Ponte Morandi, la società di verifiche strutturali: “Scrivemmo ad Autostrade di fare i controlli dinamici”

Nel 2016 le lettere dei consulenti di Ismes al concessionario. Saranno acquisite dai pm

19 Agosto 2018

“Noi di Ismes abbiamo suggerito ad Aspi (che si occupa di vigilanza per Autostrade, ndr) di aumentare la frequenza di alcune ispezioni e implementare un sistema di monitoraggio dinamico, ossia continuo, del ponte Morandi in presenza di fenomeni rapidamente variabili (es. vento, traffico, sisma, ecc.)”.

È scritto così in un documento della società Ismes (del gruppo Cesi). Parliamo di uno dei più noti studi che si occupano di verifiche strutturali. Si aggiunge: era tutto scritto “nei diversi rapporti originariamente consegnati a Aspi, tra gennaio e maggio 2016 (e inoltrati nuovamente, su richiesta nel cliente, nella notte tra il 14 e il 15 agosto)”.

Le dichiarazioni di Ismes, insieme con lo studio integrale, saranno presto acquisite dalla Procura di Genova. E puntano ancora il faro delle indagini sui controlli di Autostrade. Perché Ismes conclude: “Al momento Ismes non è a conoscenza dell’effettivo utilizzo o implementazione, da parte del cliente, delle informazioni e dei suggerimenti da lei indicati nei rapporti oggetto dell’incarico”.

Al Fatto un alto dirigente di Autostrade aveva riferito: “Noi compiamo una volta l’anno i controlli con le scariche elettriche che monitorano la salute di tiranti e stralli (l’ultima volta, però, nel febbraio 2017, sedici mesi prima del disastro). Più quattro controlli l’anno di tipo visivo”. Cioè issando gli ingegneri su una gru e passando in rivista ogni centimetro del ponte. Il dirigente non ha fatto nessun cenno al “monitoraggio dinamico continuo” suggerito da Ismes.

È l’inizio del 2015 quando Autostrade decide di rivolgersi proprio a Cesi e Ismes. La società di ingegneria non è chiamata a compiere direttamente le verifiche strutturali. Deve dare una valutazione sui controlli effettuati dal concessionario (in base al materiale che Autostrade e Aspi forniscono). Ismes, appunto, consiglia di implementare i controlli. Bisogna fare di più, sostengono di aver detto i tecnici dello studio ingegneristico.

Forse proprio da qui Autostrade decide di realizzare i lavori sui piloni 9 (quello crollato) e 10. Più di vent’anni dopo quelli compiuti sull’11 (una circostanza su cui si stanno concentrando i pm).

Il primo passo di Autostrade fu chiedere un ulteriore studio al Politecnico di Milano per modulare gli interventi. E anche in questo caso il responso non è tranquillizzante: “Per gli stralli del sistema bilanciato numero 9 è stato possibile identificare con confidenza solo 4 modi globali e 2 di essi si presentano con deformata modale non del tutto conforme alle attese e certamente meritevoli di approfondimenti teorico-sperimentali”. Insomma, par di capire: il pilone 9 forse è malato. Gli studiosi del Politecnico aggiungono: “In particolare appare probabile a chi scrive che le differenze osservate siano riconducibili a una differente pre-sollecitazione residua dei tiranti” generata “a esempio da possibili fenomeni di corrosione dei cavi secondari, da difetti di iniezione, ecc”. Stefano Della Torre, che guida il Dipartimento di Architettura e Ingegneria delle costruzioni del Politecnico di Milano autore dello studio, però, ci tiene a precisare: “Noi abbiamo consegnato il nostro studio nel novembre 2017. Abbiamo tenuto a non fornire ad Autostrade soltanto i dati, ma ci siamo sentiti in dovere, per una questione etica e professionale, di aggiungere un’analisi che conteneva i nostri timori”.

Autostrade quindi decide di avviare i lavori. Il 28 aprile 2018 pubblica il bando di gara (i vincitori dovevano essere noti a settembre). I lavori dovevano cominciare dopo l’estate (quasi due anni dopo lo studio dell’Ismes e dodici mesi dopo quello del Politecnico). È il punto chiave dell’inchiesta: ora i pm vogliono scoprire se Aspi e Autostrade abbiano messo in atto i controlli più stringenti suggeriti da Ismes (i dirigenti di Autostrade non ne hanno fatto cenno parlando con il cronista). Vogliono capire se un monitoraggio dinamico e continuo avrebbe potuto salvare il ponte e 43 vite umane. Ma soprattutto si chiedono se Autostrade, di fronte agli avvertimenti di Ismes e del Politecnico, abbia agito tempestivamente. O se, addirittura, non avrebbe dovuto chiudere il viadotto.

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