L’intervista

Kiev, Damiano Rizzi (Soleterre): “Bambini malati di cancro? La loro è una doppia guerra: in 25 troppo gravi per lasciare il reparto”

Damiano Rizzi, il presidente della onlus

26 Febbraio 2022

La pace è la “condizione minima” perché i bambini e le bambine possano affrontare il cancro. E invece sono costretti a “nascondersi negli scantinati”, “rinviare i trattamenti” o, nel peggiore dei casi, sono bloccati in terapia intensiva. “Stanno vivendo una situazione di dolore portato allo stato estremo”, racconta Damiano Rizzi, presidente di Soleterre. La fondazione onlus dal 2003 cura circa mille pazienti oncologici all’anno, tra Kiev e Leopoli. E nella Capitale gestisce una casa di accoglienza gratuita per le famiglie che vengono da lontano. E ora chiede aiuto: “Servono farmaci, viveri, soldi. Sarà una catastrofe umanitaria”.

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Com’è la situazione?
Ci sono 25 bambini che sono troppo gravi per lasciare l’ospedale, morirebbero. Nove famiglie hanno trascorso le scorse notti negli scantinati della nostra casa: proveremo a trasferirle, ma ora è difficile spostarsi.

Sono garantite le cure minime?
Cerchiamo di mantenere la continuità dei trattamenti, ma in condizioni di guerra è quasi impossibile: le chemioterapie devono essere fatte per infusione, e non è facilissimo. Stanno continuando le cure per i pazienti gravi, per gli altri abbiamo posticipato le cure. La priorità ora è mettere in salvo la vita.

Il personale medico?
Stanno attaccando la città, e le persone sono nei rifugi. Stiamo lavorando con risorse minime.

E i bambini come stanno vivendo?
Per loro è una doppia guerra. Se riusciamo a provare empatia per i civili, che sentono le sirene suonare e devono proteggersi, pensiamo ai bambini malati di tumore: sono in una situazione, se possibile, ancora più complicata. Già normalmente sono pazienti fragilissimi e hanno bisogno di un ambiente che faccia sentire loro accolti, protetti. Ora non hanno più un luogo dove stare, persino l’ospedale non va bene. Devono mettersi nei bunker per proteggersi dalle bombe. E chi è in terapia intensiva nemmeno quello può fare. Il dolore è portato a uno stato estremo.

Di cosa avete bisogno in questo momento?
Servono farmaci, viveri e soldi per trasportare i bambini che non possono interrompere le cure. Abbiamo bisogno di nuovo personale: medici e psicologi, per integrare il nostro staff. E poi dovremo dare un aiuto ad altre situazioni. Ci sarà una catastrofe umanitaria: il Paese era già in ginocchio, ora temiamo ondate di profughi interni.

Gli ucraini si sentono abbandonati?
Da otto anni dicono che questa non è una guerra civile. Si sentono inascoltati. Credo che ci siano almeno tre narrazioni diverse e in questo momento è difficile attribuire colpe se non a Putin.

Voi come state?
Mentre parliamo, il nostro personale è con i bambini nei bunker e in ospedale. Prendersi cura della vita in una condizione così è simbolicamente potentissimo: nonostante le bombe continuiamo a curare bambini ammalati di cancro. L’unica buona notizia che si può dare è che ci siamo e ci saremo fino alla fine.

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