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Corruzione, le tangenti alla francese: un milione per perdere l’appalto. E poi aragoste e politici corrotti a Parigi. Su Fq MillunniuM in edicola

Da sabato 10 agosto sul mensile diretto da Peter Gomez la storia di un appalto milionario, che ha tutte le caratteristiche per essere truccato e lascia ipotizzare l’esistenza di un sistema illecito all’ombra della Tour Eiffel. E poi la lista delle accuse di mazzette dei politici e della classe dirigente francese. Un fenomeno, quello della corruzione, che è recentemente esploso anche nel Paese Transalpino. Non è un caso che una delle scritte lasciate dai gilet gialli sui muri di Parigi reciti: “Abbiamo tagliato teste per molto meno”

Di Martina Castigliani e Giuseppe Pipitone
9 Agosto 2019

Gli hanno offerto un pot-de-vin, un bicchiere di vino, per smetterla di foutre le bordel, di fare casino. Lui, però, ha rifiutato: e ha fatto saltare un affare da 350 milioni di euro. Quel bicchiere di vino che hanno offerto all’imprenditore italiano Marco Schiavio, infatti, non aveva niente a che vedere con l’alcol: è il termine con cui a Parigi si riferiscono a una mazzetta. È la storia di una tangente alla francese quella raccontata dal numero di Fq Millennium, in edicola da domani, sabato 10 agosto.

Il mensile diretto da Peter Gomez ricostruisce la vicenda di un appalto milionario, che ha tutte le caratteristiche per essere truccato e lascia ipotizzare l’esistenza di un sistema illecito. Milioni di soldi pubblici divisi tra poche grosse aziende, sempre le stesse, che si accordano per spartirsi le gare. Con la politica che – nella migliore delle ipotesi – sta a guardare. Un ingranaggio perfetto all’ombra della Tour Eiffel, che però si è inceppato grazie a Schiavio.

Per anni l’imprenditore milanese ha cercato d’inserire l’azienda di famiglia, la Passavant Impianti, nel giro di appalti del Siaap, il servizio per la bonifica delle acque di Parigi. È un ente pubblico, controllato dalla politica, che gestisce ogni giorno i rubinetti e gli scarichi di nove milioni di persone. È il Siaap che tratta le acque dei parigini prima che siano riversate nella Senna, e per farlo nel migliore dei modi bandisce appalti per costruire impianti di depurazione all’avanguardia. Un business che vale ogni anno un miliardo e trecento milioni di euro: una fortuna.

Ed è per aggiudicarsi un pezzetto di quella fortuna, che nel 2014 Schiavio riesce a partecipare all’appalto per un impianto a Clichy. Solo che quella gara doveva essere vinta da qualcun altro. “Signor Schiavio, lei deve aumentare la sua offerta di cento milioni di euro. In cambio le daremo un milione”, è quello che gli propone Patrick Barbalat, direttore generale aggiunto della Otv, una società controllata di Veolia: è l’azienda leader mondiale nel settore della depurazione delle acque. È solo la prima mazzetta alla francese nella vita di Schiavio: negli anni successivi, infatti, manager di primo livello e politici vicini all’ex presidente Nicolas Sarkozy gli propongono denaro per lasciar perdere le gare del Siaap.

Proposte sempre rifiutate dall’imprenditore italiano, che nel frattempo si è munito di una penna cimice per registrare quelle offerte: audio depositati agli atti della magistratura transalpina, che da anni indaga sugli appalti del Siaap. D’altra parte che quell’appalto per Clichy – nel frattempo vinto da Otv, nonostante un’offerta superiore di 71 milioni rispetto a quella di Passavant – sia irregolare lo ha stabilito di recente il tribunale amministrativo di Cergy Pontoise, che nel 2019 ne ha decretato la rescissione: in quella gara il Siaap ha violato l’obbligo d’imparzialità. Quella che coinvolge Schiavio, però, non è l’unica storia di corruzione all’ombra della Tour Eiffel. Fq Millennium, infatti, ricostruisce come il fenomeno riguardi anche direttamente i politici e la classe dirigente francese.

La lista delle accuse è lunga: cene a base di aragoste, cabine armadio rifatte con i soldi pubblici, ministri con i conti all’estero per evadere il fisco e presidenti che cercano di corrompere giudici. Spesso non al di sopra di ogni sospetto: la Corte europea dei diritti dell’uomo, infatti, per tre volte ha condannato la Francia definendo i procuratori “non indipendenti” perché sottomessi al governo.

“Il tema da noi era tabù, si è sempre pensato che i problemi fossero a casa degli altri. Per i cittadini è difficile rendersene conto perché sono infrazioni commesse da politici e imprese in ambiti di potere e non sono visibili”, dice Charles Duchaine, magistrato a capo dell’Agenzia francese anticorruzione. Ma gli ultimi scandali cominciano a fare molto rumore, anche in Francia. Non è un caso che una delle scritte lasciate dai gilet gialli sui muri di Parigi reciti: “Abbiamo tagliato teste per molto meno”.

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