Riforma Mes subito alle Camere: lo chiede l’Europa

Certo, per i renziani il nostro Mes è Mario Draghi, come scandì estasiato Davide Faraone in Parlamento, spiegando perché Italia Viva non considerava più necessario accedere alla “linea di credito pandemica” dell’ex fondo salva-Stati. Alla Commissione Ue, però, non basta il nuovo premier e vuole anche il nuovo Mes: la riforma del Meccanismo europeo di […]

oppure

Certo, per i renziani il nostro Mes è Mario Draghi, come scandì estasiato Davide Faraone in Parlamento, spiegando perché Italia Viva non considerava più necessario accedere alla “linea di credito pandemica” dell’ex fondo salva-Stati. Alla Commissione Ue, però, non basta il nuovo premier e vuole anche il nuovo Mes: la riforma del Meccanismo europeo di stabilità va approvata entro l’anno. L’apposito pizzino è stato consegnato ieri a mezzo stampa: “Abbiamo ricevuto assicurazioni nel novembre scorso (sulla ratifica entro il 2021, ndr) e continuiamo a considerarle valide, non abbiamo informazioni contrarie”, ha fatto sapere il solito, anonimo, alto funzionario Ue alle agenzie. In realtà le rassicurazioni sono ancora più recenti: il ministro dell’Economia Daniele Franco ha ribadito quell’impegno all’Ecofin informale dell’11 settembre in Slovenia. Nel governo dubbi non ce ne sono: al Tesoro confermano al Fatto che la legge di ratifica della riforma del Mes arriverà in Parlamento a breve, nelle stesse settimane della legge di Bilancio, anche perché l’operatività della nuova istituzione parte proprio dal 1° gennaio 2022 (e comunque, aggiungeremmo malignamente, meglio prima dell’elezione del capo dello Stato che potrebbe portare a elezioni anticipate).

Ovviamente non ci sono problemi di numeri: il M5S, che era contrario, pur perdendo pezzi per strada l’ha poi votata in Parlamento regnante Giuseppe Conte (il premier che l’ha contrattata in sede Ue). Forza Italia sul tema ha già fatto più di una capriola, esplicitamente contrari sono solo Fratelli d’Italia, che è all’opposizione, e la Lega, particolarmente veemente ai tempi dei “giallorosa” e che oggi non vorrà impiccarsi a questo tema (peraltro i ministri del Carroccio voteranno il ddl in Consiglio dei ministri).

Insomma, una riforma su cui si versarono fiumi di inchiostro e parole di fuoco passerà probabilmente in carrozza alle Camere. Anche fosse così, il nuovo Mes – dopo la pandemia, il Recovery Plan, l’intervento della Bce – pare anche più vecchio di quando fu ideato: un ente intergovernativo, mentre molti Stati ormai chiedono l’emissione di debito comune, che ha dato pessima prova di sé e pretende di fare coi Paesi Ue quello che il Fondo monetario fa con quelli in via di sviluppo.

La novità principale – a parte la funzione di backstop per le banche in crisi (70 miliardi: cifra inutile per le piccole, insufficiente per le grandi) – è nei fatti la creazione di una cortina di ferro finanziaria attorno ai Paesi in crisi pensata – la prima proposta è del dicembre 2017 – soprattutto per togliere capacità negoziale all’Italia a rischio di vittoria “populista” alle elezioni. Il nuovo Meccanismo europeo di stabilità potrà infatti, mentre mostra la strada del default parziale e dell’austerità a un Paese europeo malmesso e sotto attacco dei mercati, concedere prestiti precauzionali a Paesi colpiti da choc esogeni il cui debito è “sostenibile” (a parere dello stesso Mes, sentita la Commissione Ue) e che rispettino i requisiti del Patto di Stabilità (deficit, debito, etc). Questa è la vera novità della riforma: “Una rete di sicurezza per evitare il contagio rispetto al Paese costretto a ristrutturare”, la definì Giampaolo Galli dell’Osservatorio sui conti pubblici, cioè la cortina di ferro attorno all’Italia.