Uk - Pizza, friarielli e pounds, la ricetta per il riciclaggio a Londra

di Cecilia Anesi, Matteo Civillini, Giulio Rubino

Non è facile essere il boss di un clan mafioso. In anni di lotte per fare prevalere la tua famiglia devi trasudare carisma, violenza, intimidazione. Devi ispirare rispetto e timore, conoscere la strada e i suoi umori. Devi tanto mantenere la fedeltà dei tuoi uomini quanto gestire il rapporto con i clan rivali. Non c’è tempo per apprendere anche le abilità tecniche necessarie al funzionamento della macchina dell’economia mafiosa, specie in un mondo sempre più interconnesso e complesso. E allora, i boss si rivolgono a specialisti di fiducia. Si tratta di professionisti, non necessariamente affiliati, pronti a sporcarsi le mani per la mafia. Le due posizioni per cui maggiormente si ‘assume’ sono quella del narcotrafficante e quella del riciclatore.

Antonio Righi è considerato dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli uno di questi specialisti, un esperto riciclatore per la camorra. Già condannato per traffico di droga e ricettazione è ora a processo con le accuse di concorso esterno e riciclaggio per avere favorito le famiglie Contini e Mazzarella. Due famiglie nemiche, protagoniste di una guerra che ha lasciato decine di morti sulle strade partenopee, eppure legate allo stesso abilissimo riciclatore: Antonio Righi alias Tonino 'o Biondo.

Si è inventato una figura nuova, 'o Biondo. Non è un commercialista da usare come un fazzoletto e poi buttare via, non è soltanto uno specialista della finanza offshore. E’ un cardine tra due mondi: quello della camorra, che produce profitti illeciti, e quello dei colletti bianchi, che i soldi li ripulisce e fa fruttare tra i vetri a specchio delle banche europee. Sa presentarsi in giacca e cravatta, Righi, quando si tratta di acquistare immobili per le sue pizzerie, ma conosce il potere dell’intimidazione mafiosa e quando deve minacciare non va per il sottile. “Noi siamo venuti stasera per ucciderti, forse tu non hai capito nulla! Contemporaneamente uccidiamo pure tuo figlio e tua moglie, vuoi capirlo o no?” dice senza mezzi termini a un promotore finanziario che si era impossessato di 200mila euro che Righi gli aveva affidato per conto della “famiglia” di camorra. Lo va a prelevare e lo obbliga a salire in auto. Nella sala ascolto dei Carabinieri rimbomba il rumore delle percosse e il pianto disperato del broker. Cala il silenzio, scandito solo da ripetute minacce di morte. Il broker, terrorizzato, capisce di non avere scampo e mesto compila assegni per 375mila euro.

PIZZA CIRO

La storia dei Righi inizia nel lontano 1983 quando a guidare la famiglia era il padre Ciro. Fu allora che gli venne affidato il compito di riciclare parte del riscatto da un miliardo e 700 milioni di lire pagato per liberare il gioielliere Luigi Presta, sequestrato dalla camorra. Era l’inizio di una dinastia. Nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione ‘Margarita’ della Procura di Napoli sono accusati decine di membri della famiglia, comprese nuore, generi e collaboratori più stretti. Per il pm Ida Teresi che ha guidato il pool d’inchiesta, sarebbero tutti implicati in un’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’occultamento di denaro illecito.

Dai primi anni ‘80 i Righi hanno cavalcato un’escalation imprenditoriale che gli ha guadagnato un impero economico ai quattro angoli del globo. Per gli inquirenti l’ascesa si deve principalmente al denaro del clan Contini. Nel 2014 i Righi finiscono sulle prime pagine dei giornali per il sequestro del marchio “Pizza Ciro” e con esso 28 tra ristoranti, pizzerie e gelaterie a Roma, Rimini e in Versilia perché considerate attività finanziate dai Contini. Ma l’espansione dei Righi è andata ben oltre il centro Italia. Il portfolio di investimenti finanziari e immobiliari copre mezzo mondo, con acquisto di immobili di pregio soprattutto in Est Europa (a Bratislava un appartamento da 8 milioni di euro), mentre il marchio ‘Pizza Ciro’ viene registrato in Spagna, Inghilterra e Cina. In Spagna è Barcellona la città prescelta: lì aprono una pizzeria nel centro commerciale Arenas Nuova e un ristorante sulla Diagonal, una delle principali strade della capitale catalana.

