I Falcone e i Borsellino contro la ‘ndrangheta

10 Luglio 2016

Questa è la Rai ragazzi! O meglio, questa dovrebbe essere la Rai che sulla prima rete e in prima serata ha appena mandato in onda un impagabile documentario sulla Calabria calpestata dalla ‘ndrangheta e difesa da alcuni eroi civili che non si piegano in nome dell’intera Regione.

Nando dalla Chiesa

Sarebbe bello se il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricevesse al Quirinale gli eroi civili che venerdì sera su RaiUno (e con buoni ascolti), protagonisti dello speciale “Cose Nostre”, hanno raccontato, attraverso le loro drammatiche vite, i calabresi che onorano l’Italia.

Giorni fa, a Reggio Calabria per la presentazione di un libro, chiedevo a dei bravi giornalisti calabresi di nascita o di adozione – Paola Bottero, Alessandro Russo e Giandomenico Crapis – per quale maledizione mediatica la parola ‘ndrangheta finisca spesso per sovrapporsi come una pelle di serpente alla parola Calabria dando luogo a una mistificazione culturale e antropologica dai danni incalcolabili. Anche la Sicilia e i siciliani, mi è stato risposto, erano diventati sinonimo di mafia e di mafiosi, ma poi con il sacrificio di Falcone e di Borsellino molto è cambiato nelle percezione collettiva e oggi, quando si parla dei siciliani, il pensiero corre a quei giudici e non a Totò Riina.

Per i calabresi tutto è più difficile forse perché l’isolamento di una Regione lontana più di un’isola e il carattere della gente non sempre espansivo per pudore, creano il fraintendimento del “nulla sacciu”, giudicato omertoso dallo stereotipo giornalistico, mentre tutto effettivamente è difficile da comprendere.

Ecco, dunque, che per ribaltare codici e convenzioni, la squadra di “Cose Nostre” (guidata da Emilia Brandi con la regia di Andrea Doretti) ha dato la parola alla vedova di Fortunato La Rosa, il medico oculista di Locri, ucciso per essersi ribellato ai padroni delle “vacche sacre” mandate a distruggere campi e raccolti dalla prepotenza mafiosa. Sullo sfondo di paesaggi struggenti, gli imprenditori Antonino De Masi e Gaetano Saffioti, che vivono blindati per non avere mollato di un centimetro, e il sindaco di Rizziconi, Antonio Bartuccio, che le cosche hanno messo in minoranza ma non battuto, spiegano che non darla vinta ai criminali si può: con molto coraggio e con l’aiuto dello Stato rappresentato dalla forte testimonianza del procuratore capo di Reggio, Federico Cafiero De Raho.

Ecco perché, presidente Mattarella, ricevere al Quirinale questi cittadini avrebbe un doppio significato. Restituire alla Calabria il posto che merita nella nazione.

Riconoscere che il servizio pubblico radiotelevisivo può, se vuole, tornare a rappresentare un elemento unificante di conoscenza e di crescita civile.

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