Il dossier

Torino, così la società dei trasporti rischia di mandare fuori strada la giunta Appendino

La municipalizzata Gtt ha oltre 500 milioni di debiti e ne deve trovare subito 110 per coprire il vecchio buco. Ecco il piano industriale tentato dalla sindaca. Con l'aiuto di un emendamento del Pd Esposito

12 Novembre 2017

Magari ci fossero solo gli avvisi di garanzia. I sonni di Chiara Appendino sono turbati da un fantasma anche peggiore: i conti del Comune. La sindaca di Torino deve chiudere il bilancio della città, ma ancor prima trovare una soluzione per il buco di Gtt, l’azienda torinese dei trasporti. I suoi nemici la dipingono come una bomba a orologeria, un’Atac subalpina, nella stessa situazione dell’azienda dei trasporti romana che Virginia Raggi sta cercando di salvare con il concordato preventivo.

Gli avvisi di garanzia, lo sappiamo, sono due. Uno è per la gestione dell’evento del 3 giugno 2017 in piazza San Carlo, quando durante la finale di Champions League la ressa ha causato la morte di una donna e il ferimento di 1.500 persone. L’altro, per falso ideologico, riguarda un debito di 5 milioni di euro non iscritto nel bilancio 2016. “Fatto dall’amministrazione prima di noi”, protesta l’assessore al Bilancio Sergio Rolando (anch’egli indagato): era una cauzione da restituire a una società di Fondazione Crt, la Ream, per un’operazione immobiliare realizzata dal sindaco Piero Fassino: ma “non voglio fare nomi di sindaci e partiti”, aggiunge sornione Rolando, che in passato ha lavorato con il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e con il sindaco di Milano Gabriele Albertini. “Quella cifra, del resto, è stata richiesta da Ream al Comune soltanto nel gennaio 2017”.

La Procura di Torino deciderà quale come proseguire le indagini e quale sarà la sorte degli indagati. Intanto però sono i conti a mettere davvero a rischio la giunta Appendino. Gtt – ultimo bilancio approvato quello del 2015, sospesi quelli del 2016 e 2017 – ha oltre 500 milioni di debito e un fabbisogno di cassa di almeno 110 milioni. Una voragine che potrebbe far precipitare in un buco nero anche il socio unico dell’azienda, cioè il Comune di Torino, che ha già di suo un debito di 3,5 miliardi che con le partecipate diventa di 4,5 miliardi. Con grande gioia dell’ala ultrà del Pd, quella più dura contro l’amministrazione 5stelle. Il senatore dem Stefano Esposito indossa volentieri i panni del capo della curva antigrillina: “Io sono l’Anticristo per i 5telle”, dice di sé.

Tutt’altro atteggiamento quello di Sergio Chiamparino, il presidente della Regione dialogante con la sindaca, tanto da aver giustificato, in nome della collaborazione istituzionale, il conio del termine “Chiappendino”. Eppure nella partita dei conti anche l’ultrà Esposito, inaspettatamente, ha dato una mano alla sindaca: ha fatto approvare alla commissione Bilancio del Senato un emendamento al decreto fiscale che permette di utilizzare non solo per investimenti ma anche nelle partite correnti il Fsc, il “Fondo per lo sviluppo e la coesione”. Così, se mercoledì l’aula del Senato approverà il decreto, 40 degli 81 milioni Fsc che arriveranno alla Regione Piemonte potranno essere dati da Chiamparino ad Appendino per salvare Gtt. “Un conto è il piano politico, su cui voglio battere i 5stelle”, spiega Esposito, “un altro conto il piano istituzionale e il futuro del trasporto pubblico a Torino”.

Ma non basteranno, per Gtt, quei 40 milioni. “Il buco è stato lasciato dalle amministrazioni precedenti”, puntualizza Rolando. “E la Regione deve a Gtt, attraverso l’Agenzia della mobilità, 71 milioni per servizi resi e non pagati nell’ultimo decennio. Se pagasse, i 110 milioni di fabbisogno sarebbero coperti”. Ma Chiamparino mette in discussione il debito, oggetto di contenzioso, ed è disposto a concedere, in via transattiva, solo 19 milioni. “Fa bene”, ribatte Esposito tornato ultrà, “ho ricordato io a Chiamparino che nei cassetti dell’Agenzia della mobilità c’è una vecchia lettera dell’allora amministratore delegato di Gtt, Roberto Barbieri, che rinuncia alle cifre pretese in cambio dell’allungamento di cinque anni del contratto di servizio”. “Non mi risulta”, risponde Rolando, “ma sarebbe ben strano un amministratore che rinuncia a milioni di euro in cambio di un prolungamento del periodo in cui continuare a perdere altri milioni”.

In questa situazione d’incertezza, le soluzioni possibili per Gtt sono quattro. Il concordato preventivo in continuità – la soluzione Atac-Raggi – è stato escluso la settimana scorsa dopo un incontro tra Appendino e Chiamparino. Il presidente della Regione, e con lui Esposito, tifano per il ricorso alla legge Marzano, un’amministrazione straordinaria con l’arrivo di un commissario sotto l’ombrello del ministero dello Sviluppo economico. “Ma non conviene neanche a Chiamparino”, ribatte Rolando, “se arriva un commissario, gli chiede subito tutti i 71 milioni che deve a Gtt”. La terza soluzione sarebbe quella di vendere il 51 per cento dell’azienda, con una gara a cui potrebbero essere interessate le Ferrovie dello Stato di Renato Mazzoncini. Ma già in campagna elettorale Appendino aveva escluso la cessione di Gtt e l’assessore ai trasporti Maria Lapietra nei giorni scorsi ha ribadito: “Non venderemo mai le nostre azioni”. La quarta soluzione è quella che sta tentando Appendino insieme agli assessori Rolando e Lapietra: la presentazione, nei prossimi giorni, di un piano industriale: “Nuovo disegno dei trasporti urbani, razionalizzazione delle linee che oggi hanno sovrapposizioni e sprechi, investimenti per 130 milioni in nuovi mezzi”, promette Rolando. E i 110 milioni da trovare subito? “Ce ne arriveranno 40 dall’emendamento Esposito, 20 dalla transazione con la Regione, 10 dal Comune, 15 dal contributo straordinario ministeriale per l’impiego di mezzi non inquinanti, 25 dalle banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Cassa depositi e prestiti). La Regione inoltre potrebbe comprare un 10 per cento di Gtt attraverso la sua finanziaria Finpiemonte”. Fiato sospeso: andrà in porto nei prossimi giorni il complicato sudoku finanziario di Rolando?

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