Campidoglio

Virginia Raggi, giunta nel caos. Beppe Grillo chiama la sindaca di Roma

Il fondatore M5s prova a rimettere ordine: via Marra, Frongia forse vicesindaco

3 Luglio 2016

Ha osservato a distanza per giorni il caos della Roma a 5Stelle, con ansia. Ha chiesto informazioni sulle prime nomine, invocato spiegazioni sulla giunta che pare una tela infinita. E alla fine, di fronte al brutto intoppo, è intervenuto. Giovedì Beppe Grillo ha telefonato al sindaco Virginia Raggi e le ha recapito un messaggio chiaro: “Devi rimuovere il tuo vice-capo di gabinetto, non va bene, non ce lo possiamo permettere”. Non può reggere la nomina di Raffaele Marra, vicino a Gianni Alemanno, con cui lavorò già ai tempi in cui l’ex An era ministro dell’Agricoltura, e che lo volle con sé in Campidoglio, come direttore dell’ufficio delle Politiche abitative.

I parlamentari romani del M5s erano saltati sulle sedie mercoledì, il giorno dopo la sua nomina, quando avevano letto sui giornali la sua storia: partita all’Unire con Franco Panzironi, l’ex ad di Ama (la municipalizzata dei rifiuti), condannato in primo grado a 5 anni e 3 mesi per abuso e falso ideologico. Poi due incarichi durante la giunta Alemanno, intervallati da un’esperienza in Regione Lazio, con Renata Polverini. Dirigente comunale, Marra è rimasto in Campidoglio anche con Ignazio Marino. “Non sono alemanniano” ha giurato giorni fa. Ma non poteva bastare al mini-direttorio romano, composto dalle parlamentari Paola Taverna e Roberta Lombardi, dall’eurodeputato Fabio Massimo Castaldo e dal consigliere regionale Gianluca Perilli. Compatti, nel chiedere subito alla Raggi di fare marcia indietro.

Mica facile però, visto che a scegliersi Marra come vice è stato proprio il capo di gabinetto Daniele Frongia, rieletto consigliere, ascoltatissimo dal sindaco. A sua volta in bilico, perché a detta di molti la legge Severino vieta di nominare un eletto in quel ruolo. Marra, il vice, doveva rimediare al problema firmando in sua vece gli atti ufficiali, anche se per “un periodo limitato e a titolo gratuito”. O meglio doveva, perché è scontata la sua rimozione.

La telefonata di Grillo, sollecitata dai parlamentari romani, è una sentenza non appellabile. Nonché il tentativo di smuovere uno stallo figlio anche di lotte e tensioni intestine, con la Raggi in costante disaccordo con molti parlamentari, e in primis con la Lombardi. Ma ora nascono altri problemi. Primo, Marra è furibondo. “Se mi togliessero l’incarico ci rimarrei malissimo” aveva avvertito in un’intervista al Messaggero. E ora potrebbe reagire alla revoca con azioni legali. Poi c’è da convincere Frongia a rinunciare al ruolo di capo di gabinetto, accettando quello di vicesindaco. “Come vice c’è bisogno di un eletto” invocano da tempo i parlamentari.

Raggi ha resistito a lungo sulla sua linea: in giunta solo esterni. Ora ha accettato la soluzione Frongia. Va persuaso lui: ma i vertici dovrebbero farcela, magari offrendogli una delega di peso. In ballo c’è anche quella delle Partecipate, visto che è saltata la nomina in quel ruolo di Antonio Blandini, docente della Luiss. Ad oggi, Raggi ha sei-sette assessori su dieci. E il 7 luglio, data della prima seduta del Consiglio comunale, in cui ha promesso di annunciare la giunta, è a un passo. Domani il sindaco e lo staff romano incontreranno il Direttorio per cercare la quadra sui nomi. Tra i più attivi Luigi Di Maio, che ha trovato uno degli assessori (Laura Baldassare, alle Politiche sociali). E che giorni fa, in una riunione, ha bacchettato Raggi e Lombardi: “La guerra tra voi deve finire”. L’aria è tesa, anche se per il 13 luglio è annunciata una festa a Roma per celebrare la vittoria. Raggi ostenta tranquillità: “Se c’è tensione nel M5s? No, perché dovrebbe esserci?”. E compie il suo primo atto ufficiale: una lettera ai vertici dell’Acea, la municipalizzata di acqua e luce, in cui invoca chiarimenti “su alcune nomine dirigenziali effettuate proprio a 3 giorni dal voto del ballottaggio”. Chiede i curricula, “perché è un dovere del sindaco verificare”. Un segnale, alla società di cui in campagna elettorale aveva annunciato di voler cambiare i vertici.

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