Marco Travaglio

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Tutto suo padre

11 Marzo 2017

Alla convention di Forza Pd, aperta ieri al Lingotto, il leader del centrosinistradestra Matteo Renzusconi esibirà oggi come un trofeo Tommaso Nugnes, figlio di Giorgio, l’assessore comunale Pd alla Protezione civile e al Territorio della giunta napoletana Iervolino che nel novembre 2008 si tolse la vita mentre era sotto inchiesta per complicità nei violenti scontri contro la discarica locale. L’altra sera, a Porta a Porta, Renzusconi aveva gettato il cadavere del politico suicida addosso ai pm di Napoli che hanno scoperto lo scandalo Consip (dov’è coinvolto anche suo padre), raccontando una versione falsa e bugiarda del caso Nugnes: “Alfredo Romeo dieci anni fa si è fatto 2 mesi di carcere, poi gli hanno detto che era innocente. Ma l’assessore Nugnes si è suicidato. Sono molto felice della presenza di suo figlio al Lingotto”. Il simpatico vezzo di usare gli indagati morti per screditare i pm vivi e riabilitare gli inquisiti vivi non è una novità, nella fogna politica nostrana: ci avevano già provato i futuri pregiudicati Craxi e Berlusconi (infatti a difendere il Giglio Fracico sono già scesi in campo Giuliano Ferrara, Sallusti e Ghedini). Ora Renzusconi concede il bis, falsificando pro domo sua (oltreché di Lotti, babbo Tiziano, Romeo & C.) il caso Nugnes, che non andò affatto come lui l’ha raccontato.

L’inchiesta che lo vedeva coinvolto quando si impiccò non era quella sul Global service di Romeo & C., finita con una raffica di condanne in primo e secondo grado e con un annullamento plenario in Cassazione: per quella, Nugnes non aveva ricevuto alcun avviso di garanzia. Era stato invece arrestato per le violente proteste degli ultras napoletani contro la discarica di Pianura, con le accuse di associazione a delinquere, devastazione e interruzione di pubblico servizio, in base alle sue telefonate all’amico di An Marco Nonno e a vari ultras, che sembrava avvertire sugli spostamenti della polizia. Subito dopo fu scarcerato col solo divieto di risiedere a Pianura per tre giorni a settimana per ridurre il rischio di inquinamento delle prove. Il suo avvocato Nello Palumbo spiegò: “Era accusato di essere tra i registi degli scontri di Pianura, per alcune telefonate in cui parlava dei movimenti dei blindati delle forze dell’ordine intorno alla discarica. Ma non riusciva a capire perché non fosse stata trascritta la sua telefonata a una giornalista che l’avrebbe scagionato. Ho provato a rincuorarlo, spiegandogli che nel processo avremmo fatto colmare questa lacuna, ma lui era prostrato dalla fatica nel far emergere la verità”. Qualcuno ipotizzò del suo coinvolgimento in una storia di appalti e camorra.

Ma Palumbo precisò che non aveva ricevuto alcun avviso di garanzia e “nell’ultima telefonata mi parlò solo dei fatti di Pianura”. E il procuratore aggiunto Franco Roberti, capo della Dda, smentì l’indagine per camorra. Venti giorni dopo furono arrestati per corruzione Romeo e altri 12 per lo scandalo Global Service: si scoprì che i pm avevano chiesto di arrestare anche Nugnes che, dalle intercettazioni, risultava aver passato all’imprenditore notizie riservate su certe delibere in cantiere. Ma questo Nugnes non poteva saperlo quando si tolse la vita. Seguirono le condanne, poi annullate dalla Cassazione che, parlando di Romeo (Nugnes era stato stralciato per “morte del reo”), definì la condotta dell’assessore-informatore “non corretta sul piano istituzionale”: una “violazione dell’obbligo di imparzialità”, anche se “non criminosa”. Invece, per gli scontri di Pianura, il processo si è chiuso in primo grado con una raffica di condanne: 8 anni a Nonno, l’alter ego di Nugnes, e pene severe anche agli altri imputati collegati all’ex assessore.

Di che va cianciando dunque Renzusconi, confondendo i processi e scambiando condanne per assoluzioni? E perché non va fino in fondo alle sue deliranti accuse, facendo i nomi dei magistrati che nel 2008 istruirono i processi Pianura e Global Service, a partire dal loro coordinatore, cioè l’attuale procuratore nazionale antimafia Franco Roberti? Vuole forse dirci che Roberti, simbolo della lotta alla camorra, è un cialtrone perché qualche suo imputato (non Nugnes però) è stato assolto? Vuole comunicare ai mafiosi, che lo tengono nel mirino, che non hanno tutti i torti a sentirsi perseguitati dalla giustizia? Oppure, oltre a straparlare su inchieste e sentenze che non conosce, ha confuso pure i magistrati e ce l’ha con Henry John Woodcock che ai tempi del caso Nugnes stava a Potenza e ora lavora a Napoli nella Dda, cioè si occupa prevalentemente di camorra e ha seguito ultimamente l’indagine sulla “paranza dei bambini”? Vuole forse dirci che Woodcock, quando fa arrestare i camorristi, è un genio e, quando scopre i traffici tra Romeo, Consip e Giglio Magico, è un coglione? E, siccome a Porta a Porta ha ripetuto le solite accuse a Woodcock “specializzato in inchieste che arrivano a un nulla di fatto” (balla colossale, come dimostrava ieri Gianni Barbacetto), si rende conto di regalare una formidabile arma agli avvocati dei camorristi, o parla a vanvera? E parla da leader del partito di maggioranza relativa, o da figlio di suo padre? E il ministro della Giustizia Andrea Orlando, suo competitor alle primarie Pd, non ha nulla da dichiarare? E il Csm, dal presidente Mattarella al vicepresidente Legnini in giù, cos’aspetta a tutelare i magistrati da questi attacchi vergognosi come faceva ai tempi di Berlusconi? O il problema è che Renzusconi non si chiama Berlusconi?

Ps. In uno scambio di affettuosità con La Stampa, Renzusconi denuncia una congiura ordita contro di lui da un non meglio precisato “intreccio di poteri” che “vogliono farmela pagare per i padrini che non ho e non ho mai avuto”. Gli bastano i padri.

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