Le banche e il guaio dei crediti deteriorati (Npl). Ecco perché non andrà tutto bene

21 Dicembre 2020

Magari andrà tutto bene, e la ripresa post Covid sarà straordinaria. Eppure le premesse sono pessime. Un grande equivoco avvolge il dibattito pubblico sugli effetti della crisi che viviamo e che vivremo.

La grande stampa celebra con toni messianici il rapporto del “Gruppo dei 30”, un think tank di banchieri ed economisti a cui partecipa Mario Draghi. L’ex presidente Bce ha, come si sul dire, lanciato l’allarme: “Le autorità devono agire urgentemente, perché in molti settori e Paesi siamo sull’orlo del precipizio in termini di solvibilità, specie per le piccole e medie imprese” appena finiranno gli aiuti pubblici. Il rapporto, curato da banchieri e investitori, non dice sostanzialmente nulla ma propone ai governi di farsi dire da banchieri e investitori come salvare le imprese perché loro “hanno una expertise decisamente maggiore nel valutare la redditività delle aziende, e subiscono minori pressioni politiche”. Sarà, eppure basta vedere cosa succede sui crediti deteriorati delle banche (i cosiddetti “Npl”) per capire che qualcosa non torna.

Le associazioni bancarie di mezza europea, tra cui l’italiana Abi, hanno chiesto alla Bce di allentare la stretta in arrivo. Come noto, le autorità europee temono un’esplosione di Npl, la stima è di 1400 miliardi, peggio della crisi del 2008. Da gennaio scatteranno le nuove norme: l’obbligo di classificare in default i prestiti in caso di mancato pagamento dopo soli 90 giorni e il cosiddetto “calendar prvosioning” che impone di coprire interamente i prestiti in crisi a passo di carica, due anni per quelli senza garanzia, otto per quelli con. Norme che penalizzano l’attività bancaria.

Mercoledì, invitato dall’Abi, il capo della vigilanza bancaria Ue Andrea Enria ha detto che non se ne parla, perché altrimenti le banche nasconderanno la polvere sotto il tappeto e non presteranno più. Meglio quindi tirarla fuori e consegnare i debitori a fondi speculativi che non hanno interesse a tenerli in vita o alle bad bank nazionali, che però devono comprare a prezzi di saldo altrimenti sono aiuti di Stato. Come questo possa aiutare l’economia ed evitare una stretta creditizia resta un mistero. In questo caso, i consigli dei banchieri non vanno bene.

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