Par condicio, la prima autodenuncia: ‘Mi sento Nardella al 100%’

12 Gennaio 2018

Le disposizioni in merito alla cosiddetta par condicio canonizzate dall’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, sono in grado di generare leggenda. Non potete perdervi il fascino inebriante delle 22 pagine datate 10 gennaio 2018 e diffuse al vile volgo ieri.

I 27 articoli dettano le regole a tutti coloro che si occuperanno delle esaltanti elezioni del 4 marzo. Articolo 7.1: “Sono programmi di informazione i telegiornali, i giornali radio, i notiziari, le rassegne stampa e ogni altro programma di contenuto informativo, a rilevante presentazione giornalistica, caratterizzato dalla correlazione ai temi dell’attualità e della cronaca”. E qui uno si domanda: se i “programmi di informazione” che dovranno rispettare la par condicio sono questi, uno come Fabio Fazio dove va messo? Fa informazione, considerato che “intervista” anche i politici, o fa intrattenimento, considerato che la “presentazione giornalistica” non pare così “rilevante”?

Il punto che fa sognare è però l’articolo 7.4: “È indispensabile garantire, laddove il format della trasmissione preveda l’intervento di un giornalista o di un opinionista a sostegno di una tesi, uno spazio adeguato anche alla rappresentazione di altre sensibilità culturali”. Quindi, se un programma prevede giornalisti e/o opinionisti, bisogna per forza chiamarne un altro che lo bilanci in maniera perfetta. Per capirsi: se tra due settimane Otto e mezzo chiamasse ancora Renzi, non potrebbe più invitare con lui solo Paolo Mieli. Servirebbe anche la nemesi di Paolo Mieli. Che non si sa peraltro se esista e come sia fatta: forse un tizio con i capelli rasta e i tatuaggi trucidi, boh. È ovvio che già adesso ci siano talk show con giornalisti destinati a scontrarsi: non avrebbe senso invitare contemporaneamente Meli e Fusani, che è poi una Meli che non ce l’ha fatta (Voi mi direte che non ha senso di per sé invitare entrambe, ma leggete Il Fatto e quindi siete empi).

Le nuove disposizioni sdoganano quel che Renzi sognava durante la campagna per il referendum poi meravigliosamente perso, ovvero tamponare la presenza dei “giornalisti del no” con altrettanti “giornalisti del sì”. Infatti se la prese anzitutto con questo giornale. Un’idea vagamente anticostituzionale e delirante, ma almeno coi referendum è facile: o voti “sì” o voti “no”. Non ci sono vie di mezzo. Che invece ci sono, eccome, per le elezioni. Se sei ospite con Bersani e Cuperlo, e una volta sei d’accordo con uno e una con l’altro, cosa fai? Trovi un giornalista avverso che, per osmosi inversa, muta il proprio pensiero in base all’idea da te appena espressa? Altro esempio: ti invitano a una puntata in cui ci sono Brunetta e Lorenzin. Primo pensiero: “Che sfiga che ho avuto!”. Secondo pensiero: “Devo dire alla redazione come la penso”.

Ci rifletti e spari una cosa tipo: “Preferirei un asteroide dritto sugli zebedei, ma se proprio devo sono d’accordo con Brunetta al 40% e con Lorenzin al 60”. Chiaramente spari numeri a caso, per adattarti subito agli ospiti politici presenti. La palla passa alla redazione, che deve trovare per forza un giornalista d’accordo con Brunetta al 60% e con Lorenzin al 40. E se non esiste? E se non lo trova? Un bel guaio, perché poi magari la puntata salta e nessuno può vedere inquadrato il simbolo petaloso della Lorenzin. Son problemi. Sia come sia, visto che quei programmi mi sa che li bazzicherò, intendo subito dichiarare al mondo (e all’Agcom) le mie percentuali: “Nardella 100%”. Come i pullover in lana Merinos.

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