Tentacoli che partono da Napoli e si dipanano in tutto il mondo, ma che hanno però un comune denominatore: l’Inghilterra. Lo ammette in un’intercettazione Righi, di volere usare proprio il Regno Unito per operazioni estero su estero con una specifica azienda di diritto inglese. E la Dda partenopea vuole vederci chiaro. Quando arriva però il momento di chiedere alla polizia inglese una mano per scavare dietro ai muri delle fiduciarie, qualcosa non funziona. “Il paritetico organo, sentito tramite il sistema Sirena [per la collaborazione giudiziaria tra paesi dell’Unione Europea], non c’ha mai risposto,” dichiara la procura generale in udienza a Napoli. E, così, le indagini sul filone britannico si arenano definitivamente.

Così a seguire il filo dei soldi ha provato il centro di giornalismo di inchiesta Irpi, arrivando fino al cuore finanziario d’Europa, la City of London. Qui ad Antonio Righi sono legate cinque società, ormai tutte chiuse tranne una, che rischiano di custodire per sempre i segreti del riciclatore di punta del clan Contini.

COME APRIRE UNA SOCIETA' IN DIECI MINUTI

Il mondo delle corporation britanniche è un vero Far West fatto di aziende che spuntano come funghi e che spesso hanno vita molto breve, giusto il tempo di un’operazione sospetta o di trasferire capitali offshore. Una condizione che deriva dalla progressiva deregolamentazione delle normative per la creazione di imprese portata avanti dai governi inglesi dalla fine degli anni ‘70 in avanti. Aprire una società nel Regno Unito è diventato un giochetto da ragazzi, che non richiede più di dieci minuti. Basta inserire i propri dati nel portale online del Registro Imprese britannico e versare 12 sterline (15 euro circa). Trentasei ore dopo la nostra Ltd è operativa. Senza alcun controllo a monte sulle informazioni fornite. Un estremo azzeramento della burocrazia che ha dato una forte accelerata all’economia del Regno, lasciando però la porta aperta a chi attraversa la Manica con scopi tutt’altro che nobili.

Fra questi, Righi si conferma un maestro. Le indagini del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma avevano dimostrato l’estrema complessità delle manovre economiche e aziendali della famiglia Righi in Italia. Impiegavano un vero e proprio esercito di prestanome e con cadenza annuale effettuavano continui trasferimenti di quote, vendite e intestazioni fittizie di beni al fine di intorbidire le acque. A Londra, viene applicato lo stesso disegno: il nome di Righi appare e scompare nelle cinque società, incrociandosi con i nomi di soci di comodo o promotori finanziari, dando la costante impressione di non essere mai lui la mente dietro la fitta rete societaria. Le cinque aziende seguono tutte uno stesso destino: hanno un capitale sociale di decine di milioni di sterline, ma vengono tenute dormienti. Vengono risvegliate dal letargo per operazioni ad hoc, come il truffaldino acquisto di squadre di calcio in Italia e nei paesi dell’Est Europa.

Anche se aprire un’azienda a Londra è un’operazione rapida che si può fare online, è chiaro che risulta di maggiore garanzia rivolgersi a studi di esperti che seguano il processo di registrazione. E così Righi sceglie Formation House, servizio di incorporazione di aziende a 29 Harley Street, nel ricchissimo quartiere di Marylebone. Non un nome a caso. Il giornale inglese The Guardian ha scoperto come Formation House fosse specializzata nel registrare scatole vuote poi utilizzate da riciclatori o truffatori internazionali. È proprio qui che a maggio 2007 prende vita la prima società inglese di Righi, la Carrefur Ltd, l’unica scoperta dagli inquirenti italiani. A gestirla per lui è Alessandro della Chiesa, 75enne di Cesenatico, ‘factotum’ di Righi indagato dai Carabinieri per il suo coinvolgimento nel commercio del pesce dell’azienda Società Cooperativa Pescevivo, che distribuiva a Napoli il pescato delle coste dell’Adriatico. La Pescevivo nasceva con un investimento personale di Righi, ma era destinata a sostenere il potere del clan Mazzarella nel mercato del pesce partenopeo, un’area d’influenza tradizionalmente di un altro gruppo, quello dei Mugnanesi. Alessandro della Chiesa, rivelano le intercettazioni, era strettamente a servizio di Antonio Righi in tutta l’operazione, rispondendo ai suoi ordini dalla costa adriatica.

