Il braccio di ferro su contanti e condoni

Di Luciano Cerasa e Patrizia De Rubertis
25 Giugno 2020

Una parte dell’economia italiana resta sommersa. Per capirne le dimensioni ci si può solo affidare alle stime. Le migliori arrivano dalla relazione del ministero dell’Economia (edizione 2019), secondo cui l’evasione fiscale e contributiva è quantificata in 110 miliardi di euro. Divora ogni anno almeno un quinto delle entrate erariali, con livelli rimasti nel corso degli anni particolarmente elevati rispetto agli altri Paesi europei. “Più contante c’è, più si favorisce l’illegalità, su questo non c’è dubbio. Se io vivo di stipendio, il contante non mi serve. E non mi serve se io sono imprenditore e fatturo tutto il mio lavoro”, ha detto il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, intervistato da ilfattoquotidiano.it. Il mantra resta lo stesso: puntare la barra verso il contrasto al nero attraverso una modalità di pagamento cashless, senza denaro, che passa anche per il ritocco del tetto dei pagamenti consentiti in contanti. Un’altalena di interventi (ben 9 dal 2002) che hanno modificato la soglia oltre la quale non è consentito l’utilizzo del cash: dal 1° luglio ritorna il limite a 1.999,99 euro introdotto dal governo Monti e portato a 3.000 euro da Renzi. Soglia che lunedì scorso la Lega ha cercato di bloccare presentando un emendamento al dl Rilancio che è stato bocciato. Intanto il già ristretto gruppo di esperti in politiche fiscali si è diviso in due fazioni. La prima concepisce la scomparsa dalle transazioni del circolante come l’arma finale per riportare l’evasione fiscale monstre registrata in Italia nei limiti considerati fisiologici in un’economia avanzata di mercato. L’altra, più scettica, ne riconosce l’efficacia nella lotta al riciclaggio dei proventi della criminalità organizzata. Entrambe concordano su un punto: meno banconote circolano, meglio è. Il governo ci crede e ha messo in atto il piano Italia cashless.

Da mercoledì prossimo per i professionisti scatterà un credito d’imposta del 30% per ammortizzare le commissioni addebitate dalle banche sul noleggio dei Pos. Mai, però, sono entrate in vigore le multe per gli esercenti che si rifiutano di accettare carte di credito e bancomat. Mentre l’altro incentivo al tracciamento dei pagamenti, la lotteria degli scontrini, che dovrebbe potenziare la stretta anti-evasione già messa in campo con la fatturazione elettronica, è stato rimandato al 2021 a causa del coronavirus. Così come è stata rinviata sine die la previsione di un bonus sotto forma di cashback per acquisti fatti con la moneta elettronica.

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, il renziano Ernesto Maria Ruffini, non sembra crederci molto e, anzi, auspica sanatorie. Tornato al vertice dell’Agenzia a inizio anno, Ruffini ha spiegato che il contante di chi ha “solo” evaso il Fisco “potrebbe anche essere oggetto di una sanatoria, purché non al ridicolo tasso del 15%. Non è però comunque accettabile rischiare di sdoganare, con l’alibi di queste somme, anche le altre di origine criminale che dovrebbero essere invece confiscate al 100%”.

Ma l’apertura di una nuova stagione dei condoni per il premier Giuseppe Conte si è esaurita lo scorso anno, perché “le definizioni agevolate sono una tantum per natura e non possono diventare parte integrante della disciplina fiscale”. Mentre la Lega continua a sponsorizzarli come un disco rotto. “L’unico modo per ripartire è azzerare la burocrazia e condoni”, ha ribadito poche settimana fa Matteo Salvini. Ma il tema della regolarizzazione dei capitali illecitamente detenuti in Italia e all’estero, la voluntary disclosure, è una posizione che ritorna anche nelle schede elaborate dal Comitato degli esperti guidato da Vittorio Colao, che ipotizza di introdurla sul contante e altri valori derivanti da redditi non dichiarati, a fronte del “pagamento di un’imposta sostitutiva e dell’impiego per un periodo minimo di tempo, di una parte significativa dell’importo in attività funzionali alla ripresa”. Il Comitato auspica inoltre un’iniziativa presso le istituzioni europee per mettere fuori corso le banconote di maggior taglio, 500 e 200 euro. Del resto l’ultimo rapporto della Banca d’Italia sull’uso del contante (2016) certifica che nel Paese resta lo strumento più utilizzato. In negozi e supermercati l’85,9% delle transazioni è stato regolato in contanti.

“L’effetto di una contrazione del tetto del contante dovrebbe ridurre tendenzialmente i livelli di economia sommersa”, osserva l’ex ministro del Tesoro Vincenzo Visco: “Questa è una misura utilissima per il riciclaggio e non a caso ci sono pressioni per fare una sanatoria anche per i soldi liquidi della criminalità, ma non è risolutiva per l’evasione fiscale”. Il tracciamento dei corrispettivi e l’utilizzi delle banche dati finanziarie per accertamenti è sicuramente più efficace. “Quel che mi guarderei bene dal fare – avverte Visco – è dare incentivi all’utilizzo di carte di pagamento: è solo uno spreco di denaro pubblico”.

Chi non sottovaluta le potenzialità criminogene della movimentazione del contante è la Guardia di Finanza. Il Nucleo speciale di polizia valutaria ha analizzato nel 2019 ben 82.810 segnalazioni di operazioni sospette, di cui 25.806 sono state sottoposte ad indagini più approfondite. Il valore del riciclaggio accertato si è attestato intorno a 1,8 miliardi di euro, mentre sono stati effettuati sequestri su ordine della magistratura per altri 838 milioni.

“I legami dell’uso del contante con alcuni dei mali nazionali quali l’evasione, la corruzione e il crimine organizzato sono innegabili”, spiega Fabio Di Vizio, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, esperto di indagini finanziarie. Lo dimostra, secondo Di Vizio, anche l’accertata correlazione diretta tra circolazione del contante e densità criminale su base territoriale: “L’abbassamento delle soglie del contante può contrastare sicuramente le forme di evasione meno strutturate e contribuire ad ostacolare quelle più rudimentali di un’economia criminale”.

La sola lotta all’evasione ha da sempre un ostacolo: la mancanza di una cultura dei pagamenti elettronici che ogni anno fa perdere terreno all’Italia. Secondo quanto risulta dalla quinta edizione del report Cashless Revolution, elaborato da The European House-Ambrosetti, se in Italia aumentassero i pagamenti digitali e diminuissero le transazioni regolate in contanti si recupererebbero quasi 30 miliardi di euro garantendo 12,5 miliardi di maggiori introiti per lo Stato nell’ipotesi in cui il Paese si allineasse alla media europea dei pagamenti elettronici. Ma il traguardo resta lontano: per The European House-Ambrosetti, l’Italia è tra le 35 peggiori economie al mondo per incidenza del contante sul valore del Pil.

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