Il FUMETTO

Omaggio minimalista e un po’ vintage alla vita del comandante “Che” Guevara

Einaudi pubblica la biografia (postuma) di Spain Rodriguez

Di Ste. Fel
26 Aprile 2017

Einaudi in materia di fumetti ha una politica riconoscibile e, si immagina, con qualche risultato di vendita vista la tenacia con cui la persegue: puntare non tanto sul nome dell’autore, quanto sull’argomento trattato, qualcosa di impegnato, che garantisca visibilità tra il pubblico generalista, pazienza se chi legge davvero fumetti rimane tiepido. È chiaro che dietro la pubblicazione di Che c’è questo ragionamento: una biografia breve, un centinaio di pagine, accessibile a tutti, disegnata con grande leggibilità. E in uscita con un certo preavviso sulla ricorrenza, in modo da intercettare l’inevitabile onda di celebrazioni per i cinquant’anni dalla morte di Ernesto Guevara, il 9 ottobre 1967. Al netto delle scelte di marketing, questa volta l’autore attira anche il pubblico più esigente: Manuel Rodriguez, che si firmava “Spain Rodriguez”, scomparso nel 2012. Ogni singola vignetta rimanda a quella scuola di fumettisti underground poi diventati venerati maestri che arriva fino a Robert Crumb, Art Spiegelman e quello stile radicale e arrabbiato che troverà la sua consacrazione nella rivista Mad.

Poteva un radicale newyorchese nato nel 1940 rimanere indifferente al fascino del “Che”? Ovviamente no, e la sua biografia non ha alcuna pretesa di terzietà, si chiude addirittura con una specie di testamento politico: “Che Guevara era un precursore impulsivo e testardo ma sempre concentrato sulla sofferenza di chi lavora per mantenere i privilegi altrui, purtroppo per i servi di queste sanguisughe il suo nome è onorato in tutto il mondo, che sia sempre così”. Questo è lo spirito della biografia. Ma lo sforzo titanico di condensare una vita così ricca, dal viaggio latinoamericano sulla motocicletta Poderosa all’assassinio in Bolivia, ha spinto Spain Rodriguez a sfrondare, a ridurre la narrazione all’essenziale, sacrificando magari qualche sfumatura ma anche quasi tutta la retorica che di solito permea queste agiografie.

Il libro arriva ora in Italia, a pochi mesi dalla morte di Fidel Castro, ma negli Usa è uscito nel 2008, l’anno dell’arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca, quando Hugo Chavez era vivo e rappresentava l’ultimo erede di quella stagione (in una delle ultime vignette, Fidel gli mette una mano sulla spalla e dice: “Hai ragione tu, Hugo, di questi tempi le elezioni sono la strada giusta” e non c’è ironia). Oggi il mondo è più cupo, Castro è morto e anche questo culto del Che inizia a sembrare davvero un po’ vintage.

 

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