Napoli - L’istituto occupato nel 2012 e “riconvertito” dal basso

Ex Asilo Filangieri, cinque anni di arte e di democrazia

Di Anna Fava
10 Ottobre 2017

“Arrendetevi: siamo pazzi”: recitava così uno striscione che la comunità di abitanti che anima l’Ex Asilo Filangieri aveva srotolato lungo i tre piani dell’antico stabile situato nel cuore di Napoli. Un’esperienza “dal basso” che, come nel caso di “Agenda Tevere” raccontato su queste pagine da Salvatore Settis, rientra nella galassia di passione e attivismo civile diffusa in tutt’Italia. Esperienze che stanno declinando la partecipazione democratica attraverso azioni concrete di impegno e cura del territorio.

Nato nel 2012 come un’occupazione temporanea promossa da un collettivo di lavoratori dell’arte, dello spettacolo e della cultura per denunciare la degenerazione delle politiche culturali, l’Ex Asilo lancia una sfida. Attori, registi, scenografi, fotografi, giuristi e cittadini desiderosi di partecipare si mettono al lavoro, partorendo un’idea: creare un nuovo istituto giuridico che, superando sia l’occupazione, sia l’assegnazione a un soggetto privato, dia concretezza ai “beni comuni”. “L’uso civico e collettivo urbano – spiega Nicola, un attivista dello spazio – è la reinterpretazione degli antichi usi che garantiscono accessibilità, inclusività, imparzialità, fruibilità e autogoverno per categorie di beni come pascoli, valli da pesca, boschi. Applicarlo al contesto urbano significa riattivare nel cuore della proprietà pubblica la categoria dei diritti collettivi, occultata dalla logica proprietaria. Non solo: rimettere al centro la partecipazione democratica e l’autonomia dell’arte e della cultura”.

La giunta De Magistris dà fiducia all’iniziativa e il 25 maggio 2012 con una delibera destina l’immobile alla sperimentazione culturale, artistica e giuridica. Attraverso un lavoro pubblico di scrittura, in tre anni l’Asilo stende una dichiarazione che spiega le modalità di uso dello spazio: metodi di decisione basati sul consenso e condivisione dei mezzi di produzione. Restando una comunità aperta a tutti. A giugno 2016, il Comune emana una nuova delibera in cui garantisce “l’uso a tutti i cittadini che attraversano il territorio, e comunque all’intera collettività; il funzionamento in base a processi partecipativi; l’obiettivo di una cultura diffusa e includente e di una sostenibilità culturale, finanziaria e generazionale”. Un progetto che ha avuto successo grazie a chi ha portato avanti quest’esperienza con pazienza e passione: assemblee pubbliche settimanali per pianificare l’uso degli spazi, tavoli tematici per ogni settore (teatro, danza, musica, arti visive, ecc.). Nel tentativo di coniugare il binomio “impossibile” di organizzazione e orizzontalità, cercando di rispondere alle esigenze di tutti senza perdere di vista la qualità dei progetti.

“L’Asilo – spiega Andrea, un altro attivista – ospita artisti e compagnie indipendenti falcidiati dalla crisi e dai tagli alla cultura, ma anche maestri come Masaki Iwana, Jan Fabre, Enzo Moscato, Romeo Castellucci, Bob Ostertag. In cinque anni e mezzo ha generato più di 7.800 iniziative pubbliche e ospitato le proposte di più di 2.400 soggetti produttivi. I fruitori sono stati più di 250 mila”. Numeri importanti per una realtà dal basso basata su dono e mutualismo. E che recentemente ha vinto il bando Culturability – rigenerare spazi da condividere, promosso dalla Fondazione Unipolis, del Gruppo Unipol, che assegna 50 mila euro a progetti culturali innovativi ad alto impatto sociale, in grado di rigenerare e dare nuova vita a spazi, edifici ed ex siti industriali abbandonati.

A ottobre 2016, l’Ex Asilo è entrato a far parte anche della Trans Europe Halles, rete di spazi culturali europei nati su iniziativa civica, che ad oggi conta 60 membri. Partecipazione e produzione artistica, cultura e impegno. In questi anni l’Asilo ha costruito un teatro, uno spazio per la danza, un laboratorio per la realizzazione di scenografie, una sala cinema, una camera oscura, una costumeria, un orto urbano. Ma non solo arte: la comunità ha portato avanti attività sociali dedicate ai bambini del quartiere e accoglienza per i senzatetto minacciati dal gelo.

L’esperimento dell’Asilo non è rimasto isolato. L’uso civico urbano è stato preso a modello da altre realtà nate dal basso in tutt’Italia, e fatto proprio da amministrazioni come quelle di Torino e Palermo. E nella stessa Napoli sono stati riconosciuti altri sette spazi come “beni comuni emergenti ad uso collettivo”. Un’esperienza da ripetere, una speranza per il futuro.

 

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