Meloni ci casca e si confessa con due comici russi: “L’Ucraina ci ha stancato”. L’esercito di Bibi accerchia Gaza City

Di FQ Extra
2 Novembre 2023

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PRONTO, C’È GIORGIA? LO “SCHERZO TELEFONICO” DEL DUO DI COMICI “PATRIOTI” RUSSI SVELA L’IPOCRISIA DI MELONI SU UCRAINA E UE. “La controffensiva ucraina forse non sta andando come si aspettavano. C’è stanchezza da tutte le parti sul conflitto”. A dirlo non è un analista della corrente pragmatica alla Henry Kissinger, né tantomeno Alessandro Orsini. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, in una telefonata registrata a sua insaputa da una coppia di comici russi che è riuscita a farsi passare la premier italiana fingendosi (con perfetto accento) un leader africano. Meloni pensava di parlare con il presidente della Commissione dell’Unione Africana, il ciadiano Moussa Faki, e invece è stata vittima di una telefonata “fake” organizzata da Vovan e Lexus, al secolo Vladimir Kuznetsov e Alexey Stolyarov. L’episodio risale al 18 settembre, prima dell’Assemblea Generale dell’Onu e prima dello scoppio della guerra a Gaza. Il duo russo è diventato famoso negli ultimi anni per aver ingannato molti leader occidentali, strappando loro dichiarazioni scomode: era già capitato al primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, al ministro degli Esteri della Danimarca, allo stesso ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, al premier canadese Justin Trudeau (allora si erano finti Greta Thunberg) e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Palazzo Chigi ha riconosciuto stamattina di essere caduto nella trappola: il primo responsabile è l’ufficio del consigliere diplomatico della premier, prima ancora di Meloni. L’episodio solleva dubbi sugli agganci dei due comici, apertamente sostenitori di Vladimir Putin e secondo molti media sostenuti dai servizi russi (che gli procurano i numeri dei leader mondiali). Dalla telefonata emergono anche giudizi negativi su Macron e sulla politica migratoria Ue, circostanza che mette in imbarazzo l’Italia con gli alleati europei. Ma ancora di più emerge il caso politico dell’ipocrisia di un pensiero politico sulla guerra in Ucraina che la premier pubblicamente non sostiene, anzi attacca in modo aperto come tesi che prestano il fianco alla propaganda russa. Sul Fatto di domani approfondiremo questo caso e vedremo che impatto ha avuto dietro le quinte della maggioranza.


IN UCRAINA C’È ANCORA LA GUERRA (E LA RUSSIA È AVANZATA): IL PUNTO SU OFFENSIVA E CONTROFFENSIVA. La cronaca politica nostrana ci porta a fare il punto su una guerra che è passata in secondo piano nelle cronache nazionali e internazionali, ma nonostante questo continua con il suo bilancio sanguinoso. È la guerra in Ucraina. Proprio ieri Meloni ha incontrato l’arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk, Capo e Padre della Chiesa greco-cattolica ucraina, con cui ha parlato del sostegno umanitario ai rifugiati. Sul terreno, le forze ucraine hanno dovuto far fronte negli ultimi giorni a una significativa offensiva russa, con bombardamenti e attacchi di terra. Gli scontri si concentrano soprattutto nel Donetsk, sul fronte nord, in particolare ad Avdiivka, città tra le più fortificate, dove l’esercito di Putin ha guadagnato posizioni. Per fermare gli occupanti Kiev ha dovuto richiamare un battaglione schierato a sud per la controffensiva. Le forniture militari a Putin non mancano: l’intelligence sudcoreana ritiene che la Corea del Nord stia per consegnare a Mosca una maxi fornitura di oltre un milione di proiettili di artiglieria. Ma il fulcro del conflitto si confermano essere i droni, da un lato e dall’altro, anche per il loro innegabile vantaggio economico: con un pezzo da meno di 1000 dollari ben guidato si può distruggere un carro armato che costa milioni. L’intelligence britannica ha segnalato che i piccoli droni russi Lancet sono diventati una delle armi più efficaci che Mosca abbia messo in campo in Ucraina negli ultimi 12 mesi. Sul Fatto di domani leggerete un nuovo reportage dal fronte.


