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Virginia Raggi, quei 50 giorni di silenzio. Lei e Muraro sapevano dell’inchiesta

Bugie - L’assessore all’Ambiente ammette: “So di essere indagata dal 18 luglio” Ma aveva sempre negato Il sindaco: “Mi ha informato e io l’ho detto ai vertici M5S”

Di Gianni Barbacetto e Valeria Pacelli
6 Settembre 2016

Appena 11 giorni dopo la nomina, l’assessore all’Ambiente Paola Muraro ha saputo di essere indagata dalla Procura di Roma per reati ambientali. Il 18 luglio da Piazzale Clodio è arrivata la risposta, dopo che nei primi giorni dello stesso mese, tramite il suo legale, aveva fatto domanda in base all’articolo 335 del codice di procedura penale che consente di sapere se si è iscritti nel registro degli indagati. E “nella seconda metà di luglio” lo ha comunicato al sindaco di Roma Virginia Raggi, come lei stessa ha dichiarato in Parlamento. A quel punto, a catena, sono stati informati in tanti, tranne i cittadini: lo sapevano alcuni assessori, alcuni dello staff e, secondo la versione della Raggi, anche i vertici dei Cinquestelle. Ieri però davanti alla commissione di inchiesta Ecomafie, che ha anche poteri inquirenti, si è capito che dopo 50 giorni non si poteva più mentire: Raggi e Muraro hanno ammesso di sapere da più di un mese dell’iscrizione, avvenuta il 21 aprile.

Ora il sindaco aspetta di leggere tutte le carte per decidere. Ma Raggi davanti ai parlamentari della commissione ha aggiunto di aver convocato una riunione “nella quale era presente anche l’ex capo di gabinetto”, Carla Raineri (dimessasi pochi giorni fa). In quell’incontro, Raineri avrebbe detto che si trattava di una “contestazione troppo generica per capire di cosa stiamo parlando: non appena ci saranno maggiori informazioni prenderemo provvedimenti”. Ma Raineri, interpellata dal Fatto, nega: “Smentisco tutto. Io di certo, da giurista, non ho detto a Raggi e Muraro di non far nulla perché la contestazione era ‘generica’: la contestazione di un reato non può essere ‘generica’, può essere fondata oppure infondata. Posso però confermare che certamente Muraro a luglio venne a dirci che sapeva di essere indagata. Non ricordo bene, ma erano presenti più persone: Raggi, io, il vicesindaco Daniele Frongia, l’assessore Marcello Minenna e forse altri assessori. Forse fu informata tutta la giunta. Muraro ci disse che era iscritta e che voleva andare in Procura a chiedere una archiviazione rapida. Io dissi che non si fa, che a Milano una cosa del genere non sarebbe stata tollerabile, sarebbe stata giudicata una interferenza indebita e anche controproducente”. La notizia dell’indagine non fu però divulgata. “Non potevo certo essere io a decidere”, spiega Raineri. “Dovevano pensarci il sindaco, dovevano consultare lo statuto etico dei 5stelle. Io di certo non ho consigliato di non dire niente perché le notizie erano ‘generiche’. Posso al massimo aver detto che non comprendevo la situazione, perché i racconti della Muraro erano così generici”.

Ieri Muraro ha anche spiegato che è sua abitudine, lavorando da tempo con le amministrazioni pubbliche, fare periodicamente, almeno una volta all’anno, la richiesta di 335 alla Procura, per sapere se ci sono indagini sul suo conto. Una richiesta l’aveva già fatta a marzo: “Al 25 marzo ero pulita”. Poi, a luglio, la notizia del fascicolo. Eppure in questi mesi sia il sindaco sia l’assessore hanno sempre negato alla stampa e ai cittadini che chiedevano se Muraro fosse indagata. “Nessuno ha mentito”, risponde lei. “Mi veniva chiesto se avevo ricevuto un avviso di garanzia e io non avevo ricevuto alcun avviso di garanzia. Se mi avessero chiesto se sapevo di essere indagata, avrei risposto quello che ho risposto qui in commissione”. In verità, solo l’altroieri, al Fatto aveva detto: “Non mi risulta nulla”.

Muraro era già finita al centro di una polemica per il ruolo da consulente avuto nella municipalizzata romana dei rifiuti Ama. In 12 anni avrebbe guadagnato 1,1 milioni di euro lordi: a domanda sui suoi compensi, ieri Muraro ha detto che “uno li deve anche percepire, ma se l’azienda non paga è inutile che riempiamo i giornali di cose non vere”. L’assessore ha infatti riferito che alcune parcelle a carico della municipalizzata non sono state onorate. L’altra questione che l’ha vista nel mirino riguarda l’inchiesta della Procura di Roma sui due impianti Ama e sui due di Malagrotta, di proprietà di una società riconducibile a Manlio Cerroni, il “ras” dei rifiuti a Roma. Uno dei sospetti dei pm è che gli scarti di lavorazione dei rifiuti non siano conformi alle autorizzazioni e ai limiti fissati per legge.

Un filone dell’inchiesta riguarda in particolare l’impianto di Rocca Cencia, origine dei dissidi tra Muraro e l’ex presidente di Ama Daniele Fortini: quest’ultimo aveva smesso di servirsi del Tmb di Rocca Cencia, mentre l’assessore aveva chiesto, anche per iscritto, di riattivare il rapporto tra Ama e l’impianto.

Era stato lo stesso Fortini, sempre in commissione Ecomafie, a puntare il dito contro l’assessore: “È stata una persona influente in Ama”. Ieri Muraro ha risposto nella stessa sede: “Nemmeno lui era uno spettatore”. E ancora: “Fortini millanta di avere un canale preferenziale con la Procura, questa è un’affermazione grave, soprattutto vista l’indagine in corso. Mi annuncia, per esempio, a luglio che da lì a poco ci sarebbero stati ventuno arresti tra i quali molti di Ama, come a dire di fare attenzione con il personale”. Poi l’assessore ha spiegato anche le tre telefonate, nel 2013, avute con Salvatore Buzzi, sotto processo per Mafia Capitale. “Con Buzzi”, dice Muraro, “ci sono state tre telefonate” e un messaggio “in cui gli dico che l’ho cercato. Io gli do del ‘lei’. Io non lo conosco. Il mio era un mero lavoro di segreteria che mi era stato affidato perché dovevamo correre, Malagrotta stava chiudendo”.

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