Un rapporto che specularmente continua in terra anglosassone. Ufficialmente nella Carrefur Della Chiesa ci entra solo a maggio 2009, ma dalle intercettazioni emerge come sarebbe stato proprio lui a permettere di aprire e gestire l’azienda dormiente a Londra. Infatti, già a luglio 2008 Righi chiede a Della Chiesa se può sfruttarla per un affare che ha per le mani. “Questa società come è, è buona?” chiede Righi. “E’ buona perché c’hai un bel capitale”, risponde il socio. “Due milioni di sterline”, ricorda Righi a voce alta. L’affare non viene specificato, ma il giorno successivo Righi discute con un broker finanziario di un investimento da oltre 200mila euro in un fondo immobiliare della Credit Suisse. Un investimento che metterà il broker in seri guai. Non era riuscito a garantire nei termini richiesti dal clan la buona riuscita dell’affare, e finisce pestato a sangue e costretto a restituire l’intera somma, maggiorata.

COME TI AFFOSSO IL CLUB DI SERIE A

Quella però non era la prima volta che la Carrefur veniva messa in moto per spostare soldi. Già l’anno precedente, prima che finisse sotto la lente degli inquirenti, la società era servita ad affacciarsi al mondo del calcio. Infatti, a settembre 2007 acquisisce la squadra ungherese FC Sopron, all’epoca militante nella serie A locale. Il neo-presidente Righi fa grandi proclami: azzeramento dei debiti della precedente gestione, cinque nuovi giocatori di alto livello e calcio spettacolo. L’avventura però non dura molto: qualche mese più tardi la federazione ungherese squalifica la società per mancati pagamenti ai dipendenti e al fisco. A meno di un anno dell’ingresso a gamba tesa di Righi, lo storico club viene sciolto e scompare per sempre.

Il rettangolo verde è una vera passione per Tonino & Co. A settembre 2008, un anno dopo lo sbarco in Ungheria, il gruppo usa la società inglese Finance Mortgages Limited per l’acquisto del Modena Calcio con una fidejussione da mezzo milione di euro, salvo poi sparire nel nulla. Un’operazione folle, a meno che non avesse come unico scopo quello di giustificare dei movimenti di soldi finiti poi altrove. Lo stesso drappello di soci di Righi finisce in guai seri con la giustizia rispetto ad un’altra operazione finanziaria sospetta in tema di calcio. Nel 2013 infatti Alessandro della Chiesa viene condannato a sei anni e mezzo per la bancarotta fraudolenta del Ravenna Calcio.

Righi però compare anche in alcune società il cui scopo rimane criptico. Ce ne è una in particolare, la Magnolia Fundaction, che sembra uscita direttamente dal fumetto Topolino. Ha una ricca cassaforte di 90 milioni di sterline di capitale versato, ma a gestirla assieme a persone in carne e ossa sono personaggi del tutto inventati. Righi ci entra il 1 marzo 2008 e ci sta solo per 24 ore. Ad aprirgli la porta è il promotore finanziario Ottavio Siracusa, una vecchia conoscenza dell’imprenditore napoletano. A dirigere l’azienda fino a quel momento erano state le sapienti mani di due assi dell’abbaglio. Si tratta di Gennaro Ruggiero e Francesco Isidoro Candura, due broker finanziari saliti all’onore delle cronache nel 2008 per avere investito, tramite una finanziaria inglese, 250 milioni di euro in attività di lobbying presso le istituzioni europee - 30 volte di più di qualsiasi altro colosso americano registrato alla Commissione Europea. I due però vengono anche indagati dalle Procure di Milano e Benevento per aver preso parte all’organizzazione di un colpo di stato nella regione di Cabinda in Angola. La congiura, vera o finta che fosse - avrebbe permesso a Ruggiero di fregiarsi del titolo di Ambasciatore di Cabinda a San Marino.