ISRAELE-GAZA, HAMAS: “OSTAGGI LIBERI SOLO SE TEL AVIV CONCEDE LA TREGUA”. L’IDF: “SIAMO ALLE PORTE DI GAZA CITY”. 320 CIVILI ESCONO DAL VALICO DI RAFAH, CI SONO ANCHE QUATTRO ITALIANI. Quattro volontari italiani che lavoravano con Ong internazionali nella Striscia sono riusciti ad uscire dal valico di Rafah e si trovano in Egitto. A confermarlo il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. In tutto sono 320 le persone con passaporto straniero che oggi hanno lasciato la zona di guerra. Il rilascio degli ostaggi presi da Hamas, invece, è più complicato: è necessario “un cessate il fuoco”, secondo Ismail Haniyeh, il capo del movimento islamico, aggiungendo che questa condizione è ben nota a chi conduce i negoziati. Il premier israeliano Netanyahu ha già detto che la tregua non è una opzione; servirebbe solo agli estremisti per fortificare le proprie difese, ora che l’Idf sta dando battaglia in tre punti e il generale Itzik Cohen annuncia: “Siamo alle porte di Gaza City”. Che gli scontri siano feroci lo dimostra anche il numero dei soldati uccisi, al momento 16 come conferma la Radio Militare dell’Idf; 13 facevano parte della brigata di fanteria Givati. Perdite che – secondo il ministro della Difesa, Gallant – non faranno arretrare lo Stato Ebraico dalla risposta al raid di Hamas del 7 ottobre, che ha provocato 1.400 morti, con 240 ostaggi catturati dai fondamentalisti. Dopo il bombardamento su Jabalya di ieri, l’artiglieria israeliana ha colpito anche oggi; gli islamici affermano che tra le vittime ci sono anche tre ostaggi, ma la situazione è tale che non è possibile trovare più fonti che confermino queste notizie. Al confine con il Libano continua lo scambio di colpi con Hezbollah e in Cisgiordania sono stati presi 46 palestinesi ricercati, di cui 30, secondo le informazioni rilasciate da Tel Aviv, sono operativi di Hamas. Dall’inizio del conflitto, sono 1.180 le persone arrestate, di cui 740 affiliate al movimento islamico. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari sulla giornata, un focus di Fabio Scuto sul pericolo per Israele della guerra urbana a Gaza City, in base alle esperienze degli americani in Iraq, a Mosul e Falluja, e i due diari: Manuela Dviri da Tel Aviv e Aya Ashour da Gaza.


