Acque & giacimenti

Trivellazioni nel mare Adriatico, la finzione ecologica del ministro Cingolani

Nel corso della spedizione “Difendiamo il mare” Greenpeace ha esposto uno striscione con la scritta “Stop Trivelle” davanti a una piattaforma petrolifera al largo di San Benedetto del Tronto che ha ricevuto ricevuto parere positivo per la Valutazione Ambientale dal dicastero della Transizione ecologica

Di Giuseppe Ungherese (responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia)
29 Giugno 2021

Nel corso della spedizione “Difendiamo il mare”, partita lo scorso 21 giugno da Ancona e che si concluderà in Puglia il 10 luglio, Greenpeace ha esposto uno striscione con la scritta “Stop Trivelle” davanti a una piattaforma petrolifera al largo di San Benedetto del Tronto, tra Marche e Abruzzo, nell’area limitrofa al giacimento Donata, uno dei progetti di perforazione che di recente hanno ricevuto parere positivo per la Valutazione Ambientale da parte del ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

Più che di transizione ecologica, dovremmo parlare di finzione ecologica del nostro governo. Se davvero vogliamo abbattere le emissioni di gas serra, occorre fermare le nuove trivellazioni e smetterla di dire che il gas fossile è amico del clima perché è falso. Non abbiamo tempo da perdere con il greenwashing del ministro Cingolani e di Eni: chiediamo che in questo mare, e in nessun mare, ci sia più posto per le trivelle.

Da decenni l’Adriatico è uno dei mari che più soffre per una serie di attività pericolose, a cui oggi si aggiungono gli impatti dei cambiamenti climatici. Nel rapporto “Bombardamento a tappeto”, Greenpeace dimostra che, anche limitandosi a considerare una dozzina di specie ittiche di importanza commerciale (rispetto alle decine pescate in Adriatico), i suoi fondali sono preziosi per la pesca. Per la sua conformazione particolare, l’Adriatico è probabilmente il mare più pescoso del Mediterraneo: il settore della pesca vale circa 300 milioni di euro l’anno e offre lavoro a circa 10 mila persone. Senza contare altri settori come l’acquacoltura e la mitilicoltura, non meno importanti.

La spedizione “Difendiamo il mare” di Greenpeace Italia vuole documentare la bellezza e la fragilità dei nostri mari, denunciare come i cambiamenti climatici e l’inquinamento da plastica siano interconnessi e producano impatti negativi sull’ecosistema marino e sulle comunità costiere. Grazie alla barca a vela Bamboo, messa a disposizione dalla Fondazione Exodus di don Mazzi, Greenpeace sta monitorando lo stato di salute del Mar Adriatico centro-meridionale. A bordo, insieme agli attivisti dell’associazione ambientalista, ci sono le ricercatrici dell’Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino (IAS) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova, del DiSVA (Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente) dell’Università Politecnica delle Marche specializzati nello studio delle microplastiche, ed esperti di flora e fauna marina costiera del DiSTAV (Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova.

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