Diplomazia

È in Eni e consiglia Borrell. Il caso Tocci imbarazza l’Ue

La vicenda - Il membro del cda del colosso lavora per il rappresentante agli Affari esteri di Bruxelles. Che ammette: “Rischio percezione di conflitto d’interessi c’è”

23 Settembre 2020

Consigliere d’amministrazione di Eni e consigliere della Commissione europea. È il caso di Nathalie Tocci, politologa nominata lo scorso 13 maggio membro non esecutivo del cda della multinazionale petrolifera controllata dal governo italiano, con interessi geopolitici in mezzo mondo. Meno di due mesi dopo, l’8 luglio, Tocci ha ricevuto l’altro incarico: consigliere speciale del capo della diplomazia europea, lo spagnolo Josep Borrell.

“Ritenendo i due incarichi incompatibili, abbiamo fatto una richiesta di accesso agli atti presso la Commissione”, spiega al Fatto l’associazione italiana Re:Common, da anni impegnata a seguire le vicende di Eni. La richiesta ha costretto Borrell a fornire qualche spiegazione. Il 10 agosto il suo capo di gabinetto, Pedro Serrano, ha scritto una lettera all’Ong spiegando che, “nonostante la dichiarazione di attività e la dichiarazione giurata presentata (da Tocci, ndr) per assicurare che non esiste conflitto di interessi, un rischio di percezione di conflitto d’interessi” per “le sue attività indipendenti e non esecutive presso Eni potrebbe esserci”. La Commissione garantisce dunque che il conflitto di interessi non c’è, anche se esiste il rischio che qualcuno possa percepirlo come tale. Subito dopo aver detto che è tutto ok, però, Serrano si è sentito in dovere di aggiungere che, “offrendo un contratto a Nathalie Tocci, voglio che sia soggetto a una serie di misure mitigatrici al fine di ridurre il rischio di percezione di conflitto di interesse”. Ed ecco le misure mitigatrici, quelle che dovrebbero limitare le sovrapposizioni di ruoli di Tocci, da una parte membro del cda di una multinazionale con interessi diretti in 66 Paesi del mondo, dall’altra consigliere di chi su questi interessi ha una notevole influenza. “Nel suo ruolo di consigliere speciale”, scrive il capo di gabinetto di Borrell, Tocci “dovrà astenersi dall’avere qualsiasi contatto bilaterale con l’Ener (la direzione generale dell’Energia della Commissione Ue, nda) e dall’intervenire nel campo di attività di Eni. Più in generale, si dovrà astenere da qualsiasi attività di lobby o sostegno con i servizi della Commissione collegati alle attività di Eni”. Insomma, nessuna voce in capitolo su qualsiasi decisione della Commissione che riguardi il Cane a sei zampe. Non sarà facile, visto che gli interessi di Eni sono trasversali: non solo la produzione di energia (di cui è competente la Ener), ma anche l’ambiente, il clima, la politica estera, la fiscalità, la concorrenza. Tutti temi che ricadono sotto diverse direzioni generali, ma alle quali la lettera di Borrell non fa cenno. Alle domande del Fatto su questo punto, un portavoce dell’Ue ha fatto sapere che Tocci “non è un membro del gabinetto di Borrell né delle istituzioni europee: lei è consigliera dell’Alto rappresentante (Borrell, ndr) solo su una questione specifica: la strategia globale dell’Ue, non su altre questioni o politiche specifiche. Pertanto, nell’ambito del suo ruolo di consigliere speciale non istituzionale, non ha contatti con le direzioni generali citate semplicemente perché non ha alcun ruolo o mandato per giustificare tali contatti”. Al Fatto, Tocci replica: “Come già detto pubblicamente il mio ruolo di advisor pro bono esclude qualsiasi tipo di consulenza su temi di Energia quindi il presunto conflitto di interesse non esiste”.

“Appare poco chiaro come Tocci possa astenersi dall’intervenire in tutte queste questioni: tanto più che il suo ruolo sarà quello di elaborare la strategia globale dell’Ue, che comprende questioni come la Libia, il Mediterraneo orientale e l’Iran, contesti dove Eni svolge un ruolo chiave, con interessi commerciali molto rilevanti”, spiega Alessandro Runci di Re:Common. Nell’ottobre del 2019, sulla base dei dati del “Registro per la trasparenza nell’Ue”, un gruppo di Ong ha rivelato che negli ultimi 10 anni le 5 maggiori compagnie petrolifere al mondo (Bp, Chevron, ExxonMobil, Shell, Total) hanno speso 251 milioni per fare azioni di lobby sulle politiche climatiche. “La nomina di un membro del cda dell’Eni come consigliera per gli affari esteri di un Commissario europeo, che peraltro possiede investimenti azionari in aziende fossili, è l’ennesimo esempio di interessi delle compagnie petrolifere che vanno a influenzare i processi democratici”, sostiene Myriam Duo di Friends of the Earth Europe, una delle associazioni parte della campagna Fossil Free Politics, che vuol mettere fine all’azione di lobby da parte dei produttori di energie fossili.

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