Tagli, licenziamenti, chiusure: per l’editoria è una crisi senza fine

Emorragia continua per i quotidiani (-1 mln di copie dal 2018). E ora Cairo spegne 5 testate

Si fa sempre più nera la crisi della stampa italiana. Il crollo verticale delle vendite dei quotidiani continua ad accelerare e a nulla sembrano valere gli abbozzi di strategie degli editori per cercare di tamponare l’emorragia investendo sul digitale. Il tracollo colpisce ogni segmento della filiera – dai quotidiani ai periodici, dalle testate nazionali a […]

oppure

Si fa sempre più nera la crisi della stampa italiana. Il crollo verticale delle vendite dei quotidiani continua ad accelerare e a nulla sembrano valere gli abbozzi di strategie degli editori per cercare di tamponare l’emorragia investendo sul digitale. Il tracollo colpisce ogni segmento della filiera – dai quotidiani ai periodici, dalle testate nazionali a quelle locali – e si ripercuote a monte e a valle della catena di produzione e distribuzione, risalendo verso le agenzie di informazione e discendendo verso le edicole. Lo testimonia lo stillicidio di brutte notizie degli ultimi 20 giorni.

Mercoledì scorso, 17 gennaio, il gruppo editoriale Cairo ha deciso la chiusura da marzo di cinque periodici (Airone, For Men, In Viaggio, Bell’Europa e Antiquariato) sui 21 pubblicati in una delle sforbiciate più dure da quando, nel 2016, Urbano Cairo ha rilevato la maggioranza dell’ex Rcs-Corriere della Sera. L’azienda assicura che non ci saranno esuberi, ma il sindacato chiede l’avvio di un confronto con le rappresentanze nazionali. Intanto si apre uno stato di crisi con la richiesta di cassa integrazione finalizzata a prepensionamenti.

Solo nove giorni prima, lunedì 8 gennaio, la società Edime che pubblica La Gazzetta del Mezzogiorno di Bari ha chiuso tutte le redazioni provinciali, azzerando la presenza in Basilicata e riducendone la foliazione: oltre 70 fra giornalisti e poligrafici finiranno in cassa integrazione fino a dicembre. L’accordo firmato al ministero del Lavoro fra la Fnsi (il sindacato nazionale dei giornalisti), le associazioni sindacali di Puglia e Basilicata e il Cdr (la rappresentanza sindacale aziendale) con Edime blocca per 12 mesi i licenziamenti, ma non c’è alcuna garanzia su ciò che avverrà dopo la scadenza.

Il 4 gennaio, in una lettera aperta ai 350 giornalisti di Repubblica, il comitato di redazione del quotidiano fondato da Eugenio Scalfati aveva scritto: “Vedere Repubblica che viene abbandonata come una nave che affonda è motivo di particolare amarezza… Il nostro giornale continua a perdere copie, abbonamenti e non riesce a trovare una strada nel digitale… a nostro avviso per la mancanza di una chiara strategia di investimenti, marketing, obiettivi, collocazione nel panorama editoriale”. Il sindacato interno della testata scrive che il 2023 “ha segnato la per noi traumatica disgregazione di quello che era il più importante gruppo editoriale del nostro Paese, smembrato e dismesso da un editore il cui progetto resta per noi incomprensibile”. A metà dicembre i giornalisti di Repubblica hanno approvato un pacchetto di cinque giorni di sciopero.

Il 31 dicembre, a soli tre mesi da 14 licenziamenti, l’agenzia di stampa Dire ha annunciato la sospensione di 17 giornalisti. Il motivo è lo stop al contratto da 4 milioni per l’acquisto dei servizi dell’agenzia da parte del Dipartimento editoria di Palazzo Chigi: ora i redattori scendono sotto la soglia di 50, limite per ottenere i finanziamenti pubblici alle agenzie.

Dietro queste notizie, pessime, ci sono cifre impressionanti. Nei cinque anni tra novembre 2018 e novembre 2023 le vendite in edicola dei quotidiani sono crollate di oltre 900 mila copie (da 2,01 a 1,11 milioni: -44,6%), gli abbonamenti cartacei sono tracollati del 57% (da quasi 130 mila a 97 mila). Sul fronte digitale, le copie singole vendute a un prezzo superiore al 30% di quello della corrispondente edizione cartacea sono aumentate in cinque anni solo del 4,2% a quasi 200 mila, mentre la concorrenza di prezzi ha fatto triplicare da 57 mila a 165 mila le copie digitali vendute tra il 10 e il 30% del prezzo di copertina. Un dumping che non ha però frenato il tracollo.

Non è un caso se negli ultimi quattro anni, secondo UnionCamere, in Italia hanno chiuso quasi 2.700 edicole: a settembre 2023 i punti vendita si sono ridotti a meno di 13.500 da oltre 16 mila del 2019, con un calo superiore al 16% che in alcune province supera il 30%. E non è un caso nemmeno il fatto che l’ultimo contratto nazionale dei giornalisti della carta stampata è stato firmato nel 2014 ed è scaduto ormai da oltre 7 anni: dall’ultimo adeguamento salariale di giugno 2012 i giornalisti hanno perso il 21% del potere di acquisto.