metà delle persone ricoverate in Francia hanno meno di 65 anni. Il virus insomma ci riguarda tutti, anche i giovani: “È dura avere 20 anni nel 2020. Non starò a dare loro lezioni”, ha aggiunto, ma basta faire la fête. La settimana scorsa sono risultate positive al Covid quasi 80 mila persone in Francia, un record. I contagi quotidiani superano di nuovo i ventimila in 24 ore e più di cento persone muoiono ogni giorno. Le vittime del Covid in Francia sono ormai più di 33 mila. Oltre 1.600 malati sono ricoverati in terapia intensiva. A Parigi il 46% dei letti in terapia intensiva sono occupati da malati Covid. Se l’affluenza di malati non cala neanche con il coprifuoco i primi di novembre gli ospedali saranno saturi. E rispetto a marzo, oggi il personale medico è stanco. Si può essere eroi due volte in poco tempo? Non c’è neanche abbastanza personale. Gli ospedali di Parigi cercano di assumere 500 infermieri da fine settembre ma mancano candidati. In un recente sondaggio, reso noto da Le Parisien, quasi il 40% degli infermieri ha detto di voler cambiare lavoro. A Nantes si è scoperto che degli ospedalieri continuavano a lavorare al pronto soccorso e in reparto anche se positivi al Covid perché non ci sono colleghi per sostituirli (la cosa è legale in Francia: la legge in casi di emergenza, anche se i sindacati sono contrari). A Marsiglia, la prima città francese a entrare in allerta massima, si teme “un’ecatombe” dopo che tre cluster sono stati registrati in tre ospedali della città con pazienti e infermieri ammalati. Ieri medici, infermieri e ospedalieri sono tornati a manifestare come hanno iniziato a fare già più di un anno fa, molto prima del Covid. Già all’epoca reclamavano più letti, più mezzi e più personale per non far morire l’ospedale pubblico. E poi è arrivata l’epidemia. Il 21 luglio scorso il ministro della salute Véran aveva promesso aumenti degli stipendi, quattromila letti supplementari e 15 mila assunzioni. Misure giudicate insufficienti dai sindacati: “Basta promesse, vogliamo fatti”.

Cosa è andato storto in Francia? Ci siamo già posti questa domanda tentando sulle nostre pagine di dare delle risposte al fiasco della strategia di Parigi nella lotta al Covid. In questo senso fornisce ora qualche elemento anche il primo rapporto, reso noto un paio di giorni fa, della “missione indipendente”, composta da cinque membri, tra cui economisti e medici, a cui Macron il 25 giugno scorso aveva affidato il compito di stilare un bilancio della gestione della crisi sanitaria da parte dell’esecutivo. Il rapporto è molto severo con il presidente e i suoi ministri. Secondo gli esperti, se sul piano economico la risposta del governo è stata adeguata, e se gli ospedali “hanno resistito” all’ondata dei malati, molte sono state le falle strutturali e gli errori strategici commessi: “Constatiamo una mancanza di anticipazione, di preparazione e di gestione della crisi” hanno scritto. In particolare sono state sottolineate la politica dei test fallimentare, la disorganizzazione e la mancanza di dialogo tra le diverse agenzie sanitarie locali e a livello interministeriale, i tanti problemi logistici e di fornitura dei dispositivi medici e la pesantezza dell’amministrazione.

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