Battaglie

Agire per il clima significa anche combattere la fame nel mondo

Orizzonti e strategie - Entro il 2040, come diretta conseguenza dell’attuale crisi, i rendimenti globali delle colture potrebbero diminuire del 50%. Secondo la Banca Mondiale, se non si interviene, 143 milioni di persone potrebbero diventare rifugiati climatici entro il 2050

Di Azione contro la Fame
29 Agosto 2022

I disastri naturali sono sempre più frequenti, ne abbiamo avuto un’amara conferma in questi ultimi mesi estivi. Nessun Paese, non importa quanto ricco, è immune dagli effetti del cambiamento climatico. Eppure, le comunità più colpite sono quelle più povere e che storicamente hanno contribuito meno alla sua creazione.

I disastri naturali causati dal cambiamento climatico sono raddoppiati negli ultimi 30 anni, uccidono persone, distruggono case, infrastrutture e mezzi di sostentamento. Insieme a guerra e disuguaglianze, rappresentano una delle tre cause principali della fame nel mondo. Secondo la Banca Mondiale, entro il 2030 questo fenomeno potrebbe far aumentare il numero di poveri di 122 milioni.

Dei 35 Paesi più minacciati dal cambiamento climatico, ben 27 soffrono la fame. Il numero di persone sottonutrite tende a essere maggiore nei Paesi altamente esposti a eventi meteorologici estremi, soprattutto quando gran parte della popolazione dipende dall’agricoltura locale.

Un recente rapporto curato da Azione contro la Fame ha confermato, dati alla mano, il legame tra crisi climatica e insicurezza alimentare.

In particolare, si stima che entro il 2040, come diretta conseguenza dell’attuale crisi, i rendimenti globali delle colture potrebbero diminuire del 50%; circa 3,9 miliardi di persone saranno esposte a ondate di calore più frequenti e gravi; 400 milioni di persone potrebbero perdere il lavoro; 700 milioni di persone potrebbero patire un maggiore rischio-siccità. Già oggi, per almeno 15 milioni di persone che vivono di agricoltura e allevamento in Africa, Asia e America Latina, le sempre più frequenti e violente inondazioni, tempeste e siccità generate dai cambiamenti climatici costituiscono il primo fattore di insicurezza alimentare.

Inoltre, l’instabilità dei raccolti accentua l’instabilità dei prezzi dei prodotti alimentari di base sui mercati internazionali, portando a variazioni di prezzo dannose sia per i produttori che per i consumatori. In questo modo, i cambiamenti climatici amplificano l’insicurezza alimentare già esistente.

Secondo la Banca Mondiale, se non si interviene, 143 milioni di persone potrebbero diventare rifugiati climatici entro il 2050.

L’impatto del cambiamento climatico è una realtà umanitaria che Azione contro la Fame affronta ogni giorno, sia in chiave di risposta alle emergenze, sia di prevenzione, attraverso programmi di adattamento, protezione sociale e riduzione del rischio di catastrofi per le popolazioni più vulnerabili.

Lo facciamo attuando interventi che promuovono pratiche rispettose della terra e dell’ambiente, che contribuiscono al diritto al cibo e all’autonomia alimentare delle comunità, fornendo nuove basi per un sistema alimentare sostenibile e resiliente. Ad esempio, insegnando alle comunità locali come coltivare in chiave rigenerativa e di contrasto alla desertificazione, praticando l’agroecologia, l’agroforestazione o l’idroponica e organizzando percorsi formativi adatti alle esigenze specifiche.

In aggiunta a questi interventi, Azione contro la Fame porta avanti progetti di ricerca e sviluppo per rispondere in modo innovativo alle sfide generate dal cambiamento climatico. Un esempio è rappresentato dal progetto implementato in Sahel, una delle aree africane più colpite dalla siccità, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea. Il sistema combina immagini satellitari e dati raccolti dai pastori. L’obiettivo è quello di guidare gli allevatori verso pascoli migliori. Il programma comprende anche messaggi radio, promossi in diverse lingue locali, per indicare nuove vie ai pastori, affinché possano trovare terre capaci di nutrire il proprio bestiame. E anche un “bollettino” periodico che comunica ai governi locali e ai donatori le zone in cui le scorte d’acqua sono quasi esaurite.

Altri Paesi che a causa della siccità, la più grave degli ultimi 40 anni, si trovano oggi sull’orlo di una carestia, sono quelli del Corno d’Africa, dove il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite stima 22 milioni di persone a rischio fame, con un aumento del 69% nei primi 9 mesi del 2022 e dove Azione contro la Fame sta intervenendo con programmi sanitari e di nutrizione, cure per la malnutrizione infantile, programmi legati all’igiene personale e all’accesso all’acqua, programmi di sostegno alle comunità agro-pastorale.

È necessaria una decisa inversione di rotta che richiederà l’assunzione di impegni molto più ambiziosi che in passato, da parte della comunità internazionale e, in primis, dei Paesi del G7 che sono chiamati a una responsabilità particolare. Con gli obiettivi del millennio (SDGs 2030) sempre più lontani, dopo i deludenti risultati della Conferenza per il Clima di Parigi dello scorso anno, il prossimo appuntamento è rappresentato dalla COP27 prevista a novembre a Sharm El-Sheikh. Ci auguriamo di non dover assistere all’ennesima occasione mancata, perché se agire per il clima significa anche combattere la fame, siamo davanti a una delle più drammatiche crisi di tutti i tempi, e non c’è davvero più tempo da perdere.

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