lupare bianche

Cinisello Balsamo, delitti e corpi nel cemento: la faida messicana in Brianza

Odore di ’ndrine - Era a Milano, murato in un’abitazione, il cadavere di un trafficante sparito nel 2012. Il killer confessa

21 Luglio 2018

L’ultimo corpo lo hanno trovato in uno scantinato, sotto al pavimento, murato da pochi centimetri di cemento. Hanno recuperato solo ossa. Il killer ha fatto tutto in una notte, dopodiché ha continuato a vivere nello stesso palazzo al terzo piano. Il cadavere sotto, lui sopra, con madre e fratello. Come nulla fosse. Qui in via Lanfranco della Pila a Cinisello Balsamo alle porte di Milano. Ma quello di Antonio Deiana, scomparso nel 2012 da Civello nel Comasco e ritrovato solo ieri dopo 6 anni, è solo un capitolo di una conta di cadaveri straziati, corpi scannati, lasciati in agonia per ore, poi sepolti nei boschi o nel giardino di villette residenziali sui quali poi fare “mangiate” alla maniera calabrese.

Tre corpi e due fratelli. Sì, perché prima di Antonio è toccato a Salvatore sparire, per poi essere ritrovato cadavere in un boschetto di Oltrona San Mamette. Ultimo a svanire nel nulla, ma primo a essere ritrovato è Ernesto Albanese, pregiudicato con buoni quarti di nobiltà mafiosa. Terza vittima di questa faida in stile messicano che da anni insanguina la ricca e placida Brianza. La droga è la benzina che alimenta questo meccanismo di morte, consumato tutto in un quadro dai contorni irrimediabilmente inquinati dalla ’ndrangheta. Torniamo a due giorni fa, la mattina di giovedì. È l’alba quando la Squadra mobile di Como sale al terzo piano del palazzo di via della Pila. Cercano Luca Sanfilippo, milanese classe ’71 e origini siciliane. Luca qui vive con il fratello Marco, che sta finendo di scontare una condanna a 5 anni per droga, e l’anziana madre. Per Luca l’accusa è ben più pesante: omicidio di Antonio Deiana e occultamento di cadavere. Lo confesserà lui stesso. La polizia qui non ci arriva per caso. Da mesi, in collaborazione con i colleghi di Milano, lavora al caso. La scintilla scatta da una confidenza fatta da un piccolo balordo. Lui ha un peso sulla coscienza. L’aver dato una mano nel far sparire il corpo. Rivela quindi il nome di Sanfilippo.

A questo punto, gli investigatori imbottiscono di microspie la casa di Cinisello Balsamo. Bastano poche settimane per fissare sui nastri elementi importanti. Dinamiche che, riferiscono fonti investigative, sono state confermate dallo stesso Sanfilippo, il quale da giovedì si trova nel carcere di Monza. Si comprende così che nel 2012, era fine luglio, quando Deiana lascia casa e sale su una Kawasaki nera, è per incontrare Sanfilippo, il quale ha messo a disposizione la sua cantina per fare uno scambio di droga con una terza persona. Si tratta di diversi chili che Deiana doveva vendere ad altri. Le cose, però, non vanno mai lisce. Con Sanfilippo nasce una lite. E subito finisce a coltellate. È così che viene ucciso Deiana, nella ricostruzione ora sul tavolo della magistratura. E che Antonio Deiana trattasse droga in collegamento con alcuni rampolli delle ’ndrine della zona di Cermenate, lo conferma anche un parente che nel fascicolo d’indagine sul fratello Salvatore spiega: “Antonio riforniva Nocera di importanti quantità di droga”. Luciano Nocera, uomo di ’ndrangheta, oggi pentito, ha aiutato gli investigatori a ritrovare il corpo di Salvatore Deiana, il quale scompare l’8 marzo 2009. Quella stessa sera verrà ucciso nelle cucine di un night di Vertemate con Minoprio. A scandire i secondi dell’esecuzione, Giuseppe Monti, uno dei killer: “Con il coltello lo colpivo cinque volte di punta alla pancia (…) Non era ancora morto, aveva il coltello conficcato al centro del petto”. Salvatore Deiana sarà ritrovato a febbraio del 2015.

La conta delle lupare bianche sale a tre con Ernesto Albanese, ucciso nel giugno 2014 e ritrovato a settembre dietro a una villetta di Guanzate. Tra i condannati c’è Francesco Virgato (coinvolto nell’omicidio di Salvatore Deiana). A indirizzare le indagini sempre Nocera. Albanese morirà di “stillicidio ematico”. Un’agonia durata ore. E spiegata da Rodolfo Locatelli, che partecipò all’omicidio. “Virgato diceva che avrebbe dovuto soffrire a lungo (…). Prima di morire mi aveva chiesto di finirlo e porre termine alle sue sofferenze”. Annoterà il giudice: “Albanese sarà ucciso con un rituale e con gli assassini che si passano il coltello”. Una scia di sangue che per ora si ferma a Cinisello Balsamo, in una cantina, pignorata da diversi anni.

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