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TRUMP ANNUNCIA LA TREGUA E FERMA I RAID DI NETANYHU: “NON BOMBARDARE”. LO SFOGO SU TRUTH: “ISRAELE E IRAN NON SANNO PIÙ COSA C… FANNO”. Ieri Donald Trump sul suo social Truth alludeva al cambio di regime in Iran, stamane invece ha annunciato la tregua tra Israele ed Iran, senza avvisare prima Netanyahu. E la tregua è durata poco: in mattinata le Idf hanno fatto decollare i caccia per i raid, accusando Teheran di aver lanciato due missili. L’Iran ha smentito l’attacco mentre Trump ha subito ordinato a Netanyahu di calibrare il colpo o fermare i raid: “Non sganciate quelle bombe. Se lo fate, è una grave violazione. Riportate a casa i vostri piloti, ora!”, ha ammonito il tycoon Trump su Truth con gli aerei di tel Aviv in volo. Alla fine, l’attacco israeliano è stato simbolico: colpito un vecchio radar alla periferia di Teheran, zero danni e feriti. Simbolica è stata anche la rappresaglia iraniana sulla base militare Usa in Qatar, per rispondere all’operazione “Martello di mezzanotte” innescata dalla Casa Bianca. È stato il Qatar a mediare con l’Iran la tregua annunciata da Trump, sempre sul suo social, con Netanyahu spettatore. Il raid mattutino di Israele ha fatto infuriare il presidente Usa, che ha accusato Tel Aviv di aver “scaricato” sull’Iran “non appena abbiamo raggiunto l’accordo, un carico di bombe come non avevo mai visto prima”. “Abbiamo due Paesi che combattono così duramente e a lungo che non sanno cosa c…. stanno facendo – ha aggiunto il tycoon – Non sono contento di Israele (…) Non sono contento nemmeno dell’Iran”, ha dichiarato il tycoon ai giornalisti prima di imbarcarsi sul volo per l’Aja, dove incontrerà i leader della Nato. 24 ore sull’altalena, dunque, in bilico tra escalation e diplomazia, minacce bellicose e repentine svolte diplomatiche. La cartina di tornasole degli ultimi 12 giorni di guerra tra Israele e Iran. Sul Fatto di domani riavvolgeremo il nastro ripartendo dall’inizio del conflitto, e racconteremo la cronaca di una giornata tra guerra e tregua.

VERTICE NATO, SPESA MILITARE DAL 2 AL 5 PER CENTO DEL PIL: TUTTU CONCORDI TRANNE LA SPAGNA. “PROBABILE” INCOTRNO TRUMP-ZELENSKY. VON DER LEYEN: “RUSSIA ENTRO 5 ANNI TESTERÀ LE NOSTRE DIFESE”. Al vertice Nato in programma oggi e domani all’Aja (Olanda) sono tutti d’accordo, con l’eccezione della Spagna e Slovacchia: la spesa militare dei Paesi dell’Alleanza deve salire dal 2 al 5% del Pil, come chiesto da Trump. Anche l’Italia è allineata con la premier Meloni. Mentre l’Ucraina divide le due sponde dell’atlantico: Ue per il sostegno militare a Kiev, Trump propenso al dialogo con Putin. L’incontro tra il presidente Usa e Zelensky è “probabile”: nel caso, si discuterà di sanzioni alla Russia e sostegno bellico per l’Ucraina. Le richieste di Zelensky sono note: ingresso nella Nato e armi. Dalla sua parte c’è il segretario generale della Nato Mark Rutte: “Abbiamo ragione di pensare che per il 2025 avremo più aiuti militari dell’anno scorso, oltre 50 miliardi”, ha annunciato l’ex premier olandese. Al fianco di Zelensky ci sono anche Francia, Regno Unito e Germania (il cosiddetto formato E3). Macron, Starmer e Merz si sono riuniti all’Aja introno 18.15, prima dell’inizio del vertice. L’Europa da tempo predilige il riarmo alla diplomazia, convinta che l’esercito di Putin sia alle porte. “La Russia sarà in grado di mettere alla prova i nostri impegni di difesa entro i prossimi 5 anni”, ha dichiarato Ursula von der Leyen nel suo intervento all’Aja. Spalleggiata dal cancelliere tedesco: “Dobbiamo temere che la Russia voglia continuare la sua guerra oltre l’Ucraina”, ha dichiarato Merz, promettendo “l’esercito convenzionale più forte d’Europa”. Non tutti remano per il riarmo. Oggi a l’Aja, nel parlamento olandese, il leader M5s Giuseppe Conte ha tenuto la conferenza “No Rearm, no War”. Lo scopo è lanciare un coordinamento dei partiti progressisti europei contro il riarmo. Sul Fatto di domani vi racconteremo l’incontro dei leader Nato e le proteste contro il riarmo.

