Buone pratiche

Comuni e Asl: cresce l’attenzione per gli “appalti verdi”, resta la mancanza di formazione

Pubblicato il quarto rapporto annuale di Legambiente e Fondazione Ecosistemi sull’applicazione del GPP (Green Public Procurement), ossia dei criteri ambientali minimi (CAM). Tra i nodi da risolvere anche l'assenza di monitoraggio

Di Legambiente
19 Ottobre 2021

In Italia cresce l’applicazione del GPP (Green Public Procurement), ossia dei criteri ambientali minimi (CAM) negli appalti per l’acquisizione di beni e nei servizi da parte dei capoluoghi di provincia, ma anche da parte delle aree protette e delle Asl. Una crescita che deve essere, però, fortemente accelerata, soprattutto alla luce degli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. A fotografare l’attuale situazione è il quarto rapporto annuale dell’Osservatorio Appalti verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi (con la partnership di Federparchi, Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Padova, Assosistema, Eurosintex, Novamont e AdLaw) che ci restituisce un trend positivo, in cui non mancano le criticità da risolvere. Mancanza di formazione, difficoltà nella stesura dei bandi e assenza di monitoraggio restano i principali problemi da risolvere. A cinque anni dall’introduzione dell’obbligo dei Criteri Ambientali Minimi nel Codice degli appalti, sono 1 su 3 i Comuni capoluogo che dichiarano di avere un grado di adozione dei parametri del Green Public Procurement tra l’80 e il 100%, ovvero 26 sugli 89 che hanno preso parte al monitoraggio civico realizzato dall’Osservatorio di Legambiente e Fondazione Ecosistemi. Di questi, sono 8 quelli che dichiarano il massimo del rispetto del Gpp: Bari, Catanzaro, Ferrara, Imperia, Ravenna, Roma, Savona e Teramo. I criteri ambientali più applicati sono quelli relativi all’acquisto di stampanti (il 66% li adotta sempre), sull’acquisto di carta in risme (il 73%) e sui servizi di pulizia (61%). I criteri ambientali minimi meno applicati sono quelli riguardanti l’edilizia (il 39% non li applica sempre, il 29% addirittura mai), gli arredi (il 22% non li applica sempre, il 28% mai), i prodotti tessili (il 31% non sempre, il 27% mai), l’acquisto di calzature e accessori in pelle (il 32% non li applica sempre, il 31% mai).

Un altro dato interessante emerge dal campione di Comuni “ricicloni” con più di 15.000 abitanti, analizzato nel rapporto: quelli del Sud (97%) sono molto più informati dei Comuni del Nord (63%) e del Centro (91%). Per quanto ci sia un’ampia conoscenza del tema, persistono delle difficoltà: nei comuni del meridione e del centro la difficoltà maggiore riscontrata è sulla formazione rispettivamente per il 50% e il 27% delle amministrazioni, al nord invece è per la stesura dei bandi (29%). In generale, in tutta Italia il monitoraggio del rispetto dei criteri ambientali nei bandi da parte delle stesse amministrazioni è molto indietro: il 63% dei Comuni non lo fa.

Cresce l’attenzione per gli appalti verdi anche da parte delle aree protette: nel 2020 sono 13 gli enti che arrivano al 100% di applicazione dei criteri ambientali minimi, con Roma Natura, Beigua, Aveto, Isola dell’Asinara e Secche di Tor Paterno che confermano quanto comunicato lo scorso anno. Importante la risposta sulla politica “plastic free”: viene adottata dal 75% degli enti gestori, che al contempo per il 53% si adopera nella formazione del personale rispetto ai criteri del Gpp. Purtroppo, però, ben l’83% non fa monitoraggio interno sul rispetto dei criteri.

Novità di quest’anno, raccontata nel report, è anche la risposta che arriva dalle Asl. Sono 40 quelle che per il primo anno hanno risposto al questionario inviato dall’Osservatorio, di queste in 3 hanno dichiarato di rispettare il Gpp al 100%, ovvero l’Asl di Rieti, l’ATS della Brianza e la APSS di Trento. Nove – tra queste c’è l’Asl Roma 4 e l’Azienda USL Toscana Centro – dichiarano un’applicazione che va dall’80 al 99%. Interessante scoprire che prodotti elettronici (71%), risme (68%) e stampanti (50%) sono i tre criteri ambientali minimi più applicati dalle Aziende sanitarie locali.

Di fronte a questo quadro, Legambiente e la Fondazione Ecosistemi ricordano che resta ancora molto da fare soprattutto in di formazione e monitoraggio. Inoltre l’auspicio è che i tanti Comuni, i gestori delle aree protette, le Aziende sanitarie locali che dichiarano di non applicare mai i Criteri Ambientali Minimi facciano un cambio di passo adottando il GPP. Per sostenere la crescita di un sistema virtuoso, in linea con gli obiettivi fissati dall’Unione europea, rimangono fondamentali due pilastri: la formazione e il monitoraggio, decisivi nell’orientare il lavoro di tutti i soggetti coinvolti anche nell’utilizzo delle preziose risorse del PNRR, a partire dai 70 miliardi di euro, degli oltre 191 complessivi previsti, per progetti di transizione ecologica ed economia circolare.

Per questo Legambiente e Fondazione Ecosistemi hanno lanciato un serie di proposte chiedendo di inserire l’applicazione dei criteri ambientali minimi del Gpp nel Piano nazionale di ripresa e resilienza come priorità, di rafforzare la capacità delle istituzioni partendo da enti locali e responsabili acquisti delle stazioni appaltanti per diffondere il Gpp e garantire l’adozione dei criteri, di individuare un referente Gpp in tutte le pubbliche amministrazioni, di estendere il campo di applicazione del Gpp, rafforzare l’uso dei criteri minimi nelle imprese pubbliche, diffondere la formazione, promuovere e sviluppare monitoraggi ulteriori e incentivare l’utilizzo dei criteri ambientali minimi.

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