Vi dico come voterò all’uninominale

14 Dicembre 2017

Il prossimo 4 marzo (o quando sarà) intendo recarmi a votare (o a non votare) con le idee molto chiare. Esaminerò con attenzione, una per una, ogni candidatura della mia circoscrizione nella quota maggioritaria. Si chiama sistema uninominale e dunque sceglierò tra i tanti il “nome” che mi darà più garanzie, come si fa quando si sceglie qualcuno di cui potersi fidare. Il medico che avrà cura della nostra salute (senza ingannarci). Il consulente finanziario che avrà cura dei nostri risparmi (senza truffarci). Il meccanico che avrà cura della nostra auto (senza rapinarci).

Nella nostra vita reale prima di concedere un minimo di confidenza a qualcuno non ci accontentiamo certo di un nome e di un cognome ma vogliamo sapere costui chi è, che faccia ha e, particolare non secondario, se ci ispira simpatia. Il più delle volte con chi non conosciamo tendiamo a essere (giustamente) schizzinosi, diffidenti, esigenti. C’informiamo sulla sua vita, sulle sue amicizie e se nel giudizio comune è considerato una brava persona ne siamo rassicurati.

Però, quando si tratta di mandare qualcuno a rappresentarci in Parlamento, possiamo semplicemente accontentarci di un simbolo? O di una sigla? O di uno slogan? O di uno spot? O di una comparsata televisiva? Forse accadeva un tempo quando dietro quelle sigle e quei simboli c’erano una storia gloriosa, personalità prestigiose. Ma adesso, ditemi voi, come si fa? Insomma: le ideologie sono morte, io non mi sento tanto bene e fiducie a scatola chiusa non le regalo più a nessuno.

Per essere più chiari: mettiamo che per una certa assonanza politica (e/o per abitudine) negli anni io abbia preferibilmente votato per il partito dell’Albero. Mentre per le ragioni opposte abbia nutrito una certa ostilità nei confronti del movimento delle Mele. E che cercando in Internet qualcosa sul candidato uninominale dell’Albero scopra, mettiamo, che costui è un oscuro funzionario di federazione appoggiato dal capataz di turno, col timbro del segretario. E che invece il prescelto delle Mele sia, mettiamo, un apprezzato urbanista autore di un progetto di riqualificazione del mio quartiere. O viceversa. Come potrei non scegliere il candidato più competente e più qualificato anche se, per ipotesi, avesse sempre militato a destra e io a sinistra? O viceversa?

Si tratta di buoni propositi destinati a infrangersi contro le convenienze della politica più triste e squallida? Da ciò che si legge sembrerebbe di sì. Per sperare di ottenere quel voto in più decisivo nel maggioritario, infatti, il Pd raduna cespuglietti e centrini per dare gusto al minestrone del non si butta niente. Il padrone unico di Forza Italia annuncia invece che non ricandiderà la metà dei parlamentari uscenti, trattati come polli al mercato dei polli: tu sì lui no. Quanto ai Cinque Stelle, vorremmo sbagliarci, ma le avvisaglie sono quelle di un nuovo festival degli sconosciuti, indicati con un pugno di voti dalle Parlamentarie.

Ovunque, al momento, regna un silenzio tombale sui criteri di scelta come si trattasse dell’ultimo (e più scomodo) dei problemi. Poi, quando sarà, vedrete che ogni lista sarà impreziosita dal solito album della figurine Panini: uno scrittore qua, un ex calciatore là, una cantante in omaggio alle quote rosa e ai titoli sui giornali. Anche se eletti costoro sanno che non conteranno una cippa, come tanti illustri predecessori utili solo a fare numero e a premere tasti. Cose che, trascorso il tempo necessario, leggeremo in qualche memoriale dal titolo: sì mi hanno eletto ma non contavo una cippa. Mentre scrivo mi rendo conto che pretendere un Parlamento eletto, possibilmente, sulla base di criteri di competenza, merito, onestà (ohi ohi) è come raccontare barzellette aggrappati alla luna.

Eppure, non sarebbe nell’interesse della classe politica più screditata nella storia repubblicana dotarsi di qualche testa pensante in più, dimostrare che il potere legislativo è, prevalentemente, in buone mani? Vedrete: auspicheranno e annunceranno ma poi, al dunque, preferiranno il funzionario all’urbanista, l’appartenenza al quoziente intellettuale. Se così dovesse essere il 4 marzo (o quando sarà) mi recherò lo stesso al seggio del mio quartiere e una volta in cabina eviterò di infilare nella scheda, come accadde, una fetta di prosciutto scrivendo: vi siete mangiati tutto magnateve pure questo. Mi accontenterò di accompagnare l’esercizio del mio diritto/dovere con queste sobrie parole: cari tutti, non mi fregate più.

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