Comincia questa settimana Scanzi Quotidiani. È la mia newsletter e uscirà ogni venerdì. Dentro ci troverete i migliori post della settimana usciti sulla mia pagina Facebook, un articolo tratto dal cartaceo del Fatto Quotidiano (in questo caso l’anticipazione del mio nuovo libro) e molte cose inedite. Per esempio il vino della settimana. Oppure un disco storico da (ri)ascoltare. Uno sportivo indimenticabile. Una serie tivù imperdibile. Le mie date teatrali. I link ai miei profili social. E tanto altro ancora. Il debutto di oggi è particolarmente felice, perché giusto ieri è uscito per Paper First il mio nuovo libro, I Cazzari del Virus (booktrailer), al primo posto assoluto nelle classifiche Amazon e già in ristampa. Buona lettura e, una volta di più, grazie di tutto!
Il disco: Nebraska, Bruce Springsteen
Il dramma di George Floyd fa automaticamente tornare alla mente la straziante American Skin (41 Shots) di Bruce Springsteen. Non a caso, Springsteen ha detto che scriverà un brano su Floyd di 8 minuti, “la stessa durata della sua agonia”. Per questo scelgo come primo artista di questa newsletter proprio Bruce. Ogni suo disco nasconde gemme, soprattutto quelli che vanno dal 1975 (Born to Run) a Tunnel Of Love (1987). E anche dopo, Springsteen ha regalato perle inaudite come The Ghost Of Tom Joad (1997) e The Rising (2003). Oggi scelgo però Nebraska (1982). Il suo disco più povero e plumbeo, sin dalla copertina. Voce, chitarra, armonica. Fine. Anzi no: si sente anche una sedia che scricchiola, ogni tanto, ed è quella sopra la quale era seduto durante Bruce. Registrò il disco di getto, e alla fine decise di pubblicare la versione più spartana, che in via teorica doveva essere solo il “demo”. Infiniti i capolavori contenuti. Tra i tanti, cito State Trooper (con un urlo finale inquietante), Highway Patrolman (che ha ispirato l’opera prima registica di Sean Penn) e Johnny 99, coverizzata anche da Johnny Cash.
Lo sportivo: Stefan Edberg
In tempo di pandemia, e dunque di stop generale, ripenso con nostalgia a Stefan Edberg. La bellezza del suo gioco di volo resta probabilmente inarrivabile. Se fosse stato un calciatore, sarebbe stato Marco Van Basten. Estetica pura. Ha vinto 6 Slam, era a casa sua soprattutto (ma non solo) a Wimbledon. Sfiorò il Roland Garros, unico Slam che gli è mancato, ma perse in finale contro il Chang crampi & banane che aveva ridicolizzato Lendl. Edberg era chiamato “tacchino freddo” da Galeazzi, ma la sua non è mai stata “freddezza”: casomai era la consapevolezza di essere, per distacco, il più elegante fra tutti. Indimenticabili, in particolare, i due Wimbledon vinti (1988 e 1990) e la macellazione che riservò in semifinale a Lendl agli Us Open del 1991. Un giocatore come Edberg, oggi, è irripetibile: è cambiato tutto e il serve and volley è più raro di una frase intelligente di Gasparri. Se però cercate la bellezza anche nel tennis odierno, vi segnalo due nomi: Tstisipas e Shapovalov.
La serie: Peaky Blinders
Birmingham, a cavallo tra la fine della Prima Guerra Mondiale e inizio Anni Trenta. Cinque stagioni (stanno girando la sesta, Covid-19 permettendo). Al centro di tutto, la famiglia Shelby dominata dall’enigmatico Thomas (interpretato da un gigantesco Cillian Murphy). Una delle serie più belle di tutti i tempi. Un po’ Scorsese (quello di Goodfellas, ma pure di Gangs of New York) e un po’ C’era una volta in America. Musica pazzesca (Nick Cave, Radiohead, Pj Harvey), recitazione mostruosa, ricostruzione dell’epoca magistrale. Sceneggiatura che coinvolge e devasta. Il bene che sconfina nel male, e viceversa. Di serie ne avrò viste 500 (non esagero), e Peaky Blinders sta nella top ten senza discussioni.
Vino
Il Torbo, Podere La Castellaccia
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