Abruzzo, Salvini scappa dal palco. Meloni prega: “Non cacciatemi”

Al comizio della destra, il leghista se ne va in anticipo Meloni prova a scongiurare l’effetto Sardegna: “Metto l’elmetto”

LEGGI – FdI dà 150 mila euro al partito abruzzese: tre volte la Sardegna “Matteo, Matteo. ’Ndo sta Matteo?” lo chiama Giorgia Meloni quando parte l’inno nazionale in piazza Salotto, nel centro di Pescara. Solo che Matteo non c’è: “È scappato – dice Maurizio Lupi prima di correggersi imbarazzato – È già ripartito per un […]

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LEGGI – FdI dà 150 mila euro al partito abruzzese: tre volte la Sardegna

“Matteo, Matteo. ’Ndo sta Matteo?” lo chiama Giorgia Meloni quando parte l’inno nazionale in piazza Salotto, nel centro di Pescara. Solo che Matteo non c’è: “È scappato – dice Maurizio Lupi prima di correggersi imbarazzato – È già ripartito per un altro evento elettorale”. Nell’agenda elettorale di Salvini però non c’è traccia. Così il comizio di chiusura dei leader del centrodestra per il governatore Marco Marsilio si conclude senza il leader della Lega. Fuggito. Nella photo opportunity finale ci sono solo Rotondi, Meloni, Tajani, Cesa, Lupi e Marsilio. Che sia una gaffe se ne accorge pure la stessa premier che un minuto dopo la fine del comizio pubblica sui suoi social un video in cui il leghista la spinge sul palco.

A Pescara il clima non è dei migliori. E non solo perché a metà comizio inizia a piovere forte. Gli ultimi sondaggi interni a Fratelli d’Italia danno un testa a testa tra Marsilio e Luciano D’Amico. E così tutti provano a scongiurare “l’effetto Sardegna”. “Non so nemmeno come sia finita lì…”, dice la premier da Teramo dove incontra gli imprenditori per provare a togliere voti al rettore candidato col centrosinistra. “L’unica sarda che esulterà domenica sera è mia moglie – aggiunge Marsilio – io venerdì non porto Todde in piazza, ma tre governatori di centrodestra di Lazio, Marche, Umbria. Non esiste solo la Sardegna…”.

Che il rischio di una nuova sconfitta elettorale ci sia lo dimostra il discorso della premier. Inizia a parlare alle 19.30 mentre la piazza – mezza vuota – è già totalmente bagnata. Così Meloni deve stringere. Attacca l’avversario D’Amico (“si vergogna delle sue alleanze”), porta con sé Marsilio (foto che non aveva fatto con Paolo Truzzu al comizio di Cagliari) e difende la polizia. Fa le solite smorfie e vocine sulle accuse rivolte al governatore di lavorare in smart working, copia la narrazione del M5S modificando il Reddito di cittadinanza nelle “infrastrutture di cittadinanza” per l’Abruzzo. Ma poi fa capire che la situazione non è facile: “Questa maggioranza sarà compatta anche dopo le elezioni europee, ma succederà di tutto: ho già messo l’elmetto. E la prima battaglia da vincere è l’Abruzzo”. Poco prima, a un evento a Teramo, era arrivata a dire: “Qui è il posto dove sono stata eletta, sarebbe brutto mi cacciaste…”. Sul palco prova a scongiurare la sconfitta con la scaramanzia: “L’ultima volta che ero stata qui nel 2022 pioveva, speriamo anche stavolta…”. Ci si affida a tutto. Prima di lei il comizio prende pieghe tragicomiche. Per dimostrare che Marsilio non è un catapultato da Roma, Giovanni Donzelli annuncia: “Ma il governatore si è comprato casa a Chieti…”. Sul palco si succedono tutti i leader dei partiti minori. Gianfranco Rotondi, Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi che discetta proverbi in abruzzese paragonando Marsilio a D’Amico: “Meglio un’alice fresca che un’aragosta fracica…”. In piazza compaiono striscioni contro il rettore di Teramo manovrato dal senatore dem Luciano D’Alfonso. Interviene Marsilio: “Dicono che lavoro in smart working ma poi fanno la retorica dei buoni sentimenti sui migranti: i miei sono emigrati a Roma perché erano poveri…”.

Il governatore finisce di parlare e parte la musica. Una persona si sente male tra il pubblico. Tutto interrotto. Si affaccia anche Meloni a vedere come sta. Arriva Tajani che spera di doppiare la Lega. Non fa in tempo a scommettere “arrosticini, faglio e lasagne” che la destra vincerà che inizia a piovere. Dopo cinque minuti Donzelli gli fa consegnare un bigliettino in maiuscolo: “DILUVIO IN ARRIVO”. Come dire: stringi. Fanno una foto tutti insieme, poi tocca a Salvini che ritira fuori la propaganda sull’integralismo islamico, genitore 1 e genitore 2 e dossieraggi. Applausi. La piazza si svuota. Meloni conclude. Ma quando finisce, Salvini non c’è. È già ripartito. Venerdì si chiude la campagna elettorale: i due candidati dovranno giocarsi la piazza a testa o croce.

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