Consip, Boschi e Etruria: ciò che puzza a Roma non è l’immondizia

13 Maggio 2017

Da qualche tempo un cattivo odore emana da Roma, un tanfo nauseabondo, “immondizia” in decomposizione che dalla Capitale ammorba il Paese. Un problema serio. Ma per i giornaloni c’è un’altra urgenza, la pulizia delle strade, e domenica Renzi farà la sceneggiata di ramazzare i marciapiedi. Intendiamoci. Urge trovare soluzione alla “questione rifiuti” ed è bene che la sindaca Raggi si attivi, ma quanto tanfo emana – è questo il punto – il caso Boschi?

Quanto il caso Woodcock? È immondizia governativa, familismo, quanto denunciato da de Bortoli nel suo Poteri forti (o quasi). Può una ministra – che dovrebbe curare l’interesse generale – tutelare l’interesse del babbo e chiedere all’ad di Unicredit d’acquistare Banca Etruria in crisi? Non può. Se l’ha fatto – lei naturalmente nega – ha tradito la sua funzione e deve dimettersi. Vedremo. Intanto registriamo:

1. Che de Bortoli è sicuro di sé: “Mi quereli pure, ho fonti sicure”;

2. Che Boschi “da neo ministra ricevette in casa banchieri che resistevano alle richieste”;

3. Che Renzi la difende contro ogni evidenza;

4. Che proprio questa difesa estrema è un indizio contro Boschi: per molto meno altri ministri – non incistati in gigli magici – sono stati costretti a dimettersi. Insomma, l’affare puzza e l’immondizia delle strade romane non c’entra nulla. Mi correggo: c’entra. Ma come trappola per gonzi: è per loro che Renzi indosserà una maglia gialla, domenica, che bello!, e pulirà Roma liberandoci dai cattivi odori. Nella Nausea Sartre parla di malafede. Contesti diversi, certo, ma è qualcosa di più di un’associazione d’idee. C’è poi Woodcock. Qualcuno può dire davvero, restando intellettualmente onesto, che non sia strano il suo caso?

L’azione disciplinare contro di lui è da manuale. È un pm scomodo: va punito. Così hanno ragionato nelle segrete stanze. Non si spiega altrimenti una circostanza: Woodcock, che ha indagato sul Babbo di Renzi, è spedito al Csm dal Pg miracolato da Renzi. Quando un magistrato indaga i potenti, finisce sotto accusa: è una vecchia questione: la giustizia si blocca/si perde/svapora di fronte al Potere: nella Grecia antica, culla del logos, avevano già posto il problema: “Le leggi sono come ragnatele: quando qualcosa di leggero e di debole ci cade sopra, lo trattengono, mentre se ci cade una cosa più grande, le sfonda e fugge via”. E allora, eccoli i “rottamatori”, gli “innovatori”: i casi Consip ed Etruria mostrano quale realtà ci sia dietro le parole. C’è una brutta aria nei Palazzi romani e, ancora una volta, non c’entrano i rifiuti.

C’entrano invece le menzogne e i giuramenti traditi. Travaglio ricorda che la ministra Boschi in Parlamento dichiarò: “Non c’è conflitto d’interessi, non c’è alcun favoritismo, non c’è alcuna corsia preferenziale, non ho tutelato la mia famiglia… Si dimostri che ho favorito mio padre… e sarò la prima a lasciare l’incarico”. Bene.

Ferruccio de Bortoli evidenzia che lei – egregia ministra – ha tutelato la sua famiglia. Tragga le conseguenze. In questa storia brilla la figura di de Bortoli. Si è dato come obiettivo la verità, l’ha cercata, inseguita e ha raccontato i fatti: insomma: ha avuto il coraggio di essere giornalista. Con la schiena dritta. Non è facile di questi tempi. Eppure, il giornalismo vero è questo: stare dalla parte dei cittadini e fare le pulci al potere (denunciare): se un colonnello, un alto funzionario dello Stato, un ministro, il presidente della Repubblica per qualche motivo finiscono nelle indagini della magistratura, può la stampa tacere?

Accade, talvolta. I giornaloni nascondono le notizie quando riguardano il Potere. Immortale Emile Zola: “J’accuse”. Su L’Aurore denunciò proprio gli intrighi dei potenti. “Io accuso il colonnello De Paty di Clam… accuso il generale Billot…”. Non si preoccupò dell’immondizia di Parigi. Vide altre immondizie. Ben più maleodoranti.

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