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Bicocca, così da rettore la ministra Messa parlava dell’impiego delle rette: “I fondi? Un conto sono le regole, un altro la prassi”

Gli audio - Non solo i presunti favori al master della Bicocca: da rettore, la ministra giustificava così l’utilizzo fuori norma delle rette

3 Luglio 2022

“Ci sono i regolamenti, poi ci sono le prassi”. Parola di Maria Cristina Messa, all’epoca dei fatti rettore della Bicocca, oggi ministro di tutte le università d’Italia alle prese con materie delicate come i concorsi e le carriere dei docenti. Le prassi possono diventare pressioni per regalare titoli accademici? O essere usate per aggiustamenti nell’uso dei fondi degli atenei? Sono gli interrogativi che porta a galla la vicenda, rivelata ieri dal Fatto, della prima e unica edizione di un master in “Diritti e Sicurezza Umana” che sui diritti offriva ben poche certezze. Due docenti, esterni alla Bicocca e particolarmente puntigliosi, puntano i piedi, nei verbali del Comitato di coordinamento scrivono delle pressioni subite e mettono in discussione l’uso che l’Ateneo fa delle quote di iscrizione al master. Uno sporge anche denuncia alla Procura di Milano che l’archivierà tre anni più tardi, una settimana dopo il giuramento di Messa a Palazzo Chigi. Resta una storia delicata e complessa che squarcia il velo sulle dinamiche interne agli atenei, tanto radicate e profonde da sfuggire a chi sta fuori e da impedire a chi volesse farlo di domarle.

Due momenti sono particolarmente rivelatori. Il primo è un incontro del 17 ottobre 2017 tra Messa e la direttrice del master Silvia Buzzelli per i fondi sui quali i membri del comitato chiedono chiarimenti. Da regolamento, le quote di iscrizione per l’esame dei curriculum vitae pari a 100 euro dovrebbero rimanere nel piano finanziario del corso, e invece se li prende l’amministrazione. Il rettore esprime profonda irritazione per quel che ha letto nei verbali che pure la sottoposta ha firmato. “È chiaro che magari una cosa non è scritta lì però è la nostra prassi, cioè: c’è il regolamento e c’è la prassi”, dice il futuro ministro senza entrare nel merito. Raccomanda poi di chiarire una volta per tutte le cose coi colleghi “specie con i due avvocati”, perché quel che hanno scritto “è molto negativo, ma un nostro interno penso ci debba dare una mano: l’ateneo all’esterno va sempre tutelato”. La direttrice tentenna, chiede scusa, dice di assumersi tutte le responsabilità ma il rettore non lesina argomenti persuasivi: “Se la metto di là – dice – io devo sapere che lei è di Bicocca, lavora per Bicocca”. E ancora: “Lei è dipendente da questo ateneo, quindi attaccare cosi violentemente la Bicocca. Lo possono fare degli esterni, non può farlo lei!”. La direttrice sta registrando tutto. Sempre più in difficoltà, rassicura la rettrice: ha raccolto molte richieste, ma visti i problemi che sta causando, ha già ritirato la proposta per una seconda edizione del master: non si farà né l’anno prossimo né mai. Il futuro ministro tira un sospiro di sollievo e ringrazia.

Si rivedranno il 19 marzo 2018, a corso terminato da un mese e mezzo. La responsabile è convocata “con urgenza” da Messa per un’altra grana. Riferirà che la rettrice le ha chiesto di “attivarsi” per tre studentesse bocciate che potrebbero recuperare esami e frequenza, qualora il master venisse prorogato. Non sono studenti qualsiasi, sono le consoli di Ecuador e Bolivia a Milano che Messa incrocia in vari eventi, e un’impiegata del consolato messicano. I docenti sono irremovibili: il master è concluso, niente favoritismi. La direttrice, docente di procedura penale, li supplica di essere “elastici” e assecondare le richieste. La conversazione è più di uno sfogo, è un autentico manifesto di resa. “La cosa si sta ingigantendo perché volevano si desse un calcio nel sedere a queste due, punto”, spiega la direttrice. Loro replicano: “Ma ci sono studenti che han perso il lavoro per frequentare quel corso, non possiamo riaprirlo due mesi dopo solo per fare un favore a qualcuno”. Li sprona allora, al motto “non facciamo le anime belle”, “non viviamo in un mondo di favole”. E a un certo punto, ormai esausta, scandisce: “Io contro il rettore non mi metto, è una questione gerarchica. Lasciamo stare il penale, i codici le pec e tutto. Lo ripeto, ci sono regole accademiche non scritte, ci sono sempre state nei sistemi universitari”. Insomma la lezione è sempre quella, “ci sono le regole e c’è la prassi”.

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