MELONI IN SENATO: “SI VIS PACEM, PARA BELLUM”. CALENDA SI ACCODA, PD E 5S ALL’ATTACCO. Dopo l’intervento di ieri alla Camera e le comunicazioni scritte depositate a Palazzo Madama, stamattina la premier ha replicato agli interventi in Senato. Lo scenario della guerra contro l’Iran è cambiato e Meloni non poteva non tenerne conto: “Siamo ancora fiduciosi che si possa andare avanti con una tregua e che si possa tornare alle negoziazioni”, ha osservato. Ha ribadito, però, la sua intenzione di dare seguito alle richieste della Nato circa le spese per il riarmo: “La penso come i romani: si vis pacem, para bellum. Se si hanno sistemi di sicurezza e di difesa solidi si possono più facilmente evitare conflitti”. La premier ha riservato alcune stoccate all’Unione – “Una eventuale difesa comune parallela all’Alleanza sarebbe un errore” ,– e difeso l’amico Trump: “Il caos non è stato generato da lui”. Poi la battuta su Conte: “Io vorrei tanto essere Giuseppe Conte ma sono Giorgia Meloni, nella vita non si è sempre fortunati”. All’ex premier ha rinfacciato nuovamente di aver firmato l’impegno del 2% sulle spese militari. Accuse subito rispedite alla mittente: “Il 2% è stato firmato nel 2014, quando io ero professore a Firenze e Meloni era in politica da tempo”, ha replicato il leader 5S . Il Movimento ha presentato al Senato la stessa mozione su cui ieri Pd e Avs hanno votato contro: nel testo si chiede al governo di impegnarsi “a interrompere la fornitura di materiali d’armamento alle autorità governative ucraine” e a “intensificare gli sforzi per trovare una soluzione efficace alla questione del transito e approvvigionamento del gas che non escluda una possibile collaborazione con la Russia”. Anche la segretaria Pd ha replicato a Meloni: “Rispetto a 2000 anni fa il mondo ha fatto dei passi in avanti nella risoluzione delle controversie”, ha detto Schlein. Allineato col governo, invece, Carlo Calenda: ok finale alla risoluzione di maggioranza nella quale sono stati accolti alcuni rilievi di Azione.
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Precipita dal terzo piano a Vienna mentre era con il fidanzato: morta hostess palermitana. Indaga la polizia. Non ce l’ha fatta Aurora Maniscalco, la giovane hostess palermitana di 24 anni, precipitata nella capitale austriaca dal terzo piano di un palazzo. La ragazza, ricoverata in ospedale, è morta ieri sera per le gravi ferite riportate nella caduta. La polizia austriaca, che sta indagando, sospetta che possa non essersi trattato di un incidente. La 24enne, da poco residente nella capitale, si trovava in compagnia del fidanzato, un 27enne anche lui palermitano, già ascoltato dagli investigatori. I genitori hanno subito raggiunto la figlia e sono stati ricevuti dall’ambasciata italiana.
Voto venduto per 50 euro, chiesta l’archiviazione per 51 elettori: “Peccato veniale”. Così la procura di Bari ha motivato la richiesta di archiviazione per 51 elettori, indagati con l’accusa di corruzione elettorale. Il provvedimento riguarda l’inchiesta che ad aprile 2024 portò ai domiciliari l’allora sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, e l’allora numero uno di Sud al Centro, Sandrino Cataldo, marito dell’allora assessore regionale della Puglia, Anita Maurodinoia.
Impiegato della Coop con la 104 controllato con il Gps e licenziato. Il giudice: “Riassunzione e risarcimento”. È stato licenziato dall’azienda senza preavviso, dopo 16 anni da impiegato, perché sospettato di non utilizzare in modo corretto i permessi richiesti per assistere la madre, ma un giudice del lavoro di Venezia ha ordinato il reintegro. La sentenza condanna l’azienda – Coop Alleanza 3.0 con sede nel Bolognese – a restituire il posto di lavoro a al risarcimento, definendo “censurabile” il licenziamento improvviso del dipendente, ritenuto “affidabile e diligente, mai attinto da sanzioni disciplinari”. Eppure, gli spostamenti del lavoratore sono stati controllati dall’azienda tramite un un sistema Gps sulla sua auto. Secondo i datori di lavoro l’uomo non avrebbe prestato cure alla madre. Una versione smentita dalla sentenza del giudice del lavoro.
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