Armi all’Ucraina, voto in Parlamento. La mossa di Meloni

Un nuovo “mandato” spaccherà l’opposizione

Ci sarà un’informativa e con ogni probabilità anche una risoluzione di maggioranza sul sesto decreto interministeriale per l’invio delle armi a Kiev. Dopo la richiesta esplicita di Giuseppe Conte sabato alla manifestazione per la pace, il governo sarebbe pronto a “parlamentarizzare” il prossimo passaggio che riguarda gli aiuti militari all’Ucraina. Il ministro della Difesa, Guido […]

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Ci sarà un’informativa e con ogni probabilità anche una risoluzione di maggioranza sul sesto decreto interministeriale per l’invio delle armi a Kiev. Dopo la richiesta esplicita di Giuseppe Conte sabato alla manifestazione per la pace, il governo sarebbe pronto a “parlamentarizzare” il prossimo passaggio che riguarda gli aiuti militari all’Ucraina. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto – che non conferma – ci starebbe riflettendo. Non si tratta di un obbligo di legge: i decreti interministeriali (Economia, Esteri e Difesa) con la lista delle armi vengono pubblicati in Gazzetta ufficiale ed è previsto un passaggio (secretato) al Copasir sui materiali inviati. Questo, secondo il decreto approvato il 25 febbraio scorso, varrà anche per il sesto decreto che sarà stilato entro fine anno. Ma con un nuovo esecutivo e un nuovo Parlamento, un atto di “riconferma” è politicamente necessario. Tanto più che per il governo sarebbe l’occasione per spaccare le opposizioni: i Cinque Stelle voterebbero contro, Pd (almeno la gran parte), Azione e Iv a favore.

L’ipotesi sarebbe dunque quella di scrivere una risoluzione di maggioranza da far votare poi alle Camere. Nel Pd la disponibilità a votarla di massima c’è. Anche se in molti commentano che “bisogna vedere il testo”. C’è persino chi si propone di scriverlo insieme. D’altra parte, tra Crosetto e l’ex ministro Lorenzo Guerini, c’è stato un passaggio di consegne molto diretto e tra i due c’è una continuità di fondo, peraltro necessaria, nel nome dell’atlantismo. Crosetto ha parlato lunedì con il Segretario americano alla Difesa, Lloyd Austin. Allo studio ci sono anche le forniture future: perché Guerini ha fatto una ricognizione dei materiali disponibili, ma dovrebbe essere richiesto un salto di qualità. Nel prossimo potrebbero essere compresi, infatti, sistemi di Difesa anti aerea Samp/T, Stinger e Aspide. Non ci sarà comunque la desecretazione del materiale inviato: Meloni sarebbe contraria, perché non sono venute meno le necessità di riservatezza.

In questo clima si svolgerà domani il colloquio tra la premier e il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a Roma. Si tratterà di un dialogo soprattutto sugli aspetti politici del conflitto e di altri temi Nato. Le armi da inviare resteranno sullo sfondo: Stoltenberg ha già chiesto un ulteriore aiuto agli alleati, ma il coordinamento spetta al meccanismo di Ramstein a guida americana. Da quella sede il governo italiano si aspetta richieste precise sulle armi da mandare a Kiev.

La Difesa dovrà decidere i tempi del prossimo invio: di certo sarà entro Natale. L’idea della risoluzione potrebbe saltare solo se Meloni dovesse rendersi conto che Lega e Forza Italia possano approfittarne per metterla in difficoltà. Ma è troppo presto perché si verifichi un’eventualità del genere: Matteo Salvini e Silvio Berlusconi difficilmente potranno permettersi dei distinguo. Per questo Meloni potrebbe approfittare dell’occasione per chiedere agli alleati una prova di “fedeltà atlantica”. Il problema si porrà e andrà affrontato a fine anno, quando scade il decreto fatto dal governo Draghi che dava la cornice generale al sistema dei decreti interministeriali. Lì – in qualsiasi modo l’esecutivo intenderà procedere – servirà un voto. Ed essendo una nuova fase c’è da scommettere che dentro la maggioranza fioccheranno trasversalmente i distinguo: contro Giorgia Meloni, ma pure contro Antonio Tajani, ministro degli Esteri.