Greco: “Nelle cassette di sicurezza un tesoro su cui mettere le mani”

Paradisi - Il caso delle sentenze in Svizzera

Come risollevare l’esangue Fisco italiano? Il Procuratore capo di Milano, Francesco Greco, ha spiegato la sua ricetta venerdì 30 agosto alla festa per i 10 anni del Fatto: “La politica dovrebbe dare un segnale forte sulla lotta all’evasione, prima emergenza criminale del Paese. Nelle cassette di sicurezza ci sono 200 miliardi che si possono recuperare. […]

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Come risollevare l’esangue Fisco italiano? Il Procuratore capo di Milano, Francesco Greco, ha spiegato la sua ricetta venerdì 30 agosto alla festa per i 10 anni del Fatto: “La politica dovrebbe dare un segnale forte sulla lotta all’evasione, prima emergenza criminale del Paese. Nelle cassette di sicurezza ci sono 200 miliardi che si possono recuperare. Tutti evasori”.

Secondo alcuni analisti, questa stima potrebbe essere esagerata (è pari al contante che circola in un intero anno in Italia), ma altri invece la ritengono plausibile. Le cassette di sicurezza, in Italia e all’estero, sono spesso usate da evasori e criminali per nascondere grandi somme di cash. Proprio la richiesta di questi servizi, così come la frequenza delle visite alle cassette di sicurezza, è però già da anni tra gli “indicatori di anomalia” che i dipendenti bancari italiani devono analizzare per effettuare segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio (le “Sos”) all’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia.

Le somme nascoste nelle cassette di sicurezza dunque potrebbero essere anche molto più elevate, specie se si considerano quelle che gli italiani hanno aperto in altri Paesi: ma non sono sempre al sicuro, nemmeno in Svizzera. Come ci segnala un avvocato milanese esperto di questioni transfrontaliere, che chiede di restare anonimo: negli ultimi anni infatti sono cresciute non solo le commissioni e i costi imputati sui conti italiani dalle banche elvetiche, ma anche la conflittualità tra istituti di credito e depositanti italiani. Lo scontro è andato di pari passo con gli accordi bilaterali firmati tra Roma e Berna per recuperare base imponibile evasa o elusa: in alcuni casi le banche svizzere hanno bloccato le operazioni o i conti di italiani non in regola con il Fisco. Gli intermediari svizzeri si sono spesso giustificati dicendo di voler evitare rischi legali, ma dietro l’ipocrisia c’era il loro tentativo di arrestare l’emorragia di capitali “in nero”. Con l’approssimarsi della collaborazione sui dati finanziari tra Italia e Svizzera, infatti, dall’ex paradiso fiscale molti clienti con più di un segreto da nascondere sono fuggiti verso altri approdi che garantiscono riservatezza bancaria, come gli Emirati Arabi, Singapore, Panama o alcune isole dell’Oceano Pacifico e Indiano. Da qui è nata la crisi di molte piccole e medie banche svizzere che nei decenni precedenti avevano fatto fortuna sull’esportazione di capitali sottratti al Fisco italiano. A testimoniare queste vicende sono numerose sentenze pronunciate dal Pretore di Lugano nel triennio 2014-2016, prima della voluntary disclosure, che hanno riguardato il rifiuto di banche del Canton Ticino di eseguire ordini di prelievo o di bonifico di italiani che non avevano regolarizzato la loro situazione fiscale. I casi erano molto diversi, per cui in alcune situazioni la sentenza è stata favorevole alle banche, bloccando di fatto conti e operazioni, mentre in altre è stata invece a favore dei clienti italiani. Le due uniche sentenze del Tribunale Federale svizzero sinora note hanno invece dato ragione ai clienti italiani, che hanno così potuto riappropriarsi dei loro soldi, per quanto non tax compliant.