Regeni, attacco al processo: “Solo un evento simbolico”

Riparte il procedimento in contumacia contro gli 007 di Al Sisi. La Camera penale critica la Consulta: “Così il dibattimento non è credibile”

Un “evento simbolico” di “natura eccezionale” dove “non ci potrà essere alcun credibile accertamento dei fatti”. Nel giorno in cui il gup di Roma potrebbe sancire ufficialmente la ripresa del processo ai danni dei quattro 007 egiziani, presunti rapitori e torturatori di Giulio Regeni, arriva un duro attacco alla “credibilità” del dibattimento da parte della […]

oppure

Un “evento simbolico” di “natura eccezionale” dove “non ci potrà essere alcun credibile accertamento dei fatti”. Nel giorno in cui il gup di Roma potrebbe sancire ufficialmente la ripresa del processo ai danni dei quattro 007 egiziani, presunti rapitori e torturatori di Giulio Regeni, arriva un duro attacco alla “credibilità” del dibattimento da parte della Camera penale di Roma, l’organismo associativo che rappresenta gli avvocati del foro capitolino. La nota che sarà diffusa oggi, dal titolo “ogni processo si svolge nel contraddittorio fra le parti”, rappresenta di riflesso anche una critica alla decisione della Corte costituzionale, che il 27 settembre scorso ha stabilito, di fatto, come uno Stato estero (in questo caso l’Egitto) non possa impedire che l’Italia giudichi dei cittadini stranieri accusati di “delitti commessi mediante atti di tortura”, non collaborando alla necessaria notifica degli atti giudiziari. Una decisione, quella della Consulta, che permetterà di processare i presunti aguzzini del 28enne triestino, arrestato, torturato e ucciso al Cairo nel gennaio 2016, dopo quasi 3 anni di rimbalzi giudiziari.

Facciamo un passo indietro. Per il rapimento e la morte di Regeni, le indagini della Procura di Roma e dei carabinieri del Ros a fine 2020 hanno individuato come responsabili quattro ufficiali della National Security egiziana: Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, solo quest’ultimo accusato delle “lesioni gravissime” ai danni del ricercatore italiano. Dopo un primo rinvio a giudizio, a maggio 2021, la Corte d’Assise di Roma il 14 ottobre 2021 ha ordinato la restituzione degli atti al gup, non ritenendo certo “oltre ogni ragionevole dubbio”, che gli imputati avessero ricevuto gli atti dell’inchiesta e dunque si fossero volutamente sottratti al processo. E tutto ciò malgrado i nomi degli accusati fossero stati rilanciati sui media di tutto il mondo arabo e il caso abbia avuto parecchia eco anche in Egitto.

Nonostante gli sforzi delle autorità italiane, nei mesi a venire sul punto le autorità del Cairo, a iniziare dal presidente egiziano Al Sisi, non hanno mai collaborato, rifiutandosi di fornire gli indirizzi degli imputati. La svolta arriva il 3 aprile 2023, quando il pm titolare delle indagini, Sergio Colaiocco, solleva un’eccezione di costituzionalità in punto di diritto e mette in discussione la legittimità di parte dell’articolo 420 bis, terzo comma, del codice di procedura penale, la norma che regola il processo in assenza dell’imputato. L’eccezione viene accolta dal gup il 31 maggio 2023, e poi dalla Consulta il 27 settembre. Rimosso l’ostacolo giuridico, se non ci saranno ulteriori colpi di scena, a questo punto il giudice per le udienze preliminari potrebbe reiterare la decisione nel merito già presa il 25 maggio 2021 e rinviare a giudizio i quattro egiziani, difesi in Aula da altrettanti avvocati d’ufficio romani.

È In questo quadro che si innesta la dura nota della Camera penale di Roma. “Una simile pronuncia – scrivono i penalisti capitolini, riferendosi alla decisione della Corte costituzionale di accogliere l’eccezione sollevata dalla Procura – assimila alla certezza di una conoscenza diretta la diversa ipotesi di una conoscenza solo mediata ed eventuale”. L’affondo però arriva qualche riga più avanti: “Senza contraddittorio – si legge – non ci potrà essere alcun credibile accertamento dei fatti, ma solo un evento simbolico di natura ‘eccezionale’ che rischia di intaccare in radice la fondamentale funzione del processo e delle relative garanzie”. Tradotto: il processo Regeni, a queste condizioni, sarà “non credibile” e “simbolico”. Certo, la Camera penale non manca di riconoscere all’ “atteggiamento assunto dallo Stato egiziano” la principale responsabilità di questa situazione. Ma il punto, secondo i legali romani, è un altro: il “diritto di difesa” e il “valore del contraddittorio”, a loro giudizio “troppo spesso ignorati da un dibattito mediatico che appare ogni giorno più distante dal rigore dell’accertamento processuale”. Motivo per il quale esprimono “vicinanza e sostegno ai difensori d’ufficio”. Insomma, un esercizio di garantismo che getta nuova benzina sul fuoco su una vicenda giudiziaria che, dal punto di vista processuale, si è finalmente sbloccata con non poca fatica.