Il caso

Beppe Vessicchio, sonata contro la Rai: “Non pagano i miei diritti”

Il Maestro spiega la sua “autoesclusione” dal Festival

Di Stefano Mannucci
7 Febbraio 2017

Il Maestro le suona alla Rai. Altro che #uscitevessicchio, come nell’hashtag che furoreggiava l’anno scorso. Stavolta andrà a Sanremo solo per promuovere il suo nuovo cd (composizioni da camera) e l’autobiografia La musica fa crescere i pomodori, edita da Rizzoli. Ma niente partecipazioni alle trasmissioni satellite del Festival: ha detto no, con rammarico, alla Gialappa’s (“avevamo anche pensato allo sketch di un ortaggio che si gonfiava ogni volta che sentiva le giuste armonie”), a La vita in diretta e al resto del cucuzzaro. Non avendo impegni con i concorrenti – Conti aveva scartato due artisti che avrebbero avuto la conduzione di Vessicchio – non impugnerà la bacchetta.

Ma se mi vorranno ancora, in nome dell’amicizia che mi lega a Carlo e Maria, accetterò di comparire venerdì in prima fila all’Ariston, dove di solito sedevo nell’attesa del mio turno, per un saluto, rigorosamente muto”. Beppe è ben consapevole che Conti e De Filippi non c’entrano nulla con il polverone che sta per sollevarsi in direzione di Viale Mazzini. “Mai più nelle trasmissioni Rai, a meno che le mie domande non abbiano risposte”. E le “domande” sono spinosissime: con una raccomandata del 30 settembre scorso, Vessicchio – che aveva già formalmente chiesto la diffida e la messa in mora nei confronti di RaiCom (la società che gestisce le spettanze per gli artisti) per “l’indebita proprietà” della registrazione della sigla, intitolata Margherita, pubblicata e commercializzata – ha interpellato la Rai per sapere chi avesse riscosso tutti i diritti connessi, spettanti al proprietario del master, di quella e di tutte le altre musiche sempre registrate su supporti di sua proprietà trasmesse per le stagioni del La Prova del cuoco in onda fra il 2003 e il 2012.

I diritti connessi sono quelli appunto legati alla proprietà (che è di Vessicchio) del master di queste musiche, mentre l’utilizzatore è la Rai. Balla una cifra con diversi zeri. Che fine hanno fatto quei soldi, si chiede il Maestro? “Sono garantista, credo nella buona fede altrui. Sono stati forse versati erroneamente a qualcun altro? Sono rimasti nelle casse Rai? Li ha incassati RaiTrade come ha fatto con la sigla? Sono stati messi a bilancio? Questi proventi, peraltro non irrilevanti, sarebbero un diritto che spetta solo a me”. Bonariamente, come nella sua natura, ha chiesto a lungo spiegazioni, sbattendo contro un muro di indifferenza: l’anno scorso, sempre a Sanremo, “dove senza compenso andai al La Vita in Diretta”, parlò della questione con un dirigente di RaiCom, che gli disse: “Vedrà che il maltolto le sarà restituito”. Ma i mesi sono passati, e alla fine il musicista, quattro volte “vincitore” del Festival come direttore e arrangiatore, afferma che si sentirà costretto a ricorrere all’avvocato. “Detesto le carte bollate”, giura, “perché credo nella correttezza delle affermazioni fondate di un cittadino”. I contatti con l’azienda si sono rivelati sempre infruttuosi: “l’ultimo tentativo di ricomporre l’incidente l’ho fatto venerdì scorso. Sono andato da solo a Viale Mazzini e sono stato ricevuto cordialmente all’ufficio legale della Rai. La mia pratica esisteva! L’hanno subito trovata, segno che non l’avevano smarrita. Ho chiesto un segnale… anche flebile. Ho atteso fino a ora. Ma anche stavolta niente, neanche un ‘attendere prego’. Dov’è l’incaglio? Non mi resta altro che, con dispiacere, auto-oscurarmi dalle trasmissioni della tv di Stato”.

C’è poi un altro elemento dei rapporti tra compositori e Rai che secondo Vessicchio va approfondito: “Quando scelsero Margherita come sigla e le altre mie musiche per il programma, i dirigenti dell’epoca mi chiesero di cedere gratuitamente alle edizioni Rai il 50% dei diritti d’autore. È una ‘prassi verbale’ consolidata. Questo significa che loro intascano diritti senza spendere un euro per realizzarli ne per, che ne so, stamparle su carta: una volta l’editore promuoveva e vendeva l’opera dell’ingegno. Questo per il compositore è un danno doppio, perché perde queste quote mentre cedendole a editori diversi dalla Rai potrebbe incamerare un equo introito contrattuale e soprattutto essere assistito. Questo è il punto: la mancanza del loro impegno a fronte della quota ceduta. Tra l’altro, cosa normale, le mie musiche sono state sostituite da altre edite sempre da loro e di altri compositori, ma i programmatori lasciano 10 secondi della mia vecchia sigla che fa da richiamo alla storicità della trasmissione. Dieci secondi di mortificazione che neanche RaiCom, quando l’ho sottolineato, sapeva spiegarsi. Da quando l’ho fatto presente questo editore è stato così protettivo della mia (e della sua) opera da lasciare che le cose siano ancora così. Riguardo questo consolidato abuso di posizione dominante esisterebbero due circolari interne di Viale Mazzini, e la Siae ne è a conoscenza, che sollecitano i programmisti Rai a utilizzare il 100 per cento di materiale di cui possiedono diritti escludendo tutti gli altri editori. Non sono un giurista ma mi chiedo: È costituzionale tutto ciò? Forse sì ma l’atteggiamento un po’ monopolista mi sembra voglia farsi beffe dei libero mercato”. Quesiti scomodi: il Maestro si attende risposte prima di tornare a dedicarsi alla musica “che fa crescere le piante e ci mette in equilibrio con la natura. Spero, intanto, che il mio silenzio possa essere ascoltato. Con il rispetto che mi si deve”.

Ti potrebbero interessare

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.