La guerra dei droni: ecco i documenti dell’intesa segreta tra Italia e Stati Uniti

Predator per annientare i terroristi, nessuno parla dei civili colpiti. Nel 2021 l’ultima firma tra Roma e Washington

È una base cruciale per una guerra completamente avvolta nel segreto. La guerra dei droni, in cui presunti terroristi vengono uccisi sulla base di informazioni raccolte dalla Cia. Nessuno sa chi siano i nomi delle persone sulla kill list, la “lista della morte”. La base di Sigonella in Sicilia insieme con la base di Ramstein […]

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È una base cruciale per una guerra completamente avvolta nel segreto. La guerra dei droni, in cui presunti terroristi vengono uccisi sulla base di informazioni raccolte dalla Cia. Nessuno sa chi siano i nomi delle persone sulla kill list, la “lista della morte”. La base di Sigonella in Sicilia insieme con la base di Ramstein in Germania sono nel cuore di questa guerra che sfugge a qualsiasi controllo democratico, è costellata di menzogne e di centinaia di vittime civili innocenti. Ora, però, per la prima volta, sarà possibile conoscere nel dettaglio alcuni degli accordi tra gli Stati Uniti e l’Italia che regolano lo scopo delle operazioni, la catena di comando e le attività previste per i droni americani stazionati presso Sigonella.

L’European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) di Berlino, infatti, ha ottenuto copia di due documenti, dopo una lunga battaglia legale con il Foia, lo strumento che permette ai cittadini di accedere ai documenti della pubblica amministrazione. Dall’intesa tra l’Italia e gli Stati Uniti, datata 2014, emerge che almeno quattro droni armati Predator sono di stanza a Sigonella e possono operare su autorizzazione “caso per caso” da parte del ministro della Difesa italiano, con il comandante statunitense che si coordina direttamente con quello italiano. Questo coordinamento, messo nero su bianco da un documento ufficiale, renderà difficile per il nostro governo negare le responsabilità nelle uccisioni con i droni. L’accordo, secondo ECCHR, lascia emergere anche i rapporti tra le basi statunitensi in Europa, in particolare il collegamento tra Sigonella e Ramstein, dove è ospitato un ufficiale dell’Aeronautica militare italiana al fine di coordinare le operazioni dei droni statunitensi. “Finalmente il Tar ha accolto la nostra richiesta, nonostante la strenua opposizione del ministero della Difesa, che ha fatto di tutto per impedire la trasparenza”, dichiara al Fatto Quotidiano Chantal Meloni, docente di Diritto penale internazionale all’Università di Milano e consulente giuridico dell’ECCHR. Meloni e lo European Center di Berlino si sono dovuti imbarcare in una dura battaglia legale durata cinque anni, rappresentati dall’avvocato Ernesto Belisario e supportati da due associazioni italiane: la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili (Cild) e il Comitato No Muos No Sigonella. I due documenti ottenuti da ECHR e datati 2010 e 2014, però, sono stati superati da un nuovo accordo tra l’Italia e gli Stati Uniti del 2017, che ha rimosso la necessità per gli Usa di chiedere al ministero della Difesa italiano l’autorizzazione caso per caso a colpire, secondo quanto riportato da una studiosa di diritto internazionale, Eleonora Branca, in una delle sue pubblicazioni specialistiche. All’accordo del 2017 ne è anche seguito uno del 2021: ora, lo European Center for Constitutional and Human Rights di Berlino sta cercando di ottenere copia di tutti, in modo da ricostruire il quadro legale del ruolo di Sigonella. La guerra dei droni è da sempre avvolta in una fitta coltre di segreti e bugie, tanto che per anni la Cia aveva negato che negli attacchi con i droni in posti remoti come Afghanistan, Pakistan, Yemen, fossero stati uccisi civili innocenti.

Poi però le vittime civili sono emerse grazie al duro lavoro di organizzazioni come lo European Center for Constitutional and Human Rights, Reprieve e il Bureau of Investigative Journalism di Londra. Un altro contributo fondamentale è stato dato dai whistleblower che, uscendo dal buio del segreto di Stato, hanno fornito documenti top secret ai giornalisti. Come ha fatto l’americano Daniel Hale, che ha rivelato che, quando lavorava alla guerra dei droni come analista dell’intelligence Usa, si è trovato in situazioni per cui in un periodo di cinque mesi, il 90% delle persone uccise erano innocenti: non erano i pericolosi terroristi che gli Stati Uniti intendevano e dicevano di colpire. Hale si trova in prigione per aver avuto la coscienza di rivelare la verità. Solo l’eroismo di whistleblower come Hale e il lavoro di organizzazioni come l’ECCHR e Reprieve possono abbattere il muro di bugie e brutalità dietro la guerra dei droni.