PREMIATA DITTA BANDA BASSOTTI

Ed è in quello stesso periodo che Righi e l’Ambasciatore si incrociano nella Magnolia, una azienda che ricorda una multiproprietà al mare: una scatola vuota da usare all’occorrenza da menti diverse. Passa di mano, rimbalza come una palla tra promotori finanziari e una serie di prestanome irrintracciabili, forse addirittura inesistenti. Infatti, il 27 gennaio 2010, per un totale di 48 ore, viene iscritto come direttore un nuovo Ottavio, che questa volta di cognome fa “Detto Il Ladro di Galline” di professione “truffatore”. E ad affiancare questo bizzarro amministratore come segretario, vi è la “Banda Bassotti Company Ltd”, registrata in Via Dei 40 Ladroni, Ali Babbà, Italy. Il tutto senza che il registro imprese d’Inghilterra battesse ciglio. Candura e Ruggiero, contattati da Irpi per un commento e per conoscere la natura degli affari della Business Bank al tempo della loro presenza nella società, hanno preferito non rispondere.

Delle varie aziende inglesi usate da Righi e identificate da Irpi, ne rimane attiva solo una. Si chiama Business Bank Italy Ltd e ha sede in una villetta a schiera dell’estrema periferia Est di Londra. Ha però ambizioni da multinazionale. Viene aperta nell’estate del 2008 con 10 milioni di sterline da Alessandro della Chiesa, uomo chiave per Righi, proprio nel periodo in cui i due curano l’affare del pesce per conto del clan Mazzarella. Righi comparirà nella Business Bank come amministratore e azionista solo quattro anni più tardi, per qualche mese, per passare nuovamente la palla ai suoi fidati collaboratori. Fino al 2015 la società rimane sottotraccia, poi di colpo pubblica un sito web per attrarre clienti con tanto di motto: “servizi finanziari per l’investitore globale”. Una “venture capitalist alla ricerca di idee rivoluzionarie che già da diversi anni aiuta imprenditori a realizzare i propri sogni”, si legge sul sito, che ai progetti selezionati fornisce “equity, capitali di partenza e prestiti da investitori privati”. Una pretesa singolare per una società che si sveglia da una glaciazione di quattro anni. Ma soprattutto una promessa che non trova conferma nella realtà.

E’ davvero difficile entrare in contatto con chi l’amministra. Da gennaio di quest’anno infatti la controlla un misterioso italiano registrato presso un indirizzo ungherese, una casetta modesta in un villaggio nella piana di Budapest. E dal 26 giugno a dirigerla è un 71enne di Mazara del Vallo. Entrambi impossibili da contattare. Non è stato possibile chiedere delucidazioni né a Righi, né al socio Della Chiesa perché, contattati da Irpi tramite i legali, hanno preferito non rispondere né su questo ne sulle vicende processuali che li riguardano.

SE LA LEGGE PROTEGGE IL RICICLAGGIO

Alle mafie il Regno Unito, e specialmente il centro finanziario di Londra, piace davvero. Qui si trovano tutti i servizi necessari per architettare complesse strutture societarie da cui far transitare capitali occulti. Righi sembra averlo capito alla perfezione. Senza neppure doverci mettere piede, da lì tesse i fili delle sue attività nel mondo, lontano dagli occhi dell’Antimafia italiana, protetto da un sistema legislativo carente e da un mondo finanziario che non si fa domande.

Tra gli edifici di cristallo della City, sostengono gli investigatori, i riciclatori delle mafie italiane trovano il conforto necessario: sono visti come imprenditori in giacca e cravatta, che appaiono e scompaiono come i loro capitali, oggi a Londra domani alle Cayman, senza creare scompiglio. Mentre il sangue si versa per le strade di Napoli. A Londra, sui vetri dei palazzi, anche a guardare bene si può solo scorgerne un riflesso sbiadito.

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