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Suicidio assistito, Cappato si autodenuncia per la morte dell’82enne Romano: “Ci sono troppe richieste, aiutatemi. È violenza di Stato”

L'uomo malato di Parkinson è morto il 25 novembre in una clinica svizzera. Ora Cappato rischia fino a 12 anni di carcere: "La politica italiana resta zitta. È indegno per un Paese civile continuare a tollerare l’esilio della morte in clandestinità. A dicembre aiuteremo un'altra persona"
Suicidio assistito, Cappato si autodenuncia per la morte dell’82enne Romano: “Ci sono troppe richieste, aiutatemi. È violenza di Stato”
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Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, si è autodenunciato a Milano per aver accompagnato in una clinica svizzera, specializzata nel suicidio assistito, un uomo malato: Romano, un 82enne di origini toscane e residente a Peschiera Borromeo, nel Milanese, è morto ieri, 25 novembre. “È indegno per un Paese civile continuare a tollerare l’esilio della morte in clandestinità“, ha commentato Cappato.

L’82enne era affetto da una grave forma di Parkinson e non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Ora Cappato rischia “fino a 12 anni di carcere“, come ha sottolineato lui stesso. Si è presentato nella caserma di via Fosse Ardeatine con l’avvocato e segretaria dell’Associazione, Filomena Gallo. Si tratta della stessa caserma in cui lo scorso agosto si è denunciato per aver accompagnato in Svizzera la signora Elena, malata terminale di cancro, e dove cinque anni fa si è presentato per il caso di dj Fabo, Fabiano Antoniani, un suicidio assistito che ha dato il via alla discussione sul fine vita.

“La trappola nella quale stava per cader definitivamente Romano era quella di acquisire il cosiddetto quarto criterio, previsto dalla Corte costituzionale – ha spiegato Cappato -: diventare dipendente dal trattamento di sostegno vitale, ma allo stesso tempo avrebbe perso la capacità di intendere e di volere che è una delle condizioni indispensabili per ottenere l’aiuto alla morte. Questa è una condizione di oggettiva violenza esercitata dallo Stato“.

Ha aggiunto poi che non ha intenzione di fermarsi: nel mese di dicembre, Soccorso civile, una delle associazione di cui è responsabile Cappato, aiuterà un’altra persona che “ha appuntamento” per andare a morire in Svizzera. “Si è rivolta a noi – ha dichiarato -, ci siamo presi l’impegno di aiutarlo“. “Sono sempre di più le persone che si rivolgono a noi. Devo chiedere aiuto, le persone che ci contattano sono sempre di più – ha aggiunto -. Questo non è problema che si può nascondere sotto il tappeto, ma è sempre più un problema urgente. Spero che ci siano altre persone pronte ad assumersi questa responsabilità. Non posso farmi carico da solo. È un invito esplicito ad aiutarci con tutti i modi possibili” in questa operazione di “disobbedienza civile“.

“Al di là del colore delle maggioranze o delle opposizioni, la politica italiana resta zitta“, ha continuato Cappato. “Tutti zitti, mi dispiace per loro – ha detto -, perché queste vicende sono reali e sarebbero occasione di riflessione e di parola, ovviamente anche per chi è contro le soluzioni che noi proponiamo. Sia sulla vicenda di Romano sia su quella di Elena devo constatare, salvo qualche sparuta eccezione, il silenzio dei grandi capi del potere italiano. Ciascuno lo interpreti come vuole”. Poi ha specificato: “Noi non chiediamo impunità, non stiamo chiedendo di chiudere un occhio, stiamo chiedendo allo Stato italiano di assumersi le proprie responsabilità. Non è una provocazione, è un’autodenuncia. Non abbiamo la pretesa che si sia tutti d’accordo con noi”.

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