Da record

Concorso Dogane, tre minuti per correggere una prova: “Vi racconto come abbiamo contraffatto la Gazzetta ufficiale”

Agli atti - L’accusa dei pm: “Così hanno copiato nella prova scritta”. Un indagato: “Vi racconto come abbiamo contraffatto la Gazzetta ufficiale”

20 Dicembre 2017

Due minuti e 42 secondi per correggere una prova scritta, tre minuti e 22 secondi per un’altra. Tempi record sarebbero stati impiegati per correggere i compiti di chi aveva partecipato a un concorso dell’Agenzia delle Dogane svolto nel 2013 per 69 dirigenti di seconda fascia. Chi fa le pulci – scoprendo anche le prove copiate – è un agente di polizia giudiziaria dell’ente stesso in un’informativa mandata in Procura.

Il pm Mario Palazzi solo pochi giorni fa ha chiuso l’indagine (atto che di norma prelude a una richiesta di rinvio a giudizio) per 12 persone tra cui alcuni componenti della commissione che ha corretto i compiti, funzionari e partecipanti al concorso. Sono accusate, a vario di titolo, di truffa, rivelazione di segreto d’ufficio e violazione di una legge del 1925, la numero 475, che punisce chi copia durante i concorsi pubblici. Tra gli indagati, ma per abuso d’ufficio, all’inizio c’era anche l’ex direttore generale, Giuseppe Peleggi: è stata poi la stessa Procura a richiedere l’archiviazione perché non vi sono prove di un suo coinvolgimento.

Secondo il magistrato invece ci sono elementi per ritenere che il concorso, indetto nel 2011 e ora sospeso fino a febbraio dal Consiglio di Stato, sia stato truccato: sono stati trovati alcuni numeri della Gazzetta Ufficiale, testo ammesso alla prova scritta, con all’interno i temi precompilati.

E c’è chi ha ammesso tutto davanti ai pm. Come un indagato che il 6 luglio 2016 ha raccontato come sono state taroccate le Gazzette. Ha spiegato che un collega che era nella segreteria generale dell’ex direttore dell’Agenzia “mi ha inviato dei file contenenti una quindicina di testi riproducenti argomenti che, a sua detta, potevano uscire durante le prove scritte e mi ha chiesto di formattare tali temi rendendoli omogenei graficamente ai testi nei quali dovevano essere inseriti (…) Ho formattato il tutto e gliel’ho inviato”. Quei testi sono gli stessi della prova scritta. “Il giorno prima dell’esame”, continua il racconto, il collega “mi ha consegnato una copia della Gazzetta Ufficiale e una del Regolamento Cee 2454/93 con all’interno, al posto dei testi originali, i temi che mi aveva inviato”. In un capitolo dell’informativa dell’11 maggio 2016, scritta dalla polizia giudiziaria dell’ente e finita sul tavolo dei pm, si fa riferimento ai tempi di correzione dei compiti: “Partono da 36 minuti della prima giornata – è scritto – per diminuire già a 12 nella seconda” e arrivare a “una media di tre minuti a compito”.

Chi ha redatto l’informativa fa anche una prova: legge velocemente alcuni compiti per capire quanto tempo si impiega. La media è di 7 minuti e mezzo senza però fare mai una pausa. Eppure il 26 ottobre 2013, secondo l’informativa, ci sarebbero volute 9 ore e mezza per leggere 80 elaborati: 3 minuti e 22 secondi a compito. Nell’informativa è anche scritto che uno dei componenti della commissione il 9 maggio 2014 era tra gli invitati di un evento a Udine: “Dal verbale della commissione del 9 maggio sembrerebbe certo però che fosse a Roma a correggere i compiti”.

Chi ha dato il via all’inchiesta romana è stata Claudia Giachetti, dirigente sindacale e vicesegretario provinciale di Dirpubblica, la Federazione del Pubblico Impiego, che mesi fa ha rilasciato un’intervista a Report durante la quale ha parlato del concorso truccato. Poi ha anche denunciato in Procura le discriminazioni subìte sul lavoro dopo aver fatto ricorso al Tar per il concorso.

Per tutta risposta, l’ente ha avviato contro di lei un’azione disciplinare. Il 17 dicembre, la Giachetti è intervenuta al Consiglio nazionale di Dirpubblica (il video è pubblicato su ilfattoquotidiano.it). È commossa: “La parola whistleblower (ossia chi denuncia casi di corruzione e malaffare nei luoghi di lavoro, ndr) – dice – per chi denuncia si traduce con sofferenza, disperazione, angoscia, (…) ingiustizie quotidiane sul posto di lavoro. (…) Io ho scelto di denunciare senza nascondermi e da allora sono stata perseguitata (…) Non avete idea del dolore che ho provato a rendermi conto che istituzioni come l’Anac, la Presidenza del Consiglio, l’ispettorato della funzione pubblica sono rimasti indifferenti”.

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