21 MILITANTI DI CASAPOUND ARRESTATI IN GRECIA PER UN RADUNO NEONAZISTA. IN EUROPA AUMENTANO I RIGURGITI ANTISEMITI. C’è anche il leader Gianluca Iannone, tra i neofascisti di Casapound arrestati ieri sera all’aeroporto di Atene Eleftherios Venizelos. Secondo il sito Kathimerini, gli esponenti dell’estrema destra erano giunti nella capitale greca per partecipare alla commemorazione di due neonazisti di Alba dorata (il partito sciolto nel 2020) uccisi il 1° novembre 2013 a colpi di arma da fuoco. Il raduno neofascista avrebbe dovuto svolgersi oggi pomeriggio a nord della capitale, nel sobborgo Neo Iraklio, organizzato dai movimenti estremisti Hellenic Front e Athens Autonomous. Per scongiurare violenze, le autorità hanno vietato ogni presidio, incluso quello organizzato (nella stessa piazza) dai movimenti di sinistra. Intanto, i 21 militanti di Casapound attendono in questura le procedure per l’espulsione. Mentre in Italia si manifestano i sintomi dell’antisemitismo: in due giorni, a Roma nel rione Trastevere, sono state vandalizzate 4 pietre d’inciampo. Sono le targhe in ottone davanti alle abitazioni delle persone deportate o uccise durante il nazismo (in Europa se ne contano circa 70 mila). Oggi sono state oltraggiate le pietre dedicate ai deportati Eugenio e Giacomo Spizzichino, in via Mameli 47. 24 ore fa, quelle per commemorare Michele Ezio Spizzichino e Amedeo Spagnoletto. Rigurgiti antisemiti sono avvenuti anche in Austria e Francia. Ieri notte, un incendio è stato appiccato nella sezione ebraica del cimitero centrale di Vienna con svastiche disegnate sui muri. In Austria, gli episodi d’intolleranza sono aumentati del 300%, dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas. In Francia, stelle di David sono state dipinte sulle facciate di alcune abitazioni e banche parigine. Dopo il 7 ottobre si contano più di 850 episodi di antisemitismo, Oltralpe. Neppure l’Inghilterra è immune, con 89 incidenti antisemiti, solo nei quattro giorni successivi all’inizio delle ostilità. A Londra, dal 7 al 18 ottobre si sono verificati 218 episodi. In Germania, la crescita è del 240%.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Caivano, infiltrazione dei clan in Comune: 18 arresti. A Caivano (comune già sciolto per mafia), se volevi lavorare, dovevi pagare. L’appalto, truccato, te lo facevano vincere pagando il 10%. Amministratori e dirigenti comunali infedeli segnalavano i nomi dei vincitori ai clan della zona. Ne ricevevano in cambio, regali e sostegni. Oggi i carabinieri hanno arrestato 18 persone.

Sgarbi querela il Fatto. Attraverso il suo avvocato, il sottosegretario alla cultura ha fatto sapere di aver presentato un esposto “contro la sistematica opera di diffamazione del giornale che oramai da 8 giorni pubblica ricostruzioni infondate, menzogne e gravi illazioni sul suo operato e quello dei suoi collaboratori”. Sul giornale di domani leggerete (ancora una volta) le nostre ragioni.

Caporalato, sotto i riflettori l’azienda di vigilanza che lavora in Tribunale. La Procura di Milano ha disposto il “controllo giudiziario” per sfruttamento del lavoro sottopagato per due società di servizi di vigilanza privata, tra cui la All System spa, le cui guardie giurate lavorano anche negli accessi del Palazzo di Giustizia milanese.


OGGI LA NEWSLETTER A PAROLE NOSTRE

Educazione sessuale, Ascari (M5S): “Va insegnata a scuola, in casa è tabù. O i ragazzi imparano dai porno”

di Luca De Carolis

Per un leghista, all’anagrafe Rossano Sasso, quella proposta di legge è niente meno che “una porcheria, una nefandezza” e giovedì lo ha urlato da un microfono in aula, alla Camera. Abbastanza per provocare la reazione delle opposizioni e anche la presa di distanza del presidente della commissione Giustizia, Ciro Maschio (FdI): “Parole fuori luogo e fuori contesto”. Tanto ha scatenato la proposta di legge per “l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale” nelle scuole elementari e medie e nei corsi di studio universitari, che ha come prima firmataria Stefania Ascari, capogruppo dei Cinque Stelle in commissione Antimafia e in quella sul femminicidio. “La proposta di legge nasce dall’ascolto, ovvero dai colloqui con studenti e insegnanti nelle tante scuole che ho visitato in questi anni, concordi nel chiedere un provvedimento come questo” assicura Ascari, 43 anni, emiliana, avvocata. La sua pdl, presentata come emendamento al disegno di legge sulla violenza contro le donne, è caduta nel voto in aula. “Ma Maschio ha assunto l’impegno di lavorare a una proposta sul tema, e noi insisteremo” spiega la 5Stelle. Nell’attesa, racconta ragioni e dettagli del testo.

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