L’inchiesta

Patrimonio artistico e degrado: la lista rossa del Bel Paese che muore. “Bellezze abbandonate, ma lo Stato non risponde”

Centri storici, terme, antichi manieri, acquedotti e parchi. Dallo scempio dell'area di Dogaletto a Venezia ai rifiuti nell'Acquedotto di Caserta. L'associazione Italia Nostra denuncia le condizioni precarie di centri storici, terme e castelli. Che rischiano di andare perduti

15 Maggio 2016

La “lista rossa” dell’immenso patrimonio artistico e culturale in stato di rovina e abbandono è il grido di dolore ripetuto da Italia Nostra a ogni aggiornamento dell’elenco: uno squarcio nell’anima del Bel Paese che si allarga sempre di più da Trieste ad Augusta, da Alessandria a Caserta.

“La stragrande maggioranza delle segnalazioni – si sfoga l’avvocato Marco Parini, presidente di Italia Nostra – a Stato, Regioni e Comuni, non trova risposta. Quello che servirebbe è un piano nazionale di restauro, conservazione e destinazione d’uso dei beni che rischiano di sparire per sempre”. L’elenco è sterminato, il valore del patrimonio italiano in pericolo in termini economici è inestimabile. Le Pompei d’Italia, tra crolli e incuria, non sono un problema soltanto del Sud, di un’area o di una regione in particolare, le situazioni d’allarme rosso sono diffuse su tutto il territorio nazionale. Proviamo a fare un viaggio dal Nord al Mezzogiorno, attraverso gli ultimi siti aggiunti da Italia Nostra alla “lista rossa”.

L’Acquedotto Carolino di Caserta

Non solo la Reggia, l’architetto Luigi Vanvitelli nel Settecento regalò all’umanità, per il re di Napoli Carlo di Borbone, la meraviglia dell’Acquedotto inserito nel 1997 nella World Heritage List dell’Unesco. L’Acquedotto Carolino è l’elemento unificante di un sistema di giardini, parchi, riserve di caccia, edifici di pregio e tenute agricole che andrebbe completamente recuperato. Secondo il rapporto di Italia Nostra “quello che è considerato uno dei monumenti più significativi del Settecento è in balia dell’inciviltà e della monnezza“.

Castello Alfonsino a Brindisi

Alfonso V d’Aragona nel 1445 ordinò la costruzione della prima torre sull’isola di Sant’Andrea, golfo di Brindisi. Oggi ci è rimasta una fortezza di straordinaria bellezza, ma dopo anni di restauri chiusa a marzo dalla Sovrintendenza. Purtroppo dopo i lavori – finanziati con 2 milioni e trecento mila euro con i proventi di Lottomatica destinati ai Beni culturali tra il 2004 e il 2006, legge Rutelli – invece di valorizzare il Castello, denuncia Italia Nostra, “si è preferito abbandonarlo a se stesso ed è stato preso d’assalto da vandali e ladri: hanno rubato persino tutto l’impianto d’illuminazione”.

Le terme di Petriolo nel Senese

Non solo le sorgenti di acqua sulfurea, è a rischio tutto lo storico complesso, risalente al XIV secolo, con cinta muraria e chiesa di papa Pio II. Il sito termale, primo in assoluto in muratura, è conosciuto fin da epoca romana e citato in un’orazione di Cicerone. Durante il Rinascimento fu un luogo prestigioso e frequentato dai Medici e dai Gonzaga, “oggi il vicino cantiere – scrive Italia Nostra – per l’adeguamento a quattro corsie della strada statale Grosseto-Siena ne minaccia la sopravvivenza: il monumento è a rischio crollo e nessuna delle misure di sicurezza impartite dalla Sovrintendenza nel 2013 è stata rispettata”.

L’area di Dogaletto nella laguna di Venezia

Per gli ambientalisti è l’unica zona della gronda lagunare di Venezia rimasta quasi incontaminata, l’area di Dogaletto nel Comune di Mira: “Non hanno fatto in tempo ad acquistare un’importante quota del terminal passeggeri marittimi di Venezia e già le compagnie di crociera propongono di anticipare 60 milioni di euro per costruire un nuovo porto per le grandi navi scavando canali profondi oltre dodici metri e costruendo banchine portuali lunghe 400 metri con aree parcheggio di 45 mila metri quadri”: uno scempio annunciato sul quale Italia Nostra vuol tenere alta l’attenzione.

Il parco di Miramare e il porto di Trieste

Il parco di Miramare è considerato l’attrazione turistica più importante del Friuli Venezia Giulia, così Italia Nostra lancia l’allarme: “I boschi si sono infittiti con alberi e arbusti del sottobosco di specie cresciute spontaneamente e sono costellati di alberi morti ancora in piedi o di traverso sui sentieri, le stradine e le scalette sono dissestate e mal percorribili, mentre attendono un restauro completo le case abbandonate che risalgono alla seconda metà dell’Ottocento. È prioritario il recupero degli ambienti vegetali”.

A pochi chilometri si erge l’antico porto asburgico di Trieste: ventitré magazzini ed edifici storici, di cui quattro già restaurati, la Centrale idrodinamica, che conserva ancora impianti originali unici al mondo, e la Sottostazione elettrica di riconversione. “Questo restauro è un obiettivo primario per l’archeologia industriale – spiega l’avvocato Parini – e in questo caso abbiamo una risposta del ministro Dario Franceschini che ha inserito il bene, con uno stanziamento di 50 milioni, nell’elenco del patrimonio da recuperare, ma vogliamo capire come e dove; e non è ancora così chiaro quali interventi saranno effettuati”.

Il cantiere monstre di Aquileia

Quello di Aquileia, in provincia di Udine, è un caso diverso. È proprio un’opera realizzata per tutelare il patrimonio artistico e culturale a far discutere e a preoccupare Italia Nostra: “L’intervento per la protezione e la fruizione del mosaico paleocristiano, e il relativo cantiere in aderenza alla Basilica di Santa Maria Assunta, non risponde ai dettami sulla tutela dei beni storici per le caratteristiche edilizie; l’opera poteva anche essere percepita come una vetrata panoramica, ma si sviluppa per trenta metri in aderenza al Battistero e alla Chiesa dei Pagani, fino a occludere parte del portico della Basilica, alterandone la configurazione e si palesa brutalmente come un intervento edilizio di cemento armato, del tutto incompatibile con il sito, compromettendone la millenaria immagine”. Il progetto, eppure, ha ottenuto il via libera dal competente comitato di settore del Ministero dei Beni culturali.

La Cascina Cluniacense di Trezzo d’Adda

Il viaggio prosegue al Nord, nel Milanese. A Trezzo d’Adda c’è una delle dimore contadine d’Italia più antiche e ricche di storia: la Cascina Cluniacense di San Benedetto, cinque ettari di terreni agricoli. Risalente al secolo XI, in origine monastero benedettino, nel Settecento il complesso fu confiscato dalla Repubblica Cisalpina e ceduto a privati. Passata poi la proprietà della Cascina, in epoca molto più recente, all’Opera Pia di San Benedetto, dopo il fallimento della stessa il bene è andato all’asta, ma versa in stato di totale abbandono e rischia di diventare un prezioso patrimonio della vita contadina italiana perduto e dimenticato per sempre.

Dal Forte di San Leo alle rovine de L’Aquila

È il febbraio 2014 quando un boato interrompe la quiete della Valle del Marecchia, in provincia di Rimini: un costone di roccia si stacca e il Forte di San Leo del XV secolo, che domina la valle dalla sommità della rupe, da quel momento è in serio pericolo. Ci sono decine di casi come questo, forse il più famoso è “la città che muore”, Civita di Bagnoregio, nel Viterbese. La “lista rossa” di Italia Nostra è una lunga ferita che attraversa tutto lo Stivale, il cui cuore squarciato, simbolico e reale, rimane, purtroppo, il centro storico de L’Aquila.

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